Remo Branca e altri …

 

 

Giunto in città il maestro iniziò una rivoluzione culturale fondando la Scuola d’Arte Decorativa.

La storia della xilografia a Iglesias nasce da qui e si svilupperà per decenni attraverso le opere di artisti come Giorgio Carta, i fratelli Giovanni ed Enea Marras, Mansueto Giuliani e tanti altri.            

Una scuola di artisti iglesienti che ha lasciato un’impronta considerevole nell'arte dell’incisione e della sua difficile tecnica

Sono gli anni in cui l’Arte moderna sarda si fa conoscere, con la xilografia, fuori dall’isola e non solo attraverso i vari Biasi, Dessy, Floris, Delitala e Nivola, ma anche attraverso la scuola  iglesiente.

 

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Quel cenacolo, che era la Scuola d’Arte Decorativa voluta da Remo Branca nel ’26 e autorizzata dal provveditorato agli Studi, ha fatto nascere un movimento culturale e artistico irripetibile nel campo della pittura, ma soprattutto, della xilografia tanto legata alla realtà locale con la creazione di personaggi, ambienti rurali e momenti di vita dei minatori e dei contadini.

 

Quando il poeta e autore del Manifesto dei Pittori Futuristi, Tommaso Filippo Marinetti, venne in quegli anni a Iglesias rimase colpito dalla bravura di Giovanni Marras e lo dichiarò pittore futurista. Ma l’artista iglesiente abbandonò presto quel genere artistico per tornare alle sue incisioni, forse un po’ tradizionali, ma capaci sicuramente di esprimere un’arte più vicina alla gente e capace di suscitare emozioni.

 

Ettore Cozzani, che era il più autorevole critico d’arte xilografa di allora e dirigeva a Roma la prestigiosa rivista L’Eroica, scriveva di Giorgio Carta: “Questo giovane signoreggia il bulino con una sicurezza e una grazia invidiabili, con la pulitezza e un’espressività di tocco che a volte meravigliano. Per il Branca è grande titolo d’onore il non aver voluto imporre la propria visione e la propria tecnica al giovane amico, ma gli ha insegnato con amore ad essere prima di tutto un tecnico espertissimo e a interpretare la vita con caldo cuore.”

La maturità artistica di Giorgio Carta avviene negli anni trenta; ne La Sacra Famiglia denota serenità e sofferenza assieme; i tratti sono ancora dolci e avvolgenti ne L’incubo del domani che emana povertà e desolazione con le figure di una vecchia e di una madre che allatta il bambino che ricordano molto nella forma e nell’espressione  personaggi presenti ne  I mangiatori di patate  e ne  Il marito è sul mare di Van Gogh.

Nelle sue xilografie Enea Marras esprime maggiormente l’arte rustica ne L’aia del 1940 (cm 30x25), ma anche nei ritratti.  Il fratello Giovanni più tardi rappresenterà soprattutto il mondo dei minatori, esemplare La via della miniera, e lo fa con tratteggi duri quasi a voler simboleggiare la durezza della miseria, ma riesce anche ad esprimere la luminosità dei volti e i drappeggi con tratti dolci che danno volume e armonia come ne La Madonna offrendo una visione di speranza. Tutte opere capaci di esprimere l’anima locale e che diventano il simbolo della tragedia umana.

Più tardi, negli anni ’50 e ‘60 spetterà a Carlo Murroni rappresentare la vita della città con scenografie più complesse, quasi a rappresentare un fermento, un bisogno di riscatto, con Le fornaie del ’57 (cm 29x23) o con La mia città: una scena di matrimonio che raffigura anche le maggiori chiese di Iglesias, il Marganai; al centro del quadro il Castello Salvaterra e in basso una madre che allatta il suo bambino quasi a simboleggiare un certo periodo di floridezza per la città.

A metà degli anni sessanta è Gianni Desogus, alias  Xiandès, a continuare la tradizione xilografica con i suoi contrasti di luce e ombra, come nello scorcio La Ghibellina o come nelle immagini religiose dedicate alla Madonna e a San Francesco.

 

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