CANI & SCRITTORI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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INDICE

DISCLAIMER  

 

Aristofane

(445 a.C - 380 a.C circa)

 

 

Aristofane nacque nel demo ateniese di Citadene intorno al 445 a.C. Delle 44 commedie aristofanee conosciute dagli alessandrini, che ne giudicarono spurie quattro, ce ne sono giunte intere undici: gli “Acarnesi” rappresentati nel 425, i “Cavalieri” (424), le “Nuvole” (423), le “Vespe” (422), la ”Pace”(421), gli ”Uccelli” (414), le “Tesmoforiazùse”(411), la “Lisistrata”(411), le “Rane”(405), “Ecclesiazùse o Le donne all’Assemblea” (392), e il “Pluto” (388). Successivamente compose il “Cocalo” e  “Eolosicone”, messi in scena dal figlio Araros. Non si conosce la data della morte, verosimilmente avvenuta intorno al 380 a.C.

 

Anfora raffigurante donna con cane

520-510 a.C, provenienza Atene

Louvre, dipartimento delle antichità greche, etrusche e romane

 

 

PROCESSO AD UN CANE

 

Nella commedia le "Vespe" il vecchio Filocleone (cioè “ammiratore di Cleone”) è vittima di una maniacale passione per i processi e per la sua funzione di giudice popolare, che egli svolge con implacabile e assurdo rigore condannando tutti gli accusati. Suo figlio Bdelicleone, "Schifacleone" (“odiatore di Cleone”) è costretto a rinchiuderlo in casa, facendolo sorvegliare dai servi, per impedirgli di correre in tribunale. Dopo alcuni comici tentativi di fuga, che falliscono nonostante l’intervento dei vecchi amici di Filocleone (i colleghi di Filocleone, anche loro in preda alla stessa ossessione per i processi e per le sentenze, sono vestiti da Vespe dagli acuti pungiglioni, e costituiscono il coro della commedia), ha inizio tra padre e figlio un agone, di cui è designato arbitro il coro. Filocleone difende le ragioni e l'operato dei giudici. Schifacleone confuta ciascuna delle argomentazioni paterne e riesce a dimostrare la vacuità del potere dei giudici, inconsapevoli schiavi dei politicanti e dei loro corrotti intrighi. Il Coro è convinto; per svagare il vecchio ed offrirgli un surrogato al suo spasso consueto, Schifacleone organizza una specie di tribunale domestico, dove si svolge un bizzarro processo contro il cane Labete (“colui che arraffa”, di qui la traduzione italiana “Sgraffigna”), colpevole di aver rubato un formaggio siciliano. Labete (“Sgraffigna”) è chiamato in causa da un altro cane, che come il demagogo Cleone proviene dal demo di Citadene (l'episodio è un'evidente allusione al processo dello stratega Lachete accusato nel 425 da Cleone di corruzione durante la prima spedizione ateniese in Sicilia). Filocleone, mentre già immagina la condanna che sta per infliggere, assolve l'imputato per errore. Schifacleone conduce infatti il padre, un po' frastornato, a deporre il voto nell'urna per l'assoluzione. Il giudice, quando si rende conto di avere assolto l'imputato contro le sue regolari abitudini e la sua natura, sviene....

 

I PERSONAGGI DI QUESTA SCENA:


SOSIA, servo di Schifacleone,

ROSSO, servo di Schifacleone, 

SCHIFACLEONE, figlio di Filacleone 

FILOCLEONE

CORO,

altri servi di Schifacleone, che non parlano, 

SGRAFFIGNA cane di casa 

CANE CITADENEO altro cane di casa 

PARECCHI CUCCIOLI 

VARI ATTORI camuffati da attrezzi da cucina


 

[…]

 

 

SCHIFACLEONE:
Giacché ci provi tanto gusto a farlo,
non andare piú là: rimani in casa,
e giudica i domestici!

FILOCLEONE:
Che cianci?
Che giudizi ho da fare?


SCHIFACLEONE:
Fa' qui tutto
quello che fanno lí. Se la fantesca
aprí la porta di nascosto, appioppale
una semplice multa: e lí, del resto,
che altro mai facevi? E qui farai
il tuo comodo. Il dí spunta sereno?
Tieni seduta a cielo aperto. Piove
o nevica? L'esame delle cause
lo fai seduto accanto al fuoco. E quando
ti desti a mezzodí, nessun questore
ti sbatterà la porta in faccia!


FILOCLEONE:
Questa
mi va!


SCHIFACLEONE:
Se uno poi fa una difesa
eterna, non dovrai basir di fame,
struggerti tu, farla scontare al reo!


FILOCLEONE:
Ma se mi metto a ruminar, le cause
potrò scrutarle bene come prima?


SCHIFACLEONE:
Meglio assai! Non si suol dire che i giudici,
quando son falsi i testimoni, a pena
a pena scopron, ruminando, il vero?


FILOCLEONE:
Mi persuadi, sí: ma non mi dici
chi mi darà la paga.


SCHIFACLEONE:
Io!


FILOCLEONE:
Molto bene!
Cosí la piglio solo, e non insieme
con altri […]

 


SCHIFACLEONE:
Tu rimani: io súbito
torno qui con gli attrezzi del mestiere!
(Entra in casa)


FILOCLEONE (Fra sé):
Guarda, le profezie come s'avverano!
Ho inteso dire che gli Atenïesi
un dí giudicherebbero le cause
in casa propria, e ognuno nel vestibolo
costruirebbe un tribunalettino
piccin piccin, come i tempietti d'Ècate
che si vedono innanzi a tutti gli usci!


[…]
 

SCHIFACLEONE:
Piú tu ti sbrighi
a metterti a sedere, e piú mi sbrigo
a chiamare una causa!


FILOCLEONE:
Son seduto
già da un bel pezzo! Oh chiamala!


SCHIFACLEONE (Fra sé):
Che causa
gli chiamo per la prima?... Qualche danno,
della gente di casa, chi l'ha fatto?
(Ad alta voce)
La Tracia poco fa bruciò la pentola...


FILOCLEONE (Interrompendo):
Férmati, coso! La facevi bella!
Stai per chiamar la causa, e non c'è barra,
ch'è per noi cosa santa fra le sante!


SCHIFACLEONE:
Per Giove, è vero!


FILOCLEONE:
Faccio un salto dentro,
e la porto qui súbito da me!
(Entra di corsa in casa)


SCHIFACLEONE (Solo):
Che avviene?... Ah, che cos'è la nostalgia!


SOSIA (Esce dalla casa, tutto infuriato):
Ti pigli un male! Oh mantenerlo, un cane
simile!


SCHIFACLEONE:
Cosa c'è?


SOSIA:
Sgraffigna, il cane,
s'è ficcato in cucina, or ora, ha preso
un cacio siciliano, e l'ha ingollato!


SCHIFACLEONE:
Ecco il primo delitto che farò
giudicare a mio padre! Tu sostieni
l'accusa.

SOSIA:
Io no; ma è pronto a farlo, quando
s'introdurrà la causa, un altro cane.


SCHIFACLEONE:
Portali tutti e due qui, svelto!


SOSIA:
Súbito!
(Via di corsa. Filocleone torna col gabbione dei porcellini,
e lo colloca avanti al tavolo come barra)


SCHIFACLEONE:
Codesta che rob'è?


FILOCLEONE:
La stía di Vesta
pei porcelli!


SCHIFACLEONE:
Hai commesso un sacrilegio!


FILOCLEONE:
Ché! Voglio aver la veste per potere
rovinare qualcuno! Andiamo, chiama
la causa: ché un accesso ho di multite!


SCHIFACLEONE (Entra in casa):
Sta: quanto reco stilo ed assicelle.


FILOCLEONE:
Oh poveretto me! Cosa cincischi?
M'ammazzerai, con questo tira e molla!
Non li potevo fare in terra, i freghi?


SCHIFACLEONE (Torna e consegna i due oggetti al padre):
Ecco!


FILOCLEONE:
Chiama la causa!


SCHIFACLEONE:
Sono pronto!
(Ad alta voce)
Il primo qui chi è?


FILOCLEONE:
Che stizza, al diavolo!
Non ho scordato l'urne?
(Si alza)


SCHIFACLEONE:
Ehi, dove corri?


FILOCLEONE:
A prender l'urne!


SCHIFACLEONE:
Lascia! Ho preso queste
ciotole!
(Le colloca sulla tavola)


FILOCLEONE:
Dunque, a meraviglia: c'è
tutto! non manca piú che la clepsídra!


SCHIFACLEONE (Indicando l'orinale):
E non ti pare una clepsídra, questa?


FILOCLEONE:
Bella trovata! Stile del paese!


SCHIFACLEONE (Volto all'uscio):
Ehi di casa! Recatemi alla svelta
ramoscelli di mirto, incenso e fuoco,
per fare prima la preghiera ai Numi!
(I servi adempiono gli ordini. Padre e figlio si apparecchiano
a compiere il sacrificio di rito)


[…]

 

(Sosia esce con due uomini camuffati da cani. L'accusatore dovrà
in qualche particolare far pensare a Cleone, l'accusato a Lachete)


SCHIFACLEONE:
Entri, se ancora è fuori, qualche giudice:
ché poi, quando si pèrora, nessuno
potrà passare.


FILOCLEONE:
Chi è l'imputato?


SCHIFACLEONE:
Eccolo qui!

 


FILOCLEONE:
Non glie la sfanga, questo!


SCHIFACLEONE:
Oh sentite l'accusa, adesso. Cane
cidatenéo, dà querela per danni
a Sgraffigna d'Avventa, che da sé
solo, ha ingollato un cacio di Sicilia.
Pena: la gogna di legno di fico!

FILOCLEONE:
Vuol essere cicuta, se si pizzica,
altro che fichi!


SCHIFACLEONE:
Ecco l'imputato
Sgraffigna.


FILOCLEONE:
Quel birbone di tre cotte!
Che guardata da ladro! Eh! Digrignando
i denti, pensa d'imbrogliarmi? E Cane
cidatenèo, dov'è, quello che accusa? 

CANE: 

Bau, Bau! 

 

SCHIFACLEONE: 

Presente, eccolo qui!

 

FILOCLEONE:
Sgraffigna numero
due, per latrare e per schiumare i pentoli!


SCHIFACLEONE:
Zitto, a sedere! (A Sosia) E tu, lèvati, e accusa!


FILOCLEONE (Versa purè in una scodella, e incomincia a mangiucchiare):
Su', ch'io scodello, e faccio uno spuntino.


SOSIA (Sale su un piccolo pulpito, e pèrora con enfasi):
Avete udito quale accusa, o giudici,
muovo a costui. La piú nefanda impresa
contro me, contro gli uomini del remo,
consumò. Sgraffignato un grosso tòcco
di cacio siciliano, scappò via,
si rincantucciolò, se n'impinzò...


FILOCLEONE:
Perdio, la cosa è chiara! Una zaffata
di cacio puzzolente, quello schifo
m'ha ruttato sul muso, adesso adesso!


SOSIA:
Io glie ne chiesi, ed ei non me ne diede.
Or volete che a voi faccia del bene
chi nulla a me, che cane son, gittava?


FILOCLEONE:
Non te ne diede?


SOSIA:
Punto! E s'è colleghi!


FILOCLEONE:
Ha duro il muso piú di questo pentolo!


SCHIFACLEONE:
Non condannarlo, babbo! Prima sentili
tutti e due!


FILOCLEONE:
Ma la colpa, anima mia,
è lampante! Da sé grida vendetta!


SOSIA:
Non l'assolvete, no: ché nel pappare,
uomo non v'ha fra i cani piú egoista!
Egli, al mortaio navigando intorno,
trangugiata la crosta ha d'ogni terra!


FILOCLEONE:
E a me non me ne resta per tappare
i buchi della brocca!


SOSIA (Con forza):
Condannatelo,
dunque: ché in una macchia non c'è posto
per due ladroni! E se no, sono stufo,
io, di latrare al vento, a pancia vuota;
e d'ora innanzi, non abbaio piú!


FILOCLEONE:
Senti, senti!
Se glie n'appioppa, di furfanterie!
Che ladrone d'un uomo! Non ti pare
anche a te, gallo? - Fa' di sí, per Giove!
(A Schifacleone)
Dov'è il questore? - Dammi l'orinale!


SCHIFACLEONE:
Da te, piglialo! Io chiamo i testimoni.
(Filocleone si mette ad orinare)
Avanti, i testimoni di Sgraffigna:
il catino, il pestello, la grattugia,
la gratella, la pentola, ed ogni altro
attrezzo bruciacchiato.
(Al padre)
Ancora pisci?
Vuoi metterti a sedere, sí, o no?


FILOCLEONE (Accenna il cane):
Io piscio: e lui dovrà farsela sotto!



SCHIFACLEONE:
Finiscila con questo essere burbero
e duro contro gl'imputati! Sempre
azzannerai?
(Si volge a Sgraffigna)
Tu àlzati e difenditi.

(Sgraffigna sale in bigoncia e resta muto)
Perché rimani zitto? Parla!



FILOCLEONE:
Pare
che non abbia da dir nulla, l'amico!


SCHIFACLEONE:
Macché! Gli avviene, pare a me, lo stesso
come quando Tucidide fu tratto
in giudizio: gli prese un accidente
all'improvviso, sulla lingua!
(Da un calcio a Sgraffigna)
Lèvamiti
dai piedi! la fo io, la tua difesa!
(Vòlto a Filocleone)
Ben ardua cosa è, giudici, difendere
dalla calunnia un cane; e pure io parlo!
Ché valoroso è questo, e i lupi insegue.


FILOCLEONE:
Devi dire ch'è ladro e che congiura!


SCHIFACLEONE:
No, no: fra i cani d'oggi è il piú valente,
e molte greggi sa, perdio, guardare
!


FILOCLEONE:
E a che mi giova, quando ingozza il cacio?


SCHIFACLEONE:
A che? Pugna per te, fa guardia all'uscio,
e in tutto il resto è bravo. E tu perdona,
s'egli ha rubato
. Mica sa la musica!


FILOCLEONE:
Io vorrei che nemmeno l'alfabeto
sapesse: almeno, dopo il malefizio,
non ci avrebbe appioppata la difesa!


SCHIFACLEONE:
Benedett'uomo, ascolta i testimòni!
(Volto alle suppellettili)
Grattugia, àlzati e parla: tesoriera
a quei giorni eri tu. Rispondi chiaro.
Non grattugiasti ciò che ricevesti
per i soldati?
(La grattugia accenna di sí)
Ha grattugiato, dice!


FILOCLEONE:
Lo dice, affedidio, ma dice il falso!


SCHIFACLEONE:
Benedett'uomo, abbi pietà dei miseri!
Qui l'amico Sgraffigna si contenta
delle teste di pesce e delle spine,
e non riposa un attimo. Quell'altro
è buono solo a star di guardia in casa;
e senza scomodarsi, d'ogni cosa
ch'entra, chiede la parte; e se no, mozzica!

FILOCLEONE:
Che guaio è questo ahimè? Mi fo convincere...
m'intenerisco... ho qualche male addosso!


SCHIFACLEONE:
Pietà di lui, te ne scongiuro, oh babbo...
non lo finite... I bimbi dove sono?
(Dalla casa sbucano dei bimbi camuffati da cuccioli, e guaiolano.
Schifacleone li fa salire in bigoncia)
Salite qui, fiottate, poverini,
pregate, scongiurate, lagrimate!


FILOCLEONE:
Va' giú, va' giú, va' giú, va' giú, va' giú!


SCHIFACLEONE:
Vo giú! Questo va' giú, parecchi n'ha
già corbellati: eppure scendo.
(Scende dalla bigoncia insieme ai cuccioli)


FILOCLEONE:
Al diavolo!
Che brutto affare, riempirsi il buzzo!
Non vengono altro, dico, che dall'essermi
rimpinzato di lenti, queste lagrime!


SCHIFACLEONE:
Dunque non l'otterrà, l'assoluzione?


FILOCLEONE:
Indovinala grillo!


SCHIFACLEONE:
Andiamo, vieni
a piú mite consiglio, babbuccetto!
To' la pietruzza: chiudi gli occhi, gittala
nell'urna, la seconda, oh babbo, e assolvilo!


FILOCLEONE:
Nemmen per sogno! Mica so la musica!


SCHIFACLEONE:
Via, che alla spiccia ti ci meno innanzi!
(Lo reca dinanzi all'urna dell'assoluzione, la seconda)


FILOCLEONE:
Questa è la prima?


SCHIFACLEONE:
La prima!


FILOCLEONE (Gittandovi la pietruzza):
Ecco fatto!


SCHIFACLEONE:
Gabbato! L'ha, contro sua voglia, assolto!



FILOCLEONE:
Sú, facciamo lo spoglio. Com'è andata?


SCHIFACLEONE (Rovescia le due ciotole):
Non c'è dubbio! Sgraffigna, tu sei libero!
(Sgraffigna è condotto in trionfo fra i due cuccioli.
Filocleone cade come morto)

Babbo, babbo, che hai?... Ahimè! Dov'è
l'acqua? Lèvati!


FILOCLEONE (Con voce rotta e fioca):
Dimmelo... davvero...
è prosciolto?


SCHIFACLEONE:
Perdio!


FILOCLEONE:
Sono finito!
(Ricasca giú)


SCHIFACLEONE:
Sta su, benedett'uomo, non pigliartene!


FILOCLEONE (Cupo e tragico):
Come sopporterò tanto rimorso?
Prosciolsi un imputato. Or che mi resta?
Deh, venerandi Numi, perdonatemi!
Non è da me, ma non l'ho fatto apposta!


[…]


LE VESPE di Aristofane, traduzione di Ettore Romagnoli

 

 

        

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