CANI & SCRITTORI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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MICHAIL BULGAKOV

(1891-1940)

 

Scrittore e drammaturgo russo. Nato a Kiev nel 1891, compì gli studi di medicina e soltanto dopo la rivoluzione del 1917 si dedicò completamente alla letteratura e al teatro, incontrando molte difficoltà a causa della censura. Il romanzo La guardia bianca (1925) e la sua riduzione teatrale I giorni dei Turbin (1926), ambientati durante la guerra civile, gli procurarono la condanna della critica ufficiale. Morì nel 1940 lasciando inedite numerose opere. La vena satirica di Bulgakov si esprime nei racconti grotteschi Diavoleide (1926), Uova fatali (1924), Cuore di cane (1925) e culmina nel romanzo Il Maestro e Margherita (1928-40). E’ autore anche di commedie satiriche: L’appartamento di Zojka, L’isola purpurea (1928).

 

 

 

Pallino

 

Il racconto lungo Cuore di Cane (intitolato dapprima Felicità di cane) fu scritto da Bulgakov nel 1925 ma, vietato dalla censura di Stalin, è rimasto inedito fino a quando non è stato pubblicato postumo nel 1967 fuori dall’URSS. Vi si narra dell’esperimento tentato dal professore Filip Filippovic Preobrazenskij, chirurgo ed endocrinologo, su un cane affamato e randagio di nome Pallino, a cui vengono trapiantate l’ipofisi e le ghiandole seminali di un ladro da poco ammazzato in una rissa. Il risultato è disastroso: l’animale si trasforma in un ominide in cui le tendenze canine si mescolano quelle del ladro e del teppista. Il signor Poligraf Poligrafovic Pallini (così si è ribattezzato l'uomo-cane) è dominato dagli istinti più bassi, incontrollato negli impulsi sessuali, ossessionato dai gatti. Il professore fa autocritica e decide di rioperarlo clandestinamente. .

 

copertina della prima edizione nella collezione "I Garzanti", 

settembre 1970

 

 

[…] Il cane invece rimase nel portone, tormentato dal fianco bruciacchiato, tutto rannicchiato accanto alla parete fredda, e sentendosi soffocare decise fermamente che non si sarebbe più mosso, che sarebbe crepato lì, nel portone. Si lasciò prendere dalla disperazione. Aveva l’animo così pieno di dolore, di amarezza, di solitudine e di spavento che dagli occhi gli spuntarono, come vescichette, piccole lacrime di cane, che si asciugarono subito. Dal fianco offeso si rizzavano ciuffi di peli incrostati di ghiaccio, tra i quali occhieggiavano sinistre le macchie della scottatura.

<<Come sono ottusi, stupidi e crudeli i cuochi! Pallino, mi ha chiamato…Ma che Pallino e Pallino! Pallino è tondo, ben nutrito, sciocco,mangia la polentina di avena, è figli di nobili; io invece sono uno spilungone irsuto e lacero, un cane senza tetto. Comunque grazie per la buona parola.>>

 

[…]

 

Dopo aver condotto il cane fino alla porta del suo lussuoso appartamento al piano nobile, lo sconosciuto suonò. […] La porta si apri senza rumore e davanti al cane e al suo signore comparve una giovane e bella donna con un grembiulino bianco e una crestina di pizzo. Il cane fu investito da un divino tepore: la gonna della donna profumava di mughetto.

<<Ora sì, così mi piace,>> pensò il cane.

<<Accomodatevi, signor Pallino,>> disse ironicamente il signore, e il cane entrò scodinzolando con religiosa compunzione.

 

[…]

 

<<Si preoccupa per me,>> pensò il cane,<<un’ottima persona. Io so chi è. E’ il mago, l’incantatore, lo stregone di una fiaba per cani…Ma non è possibile che tutto questo sia un sogno. E se invece fosse proprio un sogno?>> Il cane trasalì nel sonno.<<Mi sveglierò…e non ci sarà più niente. Né paralumi di seta né tepore né pancia piena. Di nuovo si ricomincerà con il portone, il freddo da pazzi, l’asfalto ghiacciato, la fame, la gente cattiva…La mensa, la neve…Signore, come soffrirò!…>>

Ma non accadde nulla di tutto questo. Fu il portone a dissolversi come un brutto sogno per non tornare più.

 

[…]

 

Chiarissimo: Pallino aveva estratto il biglietto vincente di una lotteria canina. Ora, non meno di due volte al giorno, i suoi occhi si riempivano di lacrime di riconoscenza per il Saggio della Precìst’enka. E a parte questo, tutte le specchiere nel salotto, nella sala d’aspetto, tra gli armadi, rimandavano l’immagine di un cane bello e fortunato.

<<Sono bellissimo. Può darsi che sia un principe cane sconosciuto, in incognito,>>rifletteva Pallino guardando l’animale irsuto, color caffè, dal muso soddisfatto, che passeggiava nelle lontananze dello specchio.<<E’ possibile che mia nonna abbia peccato con un terranova. Ecco, guarda, ho una macchia bianca sul muso. Da chi l’avrò presa, mi domando. Filìpp Filìppovic è un uomo di buon gusto: non avrebbe preso il primo bastardo.>>

 

[…]

 

Il giorno seguente misero al cane un largo collare splendente. Sul primo momento, guardandosi allo specchio, Pallino si rattristò molto, strinse la coda fra le gambe e se andò in bagno alla ricerca di un modo di strapparselo, contro un baule o una cassetta.

Ma ben presto il cane si rese conto di essere stato uno sciocco. Zina lo portò a spasso per il vicolo Obuchov. Pallino camminava come fosse agli arresti, bruciando di vergogna, ma arrivato al tempio di Cristo Salvatore, sulla Precìst’enka, capì perfettamente cosa significhi un collare nella vita. Negli occhi di tutti i cani che passavano si leggeva un’invidia furibonda e vicino al vicolo Mertvyj, un bastardo lungo lungo, con la coda mozza, gli abbaiò contro degli insulti: <<Canaglia da signori>> e <<Sguattero da osteria>>. Quando traversarono le rotaie del tram il poliziotto osservò il collare con piacere e rispetto. E al ritorno accadde una cosa inaudita: il portinaio Fedor in persona aprì la porta principale per fare entrare Pallino, e intanto disse a Zina: <<Ma guarda come l’ha reso brutto, Filìpp Filìppovic.E' grasso da morire.>>

<<Per forza! Mangia per quattro!>> spiegò Zinna resa più bella e colorita dal freddo.

<<Un collare è come una borsa per documenti,>> scherzò mentalmente il cane e si avviò sculettando verso il piano nobile, come un signore.

 

[…]

 

Dal diario clinico del dottor Bormentàl’  (un quadernuccio sottile, con la copertina azzurra).

 

Cane di laboratorio.

Età: circa due anni.

Sesso: maschile.

Razza: bastarda.

Nome: Pallino.

Pelo: rado, a ciuffi, brunastro e bruciacchiato.

Coda: color crema.

 

Sul fianco destro, tracce di una scottatura del tutto cicatrizzata. Notevole stato di denutrizione prima del ricovero. Dopo una settimana assai in carne. Peso kg.8 (punto esclamativo). Cuore, polmoni, stomaco, temperatura…

 

da “Cuore di cane” di Michail Bulgakov,

traduzione di Maria Olsoufieva con la collaborazione di Chiara Spano De Cet,

Garzanti, 1970

 

 

NOTA:

  • Nel 1976 Cuore di cane è stato portato sul grande schermo con la regia di Alberto Lattuada (due scienziati decidono di trapiantare gli organi di un politico su un cane randagio. Ne uscirà un essere che ha i sensi di un cane e le idee di un rivoluzionario. Combinerà un guaio dietro l' altro e i due scienziati, pentiti, decideranno di ..)


 

I CANI de “Il Maestro e Margherita”

 

Il romanzo fantastico Il Maestro e Margherita è unanimamente considerato il capolavoro di Bulgakov. Alla sua stesura l’autore lavorò per ben 12 anni, dal 1928 fino alla morte, ma il romanzo venne pubblicato solo più di vent’anni dopo. Questa storia ci porta  nella Mosca degli anni trenta, in cui è giunto Satana sotto le spoglie di un esperto di magia nera. Tra gli innumerevoli personaggi, anche due cani fanno una breve apparizione: uno è il celebre cane poliziotto Assodiquadri, l’altro è Banga, il fedele cane di Ponzio Pilato

 

 

Assodiquadri

 

[...] e poco dopo giunse al Varietà la squadra investigativa in compagnia di un muscoloso cane color cenere di sigaretta, con le orecchie a punta e gli occhi estremamente intelligenti. Tra gli impiegati del varietà si diffuse immediatamente la voce che quel cane altri non era che il celebre Assodiquadri. Difatti era proprio lui. La sua condotta sorprese tutti. Non appena Assodiquadri entrò nell’ufficio del direttore finanziario, egli ringhiò, mettendo in mostra mostruosi canini giallastri, poi si sdraiò sulla pancia, e, con un’espressione di angoscia e, al tempo stesso, di furore negli occhi, strisciò verso la finestra fracassata. Dominata la sua paura, balzò a un tratto sul davanzale e, puntando in alto il muso aguzzo, cominciò a ululare in modo rabbioso e terribile. Non voleva lasciare la finestra, ringhiava, rabbrividiva, cercava di saltare giù.

Il cane fu fatto uscire dall’ufficio e condotto nel vestibolo; di lì, attraverso l’ingresso principale, uscì nella via e guidò coloro che lo seguivano al posteggio dei tassì. Lì, perse la traccia che aveva fiutato. Poi Assodiquadri fu portato via.

 

Banga

Pilato e il suo cane Banga

illustrazione di Irina Shipovskaia 

 

[...] A una delle svolte si fermò di colpo e fischiò. In risposta rimbombò nel crepuscolo un basso latrato, e dal giardino balzò sul balcone un gigantesco cane grigio dalle orecchie aguzze, con un collare ornato di piastre dorate. - Banga, Banga, - gridò debolmente il procuratore. Il cane si sollevò sulle zampe posteriori e pose quelle anteriori sulle spalle del padrone facendolo quasi cadere, e gli leccò la guancia. Il procuratore sedette sulla scranna. Banga, con la lingua penzoloni ed il respiro frequente, si coricò ai piedi del padrone, e la gioia nei suoi occhi significava che era finito il temporale, unica cosa al mondo che l'impavido cane temesse, ed anche che adesso si trovava di nuovo lì, accanto all'uomo che amava, rispettava e considerava il più potente del mondo, signore di tutti, grazie al quale anch'esso si considerava un essere privilegiato, superiore e speciale. Coricato ai piedi del suo padrone, pur senza guardarlo, ma guardando il giardino avvolto dalla sera, capì subito che al suo padrone era successa una disgrazia. Perciò cambiò posa, si alzò, si avvicinò di lato, e pose le zampe anteriori ed il muso sulle ginocchia del procuratore, sporcandogli l'orlo del mantello di sabbia umida. Le azioni di Banga dovevano probabilmente significare che cercava di consolare il suo padrone, ed era pronto ad affrontare con lui la mala sorte. Tentava di esprimere questo anche con gli occhi, rivolti al padrone, e con le aguzze orecchie drizzate. Così entrambi, il cane e l'uomo, affezionati l'uno all'altro, accolsero la notte festiva sul balcone.

 

Pilato e il suo cane Banga

illustrazione di Charlie Stone

 

 

[...]

 

Verso mezzanotte il sonno ebbe finalmante pietà dell'egemone. Con uno sbadiglio convulso, il procuratore sfibbiò il mantello e lo gettò via, tolse dalla tunica la cinghia con un largo coltello d'acciaio infilato nel fodero, la mise sulla scranna vicina al letto, si tolse i sandali e si coricò. Immediatamente Banga salì sul suo letto e gli si accovacciò vicino, testa contro testa, e il procuratore, posando una mano sul collo dell'animale, chiuse finalmente gli occhi. Solo allora si addormentò anche il cane.

 

da "Il Maestro e Margherita" di Michail Bulgakov,

traduzione di Vera Dridso, Einaudi, 1982

 

 

 

 

        

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