CANI & SCRITTORI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

HOME

INDICE

DISCLAIMER  

 

DINO BUZZATI

(1906-1972)

 

Dino Buzzati davanti a uno dei suoi dipinti

 

Narratore, poeta, pittore, sceneggiatore, Buzzati intraprende giovanissimo a Milano la carriera giornalistica; entra al "Corriere della Sera" nel 1928 per restarvi tutta la vita. Muore il 28 gennaio 1972 a Milano.

Tra le sue opere: “Barnabo delle montagne” (1933), “Il deserto dei Tartari” (1940), i “Sessanta racconti” (1958), “Un amore” (1963), i testi illustrati “Poema a fumetti” (1969) e “I miracoli di Val Morel” (1971), le poesie “Due poemetti” (1967), i drammi “Un caso clinico” (1953) e “La fine del borghese” (1968) . 

 

 

Grande cane in piazza in una giornata di sole, 1969

Dino Buzzati

 

 

 

I miei cani

 

 

 

il cortile (con grande bulldog), tempera (1970)

Dino Buzzati

 

 

 

Io posseggo, e sono posseduto, da tre cani vivi  e meravigliosi, forse non più belli degli altri cani che onorano questa valle di lacrime, comunque abbastanza meravigliosi. E cari.

Il primo è una boxer, di nome Tromba. Donde il vezzeggiativo Trombettina e l'abbreviazione Bettina, che comunemente si usa. Peccato che le abbiano tagliato male le orecchie, le quali pendono come quelle di un pipistrellino, ciò che non basta ad offuscare la sua sinuosa e provocante bellezza. Creatura misteriosa, come sono troppo spesso le donne. Ha cinque anni. O sei? Preferisco non appurare. L'età dei cani fa paura. Vivono troppo poco. Vivono troppo meno di noi. Siamo costretti a vederli morire.

Il secondo è un  boxer, di nome Napoleone III,  però il terzo, nei discorsi familiari, viene per lo più tralasciato. E' di ottima razza ma eccessivamente prognato, vale a dire la mascella inferiore è troppo sporgente. Però simpaticissimo e candido. Non ha  ancora compiuto un anno. Di stupidità commovente.

Il terzo è un bulldog di nome Cicci, inglese. Le forme e il suo comportamento, definirli sconcertanti è dire poco. Ha appena compiuto tre mesi e sta fra l'ippopotamo, la cornamusa, il baule e gli  angiolini di Raffaello Sanzio. Chi lo vede ne resta attanagliato. Arriverà molto, ma molto in alto, lasciatemelo credere. Non dico Presidente del Consiglio, ma quasi.

Io posseggo, e sono posseduto, da quattro cani morti e meravigliosi, forse non più belli degli altri cani defunti nell'eternità del passato, che onorano questa valle di lacrime, comunque molto meravigliosi.

Il primo è un piccolo barbone e si chiama Tobi. Morì di nefrite alla Clinica veterinaria di Milano, coperto da una piccola gualdrappa  di lana; e i medici, benché scienziati, furono molto pietosi.

Il secondo è un boxer di razza dubbia e si chiama Napoleone. Era giovinezza e primavera. Morì sotto un'automobile.

Il terzo è un magnifico barbone e si chiama Tobi come il precedente. Era un cane di immense capacità spirituali, capace di prendere da solo il tram giusto per andare da piazza della Repubblica a piazza Piemonte, e viceversa. Il tutto senza pagare il biglietto.

Il quarto è Napoleone II, il cane cui ho voluto e voglio ancora più bene. Non era un genio, ma non saprei dire il perché, era un cane immenso. Era il Moloc, era il dio degli Atzechi, era sua Maestà, era la vita. Anche lui è morto. Di lui non resta più nulla se non  una breve macchia sul muro bianco, sotto il tavolino, laddove si accucciava quand'era arrabbiato o malinconico.

In questi giorni ho fatto imbiancare la casa ma quella macchia ho voluto che non lo togliessero. È l'ultima cosa al mondo che rimane di lui, povero Napoleone. Però io la guardo, questa macchia (più che macchia è un'ombra sull'intonaco bianco). Di giorno in giorno misteriosamente impallidisce. Il tempo si porta via anche quella.

Maledetto.

 

 

(brano inciso per la Rai, 10 marzo 1959)

 

da "Bestiario" di Dino Buzzati, Mondadori, 2002

 

 

Buzzati con il suo bulldog 

 

 

 

 

        

per commenti, suggerimenti, segnalazioni.

 

© 2003   I.A.I.A   Tutti i diritti riservati