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CERBERO
Mostruoso cane della mitologia greca, figlio di Echidna (creatura metà donna e metà serpente) e del gigante Tifeo, quindi fratello dell’idra di Lerna e del leone di Nemèa. Plutone l’aveva scelto come guardiano degli inferi e il suo compito consisteva nel sorvegliare l'entrata dell'Ade, impedendo l'uscita ai defunti e l'ingresso ai vivi. Veniva rappresentato con tre – o cinquanta o anche cento – teste latranti, con criniere formate da serpenti velenosi e con coda di drago. La sua cattura fu la dodicesima ed ultima fatica di Ercole. L'eroe greco, ricevuto da Euristeo, re di Tirinto (da lui giudicato "uomo molto inferiore"), l’ordine di portare Cerbero sulla terra, ed ottenutone il permesso da Ade (purchè non facesse uso delle armi), discese nell'Erebo, lottò col mostro servendosi della sola forza muscolare, gli tolse quasi il respiro e lo trascinò incatenato fino alla corte del sovrano. Euristeo ne provò una così grande paura da sollecitarne l’immediato ritorno nell’Erebo.
Ercole
stesso, una volta morto e disceso nell'Ade, racconterà questo episodio a
Ulisse: "...Ed
ero figlio di Zeus Cronide, ma pianto
Anche
Orfeo, disceso negli Inferi alla ricerca di Euridice, incontra Cerbero e
riesce ad ammansirlo con il suo canto melodioso.
Enea, invece, lo addormenta con una focaccia soporifera gettata dalla Sibilla nelle fauci della belva.
Dante lo pone a guardia del cerchio dei golosi: il suo compito è quello di assordare i dannati con i suoi latrati e di lacerarli con le unghie.
...Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo, E
'l duca mio distese le sue spanne,
Cerbero torna a essere menzionato in Inf.IX 98-99 |
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