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INDICE
DISCLAIMER
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Fedro
(20 ca a.C- 50 ca d.C)
Favolista latino. Schiavo di
origine tracia poi affrancato (si autodefinisce liberto di Augusto), subì una
condanna in un processo intentatogli da Seiano, per allusioni offensive
contenute nella sua opera. Scrisse 5 libri comprendenti 93 favole in senari
giambici, alle quali si aggiungono le 32 favole dell' Appendix
Perrottina,
trovate in un manoscritto del secolo XV. Secondo il modello esopico, le favole
scritte in uno stile realistico e popolaresco, hanno per protagonisti animali
incarnanti vizi e virtù umane; la morale spesso rispecchia il punto di vista
delle classi subalterne.
"cave
canem",
mosaico
romano, Pompei
Liber primus, IV. Canis per Fluvium Carnem Ferens
Amittit merito proprium qui alienum adpetit.
Canis, per flumen carnem cum ferret, natans
lympharum in speculo vidit simulacrum suum,
aliamque praedam ab altero ferri putans
eripere voluit; verum decepta aviditas
et quem tenebat ore dimisit cibum,
nec quem petebat adeo potuit adtingere.
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Libro primo, 4. Un cane, con la carne, attraverso il fiume
Chi per
prendere l'altrui perde il proprio, ben gli sta.
Mentre un
cane andava a nuoto, là nel fiume
trasportando
un po' di carne, vide il muso
proprio
dentro le specchianti acque, credendo
che altro
cane trasportasse un'altra preda:
oh che
voglia! e per l'appunto lasciò perdere
dalla bocca
il proprio cibo, ma l'ambìto
non potè
neppure sfiorare. Ben delusa avidità.
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XIX. Canis Parturiens
Habent insidias hominis blanditiae
mali;
quas ut vitemus, versus subiecti monent.
Canis parturiens cum rogasset alteram,
ut fetum in eius tugurio deponeret,
facile impetravit. Dein reposcenti locum
preces admovit, tempus exorans breve,
dum firmiores catulos posset ducere.
Hoc quoque consumpto flagitari validius
cubile coepit. "Si mihi et turbae meae
par" inquit "esse potueris, cedam loco".
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19. Una cagna partoriente
Le affabili
insistenze d'un mariolo
hanno con
sé l'insidia: di scansarle
i
susseguenti versi ci consigliano.
Sovrapparto
una cagna
chiese a
un'altra il covacciolo
per deporre
i piccini,
e alla
liscia l'ottenne; poi, richiesta
di
rilasciarlo, mosse preghiere
implorandole
un tempo, un tempo breve
tanto da
menar via, fatti più saldi
i suoi
cagnetti. Quando fu consunto
anche
codesto indugio, la richiesta
del
giaciglio si fece più pressante.
Ringhiò la
cagna: "Se uguagliar potrai
me con mia
schiera, il posto io lascerò".
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XX. Canes Famelici
Stultum consilium non modo effectu caret,
sed ad perniciem quoque mortalis devocat.
Corium depressum in fluvio viderunt canes.
Id ut comesse extractum possent facilius,
aquam coepere ebibere: sed rupti prius
periere quam quod petierant contingerent.
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20. Cani
affamati
Un'idea
stolta oltre fallir lo scopo
gli additti
a morte induce anche a rovina.
Alcuni cani
videro
un coriaceo
lambello
sommerso
nel ruscello
e per
cavarlo fuori
e mangiarlo
bel bello
si misero a
sorbire acqua su acqua.
Ma
scoppiati si strussero
prima di
giungere a ciò che bramavano.
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XXIII. Canis fidelis
Repente liberalis stultis gratus est,
verum peritis inritos tendit dolos.
Nocturnus cum fur panem misisset cani,
obiecto temptans an cibo posset capi,
'Heus', inquit 'linguam vis meam praecludere,
ne latrem pro re domini? Multum falleris.
Namque ista subita me iubet benignitas
vigilare, facias ne mea culpa lucrum'.
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23. Un cane fedele
Uno,
improvvisamente generoso,
ai grulli
è bene accetto,
ma tende
agli scaltriti
gl'infingimenti
suoi senza un effetto.
A un
furfante notturno,
che con il
lancio d'un boccon di pane
tentava se
adescare lo potesse
con il cibo
davanti,
disse il
cane: "Eh! impacciare tu vuoi
la mia
lingua perchè del mio padrone
difendendo
la roba io non abbai?
T'inganni
assai,
questa tua
subitanea gentilezza
mi mette
all'erta
perchè del
mio fallir tu non profitti".
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XXIV. Canes et corcodili
Consilia qui dant prava cautis hominibus
et perdunt operam et deridentur turpiter.
Canes currentes bibere in Nilo flumine,
a corcodillis ne rapiantur, traditum est.
Igitur cum currens bibere coepisset canis,
sic corcodillus "Quamlibet lambe otio,
noli vereri". At ille "Facerem mehercules,
nisi esse scirem carnis te cupidum meae".
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25. I
cani e i coccodrilli
Quelli che
ad uomini guardinghi porgono suggerimenti obliqui
sprecano il
tempo e hanno le beffe e l'onta.
Che i cani
bevano all'onda del Nilo
correndo
tuttavia per isfuggire
ai
coccodrilli, c'è chi lo racconta.
Ebbene, un
cane correndo e alla spiccia
lappando,
udì parlare un coccodrillo.
"Sorbisci
quanto vuoi, resta tranquillo,
senza
timore". "Oh, lo farei, per Ercole
- rispose -
se ignorassi quanto cúpido
sei tu
della mia ciccia".
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VII. Lupus ad Canem
Quam dulcis sit libertas breuiter proloquar.
Cani perpasto macie confectus lupus
forte occurrit; dein, salutati inuicem
ut restiterunt," Vnde sic, quaeso, nites?
Aut quo cibo fecisti tantum corporis?
Ego, qui sum longe fortior, pereo fame."
Canis simpliciter: "Eadem est condicio tibi,
praestare domino si par officium potes."
"Quod?" inquit ille. "Custos ut sis liminis,
a furibus tuearis et noctu domum.
Adfertur ultro panis; de mensa sua
dat ossa dominus; frusta iactat familia,
et quod fastidit quisque pulmentarium.
Sic sine labore uenter impletur meus."
"Ego uero sum paratus: nunc patior niues
imbresque in siluis asperam uitam trahens.
Quanto est facilius mihi sub tecto uiuere,
et otiosum largo satiari cibo!"
"Veni ergo mecum." Dum procedunt, aspicit
lupus a catena collum detritum cani.
"Vnde hoc, amice?" "Nil est." "Dic, sodes, tamen."
"Quia uideor acer, alligant me interdiu,
luce ut quiescam, et uigilem nox cum uenerit:
crepusculo solutus qua uisum est uagor."
"Age, abire si quo est animus, est licentia?"
"Non plane est" inquit. "Fruere quae laudas, canis;
regnare nolo, liber ut non sim mihi."
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7.
Il lupo al cane
In poche
frasi libertà diremo
quanto sia
dolce.
Un lupo
emaciato dalla fame
in un can
s'imbatté tutto paffuto
e,
fermatisi alquanto in convenevoli,
per primo
chiese: "Come mai sì lustro?
e con che
nutrimento
ti fai sì
corpacciuto?
Io di tanto
più solido di te
basisco
dalla fame".
Senza
malizia gli rispose il cane:
"Sarai
pur tu simile a me volendo
prestare al
mio padrone ugual servizio."
"Di
che?" gli chiese il lupo: "Di custode
all'uscio
per proteggergli la casa
nottetempo
dai ladri."
"Ma
sì, son pronto: or vita aspra traendo
nevi e
piogge patisco nella selva.
Quanto più
facile sarà mio vivere
sotto un
riparo e d'abbondante cibo
satollarmi
ozioso!". " Vieni dunque".
Lungo il
cammino il lupo scorge al collo
del cane
un'orma trita di catena:
"Come
mai questo, amico?" "Non è nulla".
"Eppur...dimmelo,
via".
"Sembro
arcigno e mi legano un pochetto
affinchè
con la luce mi riposi
e quando
annotta io vigili.
Appena è
sera ove mi garba io vo
slegato. E
mi offrono del pane, gli ossi
il padrone
mi dà della sua mensa,
quei di
casa rosicchioli e cibarie,
quando ne
han troppo. E allora senza sforzo
si riempie
il mio ventre".
"Di',
se ti viene il ticchio
d'andartene
un po' a zonzo, t'è concesso?".
"Questo
no", fece il cane.
"Allora
goditi i tuoi vanti, cane:
non voglio
essere un re se non son libero".
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da Fedro, Favole,
versione di Agostino Richelmy
Giulio Einaudi
Editore, 1974
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