CANI & SCRITTORI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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DISCLAIMER  

 

        

OMERO 

  

(secolo VIII a.c ?)  

 

 

Poeta epico greco cui si attribuisce la composizione dell’Iliade e dell’Odissea. Mancano sicure notizie biografiche (leggendaria, forse, la cecità).

L’Odissea (24 libri, 12110 esametri) racconta il viaggio da Troia ad Itaca di Ulisse, descrivendo avventure di ogni tipo e popoli straordinari, fino alla lotta vittoriosa dell’eroe contro i Proci che gli insidiano la moglie Penelope e il regno.  

 

 

 

 

 

ARGO 

 

 

 

Argo riconosce Ulisse
incisione del XVII secolo
Theodor van Thulden (1606 - 1669)

 

 

 

Nel libro XVII dell'Odissea, versi 290-327 si narra il celebre episodio del cane Argo. Ulisse torna in patria dopo 20 anni di assenza, travestito da mendicante: penetrato col figlio nel palazzo reale, viene riconosciuto soltanto dal fedele cane Argo.

 

“E’ un episodio assolutamente originale. Non c’è niente di simile né in Omero, né altrove.

Anche nei modi espressivi è tutto nuovo schietto immediato, direi tutto lirico, tanto vi sono assottigliati e ridotti gli stessi elementi consueti dello stile di racconto. Il cane muore perché necessità poetica vuole che muoia, e non già per un tocco sentimentale di pietà.

Fosse stato meno vecchio, avesse potuto levarsi su, fare atti e rumori di allegrezza, vivere ancora, l’episodio sarebbe stato del tutto diverso e avrebbe chiesto una situazione del tutto diversa. E’ un riconoscimento tutto chiuso, tutto muto, fra una bestia che non parla e un uomo che non può parlare.

Sono appena cinquanta versi, e sono la musica più alta del canto. Alla quale tutto il canto, mi sembra, ha da essere intonato. In questo, come negli altri tre che precedono, non c’è ancora l’animo di Odisseo vendicatore, bensì l’animo di Odisseo nostalgico. […]

In questi primi contatti con la sua terra e con la sua casa, affetti di tenerezza domestica prevalgono soprattutto: ai quali nemmeno Telemaco, che è l’alleato di guerra e di vendetta, poteva dare espressione e accordo:bensì può Eumeo, il servo devoto; e più Argo, il vecchio cane che per venti anni ha aspettato il suo padrone e si è tenuto stretto e attaccato così tenacemente alla vita solo per rivederlo e subito morire.     

 

M.Valgimigli

Il canto di Argo, in "Poeti e filosofi di Grecia", Sansoni Firenze.

 





IL CANE ARGO    



… Così dicean tra lor, quando Argo, il cane,
ch'ivi giacea, del paziente Ulisse,
la testa ed ambo sollevò gli orecchi.
nutrillo un giorno di sua man l'eroe,
                                       ma come, spinto dal suo fato a Troia,                                          
poco frutto poté.
Bensì condurlo
contra i lepri, ed i cervi, e le silvestri
capre solea la gioventù robusta.
Negletto allor giacea nel molto fimo
di muli e buoi sparso alle porte innanzi,

finché, i poderi a fecondar d'Ulisse,
nel togliessero i servi. Ivi il buon cane,
di turpi zecche pien, corcato stava.
Com'egli vide il suo signor piu' presso,
e, benché tra que' cenci, il riconobbe
squassò la coda festeggiando, ed ambe
le orecchie, che drizzate avea da prima,
cader lasciò: ma incontro al suo signore
muover siccome un dì, gli fu disdetto.

Ulisse, riguardatolo, s'asterse
con man furtiva dalla guancia il pianto,
celandosi da Eumèo, cui disse tosto:
“Eurnèo, quale stupor! Nel fimo giace
cotesto, che a me par cane si bello.
Ma non so se del pari ei fu veloce,
o nulla valse, come quei da mensa,
cui nutron per bellezza i lor padroni”.
E tu cosi gli rispondesti, Eumèo:
“Del mio re lungi morto è questo il cane.
Se tal fosse di corpo e d'atti, quale
lasciòllo, a Troia veleggiando, Ulisse,
sì veloce a vederlo e sì gagliardo,
gran maraviglia ne trarresti: fiera
non adocchiava, che del folto bosco
gli sfuggisse nel fondo, e la cui traccia
perdesse mai. Or l'infortunio ei sente.

Perì d'Itaca lunge il suo padrone,
né più curan di lui le pigre ancelle;
ché pochi dì stanno in cervello i servi,
quando il padrone lor più non impèra.
L'onniveggente di Saturno figlio
mezza toglie ad un uomo la sua virtude,
come sopra gli giunga il di servile “.
Ciò detto, il piè nel sontuoso albergo
mise, e avviossi drittamente ai Proci;
ed Argo, il fido can, poscia che visto
ebbe dopo dieci anni e dieci Ulisse,
gli occhi nel sonno della morte chiuse.

Omero  

(Odissea, libro XVII vv. 350/397,

tr. di Ippolito Pindemonte, a cura di Athos Sivieri, Casa Editrice G. D' Anna)

 

Ulisse e  Argo
John Flaxman
1805

 

 

 

        

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