CANI & SCRITTORI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

HOME

INDICE

DISCLAIMER  

 

DANIEL PENNAC

(Casablanca 1944)

 

Professore di francese in un liceo parigino, Daniel Pennac ha esordito con un  romanzo per ragazzi, "L'occhio del lupo" (1984), seguito da "Il paradiso degli orchi" (1985), primo romanzo che vede come protagonista  Benjamin Malaussène, il quale torna in "La fata carabina" (1987), "La prosivendola" (1989), "Signor Malaussène" (1995), "La passione secondo Thérèse" (1999). Estraneo alla saga di Malaussène è invece il romanzo "Signori Bambini" (1997).

Parallelemente Pennac ha continuato la sua attività di scrittore per ragazzi, con "Kamo. L'agenzia di Babele" (1994), "Io e Kamo " (1995), "Kamo. L'idea del secolo" (1996) e vari altri racconti.

 

 

 

 

Né ammaestrato né ammaestratore

 

Non sono uno specialista di cani. Solo un amico. Un po' cane anch'io, può darsi. Sono nato nello stesso giorno del mio primo cane. Poi siamo cresciuti insieme. Ma lui è invecchiato prima di me. A undici anni era un vecchietto pieno di reumatismi e di esperienza. Io ero ancora un cucciolo. Morì. Io piansi. Molto. 

Si chiamava Pec. Era una specie di cocker biondo (al tempo in cui i cocker non frequentavano i salotti), robusto, vagabondo, bugiardo, litigioso, un po' ladro, brontolone, indipendente, non certo il tipo da farsi mettere le zampe in testa. Ma in strada sapeva aspettare che il semaforo diventasse verde. E, come cuscino, non ho mai trovato niente di meglio. Né come confidente. Capiva il mio umore dall'espressione del viso, mentre con un'increspatura del labbro mi aveva insegnato a rispettare il suo. Non gli piaceva venir disturbato all'ora di cena e io non sopportavo che appoggiasse il suo muso diffidente sui miei giornalini durante l'ora di lettura. Lui lo sapeva, io lo sapevo. Ci intendevamo. Sapeva anche che io e la scuola non andavamo molto d'accordo e io capivo che certe regole della vita famigliare gli pesavano. Ci consolavamo a vicenda e molto spesso.

Oggi, a  distanza di più di vent'anni, trascorro le mie vacanze con Louke. Louke è un'altra cosa. A quattro anni, questo pastore beauceron ha deciso di non invecchiare più. E dopo dieci anni, malgrado i suoi quaranta chili, le spalle da lottatore e i canini da macellaio nella bocca nera e rossa, Louke ha sempre quattro mesi di età mentale.

<<Questo cane è completamente scemo>> dice mia madre.

Ma si capisce dal suo sorriso che non ci crede. La verità è che Louke ha preso in giro tutta la famiglia.

Ognuno di noi l'ha letto almeno una volta nei suoi occhi: per lui la stupidità è una TATTICA.

<<Non potete pretendere niente da me, lo sapete, sono troppo scemo...>>

Ecco quello che sembra dirci quando, seduto sul suo largo posteriore, con testa piegata e lingua penzoloni, accoglie la sgridata come se si trattasse di un gioco. Da quando frequenta gli uomini, tutta la sua intelligenza si è esercitata in questo: non sembrare mai intelligente. Suprema saggezza!

Di solito fa una vita tranquilla, piacevole, senza avventure ma anche senza noia, in una casa che ha accettato di dividere con noi. Una buona poltrona e il blablabla delle conversazioni umane gli bastano. E, ogni tanto, una passeggiata nel bosco con gli adulti, una piccola battaglia con i miei nipoti, un'ora di tenerezza con la testa posata sul grembiule di mia madre...Ci ha assegnato dei ruoli e noi li rispettiamo. In cambio, accetta di rispettare quei due o tre princìpi che rendono possibile la convivenza tra cani e uomini e che si riassumono in questo: non cacciare il muso negli affari che non ti riguardano.

Tra Pec e Louke, c'è stato Kanh. Povero Kahn, cupo Kahn, imprevedibile e tormentato, con la sua paura degli uomini... Era forse il più "intelligente" dei tre, il più bello e il più di tutto quello che volete, ma, essendo dobermann, era sicuramente il più infelice.

Dobermann...

Era sicuro di quel che facevs, quell'esattore delle imposte (il signor Dobermann, appunto) che nel diciannovesimo secolo quando inventò un cane, al quale diede orgogliosamente il suo nome?

Sanno sempre  quello che fanno, tutti questi "purificatori"  della razza canina quando creano cani su misura, cani da guardia, cani per bambini, cani da compagnia, cani da appartamento, cani da questo, cani da quello, disegnati come auto sportive, marchiati com l'argenteria di famiglia, che vinceranno artistiche medaglie ai concorsi di bellezza dove i loro proprietari li esibiranno? Oh, che bella riuscita estetica! Molto bello, il dobermann! Molto carino il cocker del giorno d'oggi! Ma il cervello? E la follia di alcuni di questi esemplari quando superano una certa età? E il dolore di essere pazzi?

Kahn era certamente un cane pazzo. E infelice di esserlo, poichè lo era in modo discontinuo. Ed è l'unico cane che io abbia visto piangere. Piangere veramente, come un uomo perduto nel dolore e nel rimorso. In uno dei suoi momenti di crisi, durante i quali non riconosceva nessuno, mi aveva morso.

Quando capì in quale mano avesse piantato i canini, si mise a piangere. Scoppi di singhiozzi che lo scuotevano tutto. Lunghi ululati strazianti interrotti da singulti che lo spezzavano in due. Mi ero seduto vicino a lui e lo accarezzavo. Gli mormoravo nell'orecchio che non era successo niente, che non era colpa sua, ma del signor Dobermann e di tutti gli altri "purificatori della razza canina. Lui piangeva, io mormoravo. Andammo avanti per un bel po'. Poi lui scivolò in un sonno popolato di gemiti. 

No, decisamente, questo libro non è dedicato ai fanatici delle razza pure, ai tagliatori di code e di orecchie.

Tranne Kahn e Louke, tutti gli altri cani della mia vita sono stati dei solidi bastardi: Fantou, trovato in una discarica, senza pelo ma crivellato di pallini da caccia, che un amico pittore aveva resuscitato e che finì i suoi giorni a casa nostra; Petit, il cane di mio fratello che era grande come una palla da tennis quando si rifugiò da lui e che, secondo il veterinario non sarebbe più cresciuto. (Oggi, quando sta ritto sulle quattro zampe, appoggia tranquillamente la testa sul tavolo.) Senza parlare dei cani che s'incontrano, degli amici dei miei  cani, dei cani dei miei amici...

Mi sembra che siano tutti qui, vicino a me, a sorvegliarmi mentre scrivo queste righe. E' che dicono tante sciocchezze a proposito dei cani...che loro hanno ragione di diffidare!

D'altronde, che cosa ho da dire io? Poche cose. E riguardano soprattutto gli uomini.

Questa, per esempio: se avete un cane, o quando ne avrete uno, non siate,vi prego, né ammaestratori né ammaestrati. Cioè: non siate uno di quei "padroni" tutti fieri di aver trasformato il proprio cane in un tappetino, in una belva o in una bambola meccanica. "Guardate com'è intelligente il mio cane" sembra che vi dica quel tipo di gente; e mentre vantano l'intelligenza della loro bestia, sui loro visi di ammaestratori soddisfatti si dipinge una bestialità senza limiti.

Ma non siate nemmeno ammaestrati. Non siate di quelle persone completamente sottomesse alla volontà del cane, che non pensano che a lui, che non parlano che di lui e la cui vita si riassume in questo: possiedono un cane.

Un minimo di ammaestramento è necessario. Ma bisogna intendersi sul significato della parola. Un buon ammaestramento è quello che impone il rispetto della dignità di entrambi. 

<< E che cos'è la dignità per un cane?>> mi domanderete voi: è di essere cane. Da questo punto di vista, il buon ammaestratore deve cominciare ad ammaestrare se stesso, cioè a rispettare la dignità del cane che gli vive accanto, se vuole comportarsi lui stesso dignitosamente, da uomo.

In fondo il rispetto delle differenze è la legge stessa dell'amicizia.

E, a proposito di amici, questo: se avete amici che hanno paura dei cani, non imponetegli la presenza del vostro, anche se è il cane più buono del mondo. La paura dei cani è irrazionale. E' spesso umiliante. E voi non avete il diritto di infliggere quest'umiliazione a nessuno.

Incontrerete forse persone che si burleranno del vostro amore per i cani, che affermeranno che amare i cani nasconde un'incapacità di amare gli uomini... Lasciateli dire. Sono tutte stupidaggini.

E' incredibile quante idee preconcette circolino sugli amatori di cani! Tanta gente afferma, per esempio,  che l'amore per i cani e quello per i gatti sono incompatibili. Tra cani e gatti, secondo loro, bisogna scegliere, non si possono amare tutt'e due. Dupont, Sarah, Gabriella, Ti'Marcel, alcuni dei gatti della mia vita, devono ridere di gusto sentendo simili discorsi. E quando un cane o un gatto ridono di te, lo si vede...

Dico tutto questo perchè, mentre scrivo, il cane di un amico che tengo con me per qualche giorno e che è sdraiato sotto il tavolo, alza la testa e mi fissa ironicamente. Vi assicuro che si sta divertendo un mondo! (D'altronde è come me,Xango: adora i gatti.)

Ecco. E' più o meno tutto quello che avevo da dire. Ah! Un'ultima cosa: quando si sceglie di vivere con un cane, è per sempre. Non lo si abbandona. Mai. Mettetevelo bene in mente prima di adottarne uno.

 

 

 

da "Abbaiare stanca"  (titolo orig."Cabot-Caboche") di Daniel Pennac,

traduzione di Cristina Palomba, illustrazioni di Cinzia Ghigliano, Salani Editore, 1993
 

 

        

per commenti, suggerimenti, segnalazioni.

 

© 2003   I.A.I.A   Tutti i diritti riservati