CANI & SCRITTORI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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INDICE

DISCLAIMER  

 

 

Gaio Plinio Secondo

  

(Como, 23-24 d.C – Stabile, odierna Castellammare, 79 d.C.).

 

 

Scrittore latino, zio di Plinio il Giovane. Ufficiale di cavalleria in Germania, fu procuratore imperiale e comandante della flotta di Miseno. Fu vittima dell'eruzione del Vesuvio che volle osservare da vicino. Perdute sono le opere storiche Bella germaniae (20 libri su "Le guerre di Germania" , ispirati alle sue campagne), e A fine Aufidii Bassi  (Dalla fine di Aufidio Basso), 31 libri che riprendevano il filo degli eventi dal punto in cui si era fermata (gli ultimi anni dell'impero di Tiberio) l'opera dello storico A. Basso (egli stesso continuatore di Tito Livio),  e la biografia  De vita Pomponii Secundi.  Rimane la Naturalis historia, enciclopedia in 37 libri, testo scientifico fondamentale per tutto il medioevo, che tratta di astronomia e geografia, antropologia e fisiologia, zoologia, botanica, farmacopea, mineralogia, con ragguagli sulla storia dell'arte e sull'architettura.

 

 

 

 

un cane in atto di saltare

mosaico africano di età imperiale conservato in Tunisia

 

 

 

Nel libro ottavo della "Naturalis Historia" Plinio si occupa degli Animali Terrestri. I paragrafi 142-153 contengono la trattazione dedicata ai CANI,  a proposito della cui fedeltà Plinio ricorda molti aneddoti.

 

 

Ho saputo che un cane combattè in difesa del suo padrone contro i briganti e, benchè fatto segno di colpi, non si allontanò dal corpo dell'uomo, cercando di tenere lontani uccelli e bestie feroci. Un altro cane in Epiro riconobbe tra la folla l'assassino del suo padrone e con i suoi morsi e con il suo abbaiare lo costrinse a confessare il delitto.

200 cani ricondussero dall'esilio il re dei Garamanti [popolo dell'interno dell'Asia] , dopo aver combattuto contro quelli che si opponevano. Gli abitanti di Colofone [città della Lidia, tra Smirne e Efeso] e quelli di Castabala [in Cilicia] avevano coorti di cani addestrati per la guerra. Combattevano in prima linea e non si rifiutavano mai ; costituivano truppe ausiliarie su cui si poteva veramente contare e non erano bisognosi di stipendio.

Quando i Cimbri furono sterminati, i  cani difesero le famiglie dei loro padroni che si trovavano sui carri. Dopo l'uccisione di Giasone di Licia, il suo cane non volle più mangiare e si lasciò morire di fame. L'esemplare che Duride chiama Ircano, quando fu acceso il rogo funebre del re Lisimaco, si gettò fra le fiamme, e lo stesso fece il cane del re Gerone. Filisto ricorda anche Pirro, cane del tiranno Gelone;si rammenta anche il cane di Licomede, re della Bitinia, la cui moglie Cosinge fu dilianata dalla bestia per un gioco un po' troppo lascivo col marito. Presso di noi, il cane difese da un brigante Vulcazio, uomo di nobili natali, che insegnò diritto civile a Cascellio, mentre ritornava di sera, su un cavallo delle Asturie, dalla sua proprietà fuori Roma ;lo stesso accadde al senatore Celio che, mentre era ammalato, fu assalito a Piacenza da uomini armati e non fu ferito  prima che venisse ucciso il suo cane.

 

 

E si riferisce anche a fatti realmente avvenuti in un passato recente. 

 

Ma un esempio al di sopra di tutti gli altri, avvenuto nel nostro tempo, è registrato negli Atti del popolo romano: sotto il consolato di Appio Giunio e Publio Silio, quando si giustiziavano, a causa di Nerone figlio di Germanico, Tizio Sabino e i suoi schiavi, il cane di uno dei condannati non potè nel carcere essere mandato via, né si allontanò dal corpo del suo padrone gettato a terra, ma sui gradini delle Gemonie ululava mestamente in mezzo a una grande folla di Romani che facevano cerchio. Uno degli spettatori gli gettò del cibo e l'animale lo portò davanti alla bocca del morto. Si gettò a nuoto quando il cadavere fu gettato nel Tevere, nel tentativo di sostenerlo, mentre tanta gente era presente a vedere la fedeltà di questa bestia.

 

 

Si sofferma poi sui loro rapporti con l'uomo,

 

 

I cani sono i soli  a conoscere il loro padrone e lo ravvisano anche in incognito, se arriva all'improvviso [Plinio allude al riconoscimento di Ulisse da parte del cane Argo in Odissea XVII 291 sgg.] ; sono i soli a sapere il proprio nome, sono i soli a riconoscere le voci familiari. Sono capaci di ricordare il cammino percorso, per quanto lungo possa essere e, tranne l'uomo, nessun altro essere vivente è dotato di una memoria migliore.

L'uomo riesce a calmare il loro assalto e la loro furia se si mette a sedere in terra  [altra allusione all' Odissea XIV  29 sgg] .

 

 sulla loro utilità nella caccia

 

Molte altre doti scopre nei cani l'esperienza di ogni giorno, ma nella caccia è eccezionale la loro abilità e il loro odorato. Il cane cerca le tracce di un animale e le segue, tirando con il guinzaglio il cacciatore che lo accompagna verso la fiera; quando l'ha scorta, che modo  silenzioso e nascosto, ma quanto significativo ha di indicarla, prima con la coda, poi col muso!

Dunque, anche stanchi per la vecchiaia, ciechi e deboli si portano in braccio, e fiutano il vento e gli odori e protendono il muso verso la tana della selvaggina.

 

sugli incroci

 

Gli Indiani vogliono che i loro cani nascano dall’incrocio con le tigri e per questo durante il periodo dell’accoppiamento legano le cagne nelle selve*. Ritengono che dal primo e dal secondo parto nascano esemplari troppo feroci, allevano infine i nati della terza cucciolata. Lo stesso fanno i Galli con i lupi **, e le loro schiere di cani hanno ciascuna come capo e guida uno di questi incroci. La muta lo accompagna a caccia e obbedisce a lui; fra di loro riconoscono delle gerarchie. 

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* La notizia, aristotelica, viene ripresa da Lucrezio (III 750), anche se un incrocio fra cane e tigre è impensabile. In India oggi i cani vengono incrociati con i lupi.

**Aristotele, Historia animalium, parla di incroci fra cani e lupi a Cirene, ma non in Gallia. Tuttavia i cani di questa regione erano famosi nell'antichità.

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Si sa che sulle rive del fiume Nilo i cani bevono le acque correndo, per non dar esca all’avidità dei coccodrilli*. Quando Alessandro Magno si dirigeva in India, il re dell’Albania gli aveva offerto in dono un cane di straordinaria grandezza** ; il sovrano, impressionato favorevolmente dal suo aspetto, ordinò che gli mandassero contro orsi, poi cinghiali e infine daini, ma quello seguitò sdegnosamente a stare immobile, sdraiato a terra. L’imperatore, pieno di spirito combattivo, quasi offeso dall’inerzia di un animale così grande, ordinò che lo si uccidesse. La notizia arrivò al re d’Albania. Questi, mandandogliene un altro, aggiunse la raccomandazione che non lo mettesse alla prova contro animali di piccola taglia, ma contro leoni ed elefanti; lo informò inoltre che aveva avuto soltanto due esemplari simili e, se anche il secondo fosse morto, non ne avrebbe avuti più. Alessandro non perse tempo e vide subito un leone fatto a pezzi. Allora ordinò di fare entrare un elefante e nessun altro spettacolo lo rallegrò di più. Il cane, con il pelo ritto su tutto il corpo, prima si scatenò con grandi latrati, poi attaccò l'elefante saltando e gettandosi contro le zampe della fiera, ora da una parte, ora dall'altra, con una tattica di combattimento ben congegnata, secondo la necessità, assalendo ed evitando l'avversario finchè, dopo averlo fatto ruotare più volte, gli provocò le vertigini e la terra risuonò per la caduta del pachiderma.

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* Una favola di Fedro (I 25) si fonda su questa leggenda.

** Plutarco e Strabone raccontano lo stesso episodio.

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e sulla riproduzione,

I cani si riproducono due volte l'anno. Ad un anno sono già in grado di partorire. La gravidanza è di sessanta giorni. Mettono al mondo cuccioli ciechi e, quanto più abbondante è il latte con cui vengono nutriti, tanto più tardi acquistano la facoltà di vedere, tuttavia mai oltre il ventunesimo giorno di vita e mai prima del settimo*. Alcuni autori affermano che, se nasce un solo piccolo, questo riesce a vedere dopo nove giorni; se sono due, a dieci giorni, e si aggiunge ugualmente per ogni cucciolo un giorno di ritardo nell'aprire gli occhi alla luce; la femmina che è stata generata da una cagna nella sua prima cucciolata, è soggetta ad avere allucinazioni**. Il migliore dei cuccioli è quello che comincia a vedere per ultimo oppure quello che la madre, dopo il parto, porta per primo nella cuccia.

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* La fonte è Aristotele, con qualche lieve variazione.

** Lucrezio IV 987-1010 si sofferma in particolare sui sogni dei cani da caccia e domestici.

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sulle malattie,

La rabbia dei cani è dannosissima per l'uomo quando insorge durante il periodo, come abbiamo detto, in cui brilla la stella Sirio: nelle persone che sono state così morse, si sviluppa una letale idrofobia. Perciò si cerca di porre un rimedio alla malattia durante quei 30 giorni della canicola unendo al cibo per i cani soprattutto del letame di polli o, nel caso che la rabbia si sia già manifestata, con l'elleboro. Contro il morso però l'unico rimedio, trovato da poco in un oracolo, è la radice della rosa silvestre, chiamata rosa canina. Columella assicura che se, 40 giorni dopo la nascita, con i denti si tronca ai cani la coda e si toglie anche l'ultima articolazione, assieme al nervo della spina dorsale, la coda non ricresce e i cani non diventano rabbiosi*.

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* Columella, De re rustica VII 12.14

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per finire con il consueto prodigio del cane che parla

 

Fra i prodigi che io ho annotato, ho letto che un cane parlò e che un serpente abbaiò, quando Tarquinio fu cacciato dal regno.

 

 

da "Storia Naturale" di Gaio Plinio Secondo, traduzione e note di Elena Giannarelli, Giulio Einaudi Editore, 1983 (volume II pag 233-39)  

 

** grazie a Raf per l'aiuto nella trascrizione dei brani ;)

 

 

        

per commenti, suggerimenti, segnalazioni.

 

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