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Edgar Allan Poe
(1809-1849)
Scrittore
statunitense. Dopo un’infanzia difficile e una giovinezza inquieta, esordì in
poesia nel 1827 (Tamerlano e altre poesie), fu collaboratore letterario di varie
riviste e si affermò con la pubblicazione del racconto Il manoscritto trovato
in una bottiglia (1833), dei Racconti del grottesco e dell’arabesco (1840),
Lo
scarabeo d’oro (1845) e Il Corvo e altre poesie (1845). Dopo la morte della
moglie nel 1947, si chiuse in una solitudine ossessiva e nell’alcolismo, che
lo portò a una morte precoce.
TIGER
...riuscii infine parzialmente a svegliarmi. E mi accorsi che il mio sogno non era solo un sogno. Adesso almeno mi trovavo in possesso dei miei sensi.
Le zampe di qualche immenso mostro reale mi premevano grevi il petto, mi sentivo il caldo ansito alle orecchie, le bianche zanne terribili balenavano
nell'oscurita'. ....Il suono della mia voce parve destare tutta la furia latente
dell'animale. Si precipito' disteso sul mio corpo, ma quale non fu il mio stupore quando con un lungo e basso guaito, prese a leccarmi viso
e mani con passione, con le piu' stravaganti prove di affetto e di gioia!
Io ero stupito, non riuscivo a raccapezzarmi, ma non avevo dimenticato il particolare guaito del
mio
terranova, Tigre, nè lo strano modo che aveva di farmi festa. Era lui. Il sangue con impeto mi riflui' alle tempie, mi
sentii invaso da un travolgente senso di liberazione, che mi dava quasi
il capogiro, mi pareva di rinascere. Rapido mi rizzai a sedere, dal materasso su cui ero steso, e, abbracciando il collo del mio fedele compagno e amico
sfogai la lunga oppressione del mio cuore in un diluvio di appassionate lacrime. ....
La maggior parte delle persone amano i loro cani, ma per Tigre, io nutrivo un affetto ben piu' ardente del solito e, per dire la verita', nessuna creatura
n'era mai stata piu' degna. Da sette anni il mio compagno inseparabile, in numerosissimi casi aveva dato prova di possedere tutte le nobili qualita'
che possono renderci caro un animale. Quand'era un cucciolo l'avevo salvato dalle grinfie di un monellaccio di Nantucket, che gli aveva legato una corda
al collo e voleva annegarlo. Tre anni piu' tardi il cane ormai cresciuto,aveva piu' che ripagato il suo debito salvandomi dal bastone di un grassatore......Quando completamente esausto, mi lasciai cadere sul materasso,
Tigre si butto' lungo disteso accanto a me, e pareva, con le sue carezze, voler consolarmi nei miei affanni ed esortarmi a sopportarli con fermezza. La
stranezza del suo comportamento finalmente riusci' ad attirare la mia distratta attenzione. Infatti, dopo avermi lambito la faccia e le mani per alcuni
minuti, improvvisamente si fermava ed emetteva un lungo gemito. Ogni volta che protendevo le mie mani verso di lui, invariabilmente lo trovavo disteso
supino per terra, con le zampe sollevate. Questo comportamento frequentemente ripetuto, mi parve strano, e io non riuscivo in alcun modo a trovarne una
spiegazione plausibile.....
"Questo comportamento frequentemente ripetuto, mi parve strano, e
io non riuscivo in alcun modo a trovarne una spiegazione plausibile.
Siccome il cane aveva tutta l'aria di non star bene, conclusi che doveva
aver ricevuto qualche ferita e prendendogli le zampe in mano, le
esaminai una dopo l'altra, ma non trovai nulla. Allora pensai che avesse
fame e gli diedi un grosso pezzo di prosciutto che egli divorò con
avidità - riprendendo, subito dopo, le sue strane manovre. Mi dissi che
anche lui, al pari di me, doveva esser travagliato dalla sete ed ero sul
punto di accettare per validità questa supposizione, quando mi ricordai
che, finora, mi ero limitato a esaminargli le zampe e che poteva esser
stato ferito in qualche altra parte del corpo o della testa. Questa
gliela tastai attentamente, senza trovare nulla. Ma, passandogli la mano
sul dorso, m'avvidi che i peli erano leggermente sollevati lungo la
schiena. Seguendo questa linea con le dita scoprii una funicella che,
m'avvidi, gli circondava l'intero corpo. Dopo più attento esame
incontrai qualcosa che aveva l'aria di un pezzetto di carta, fissato
dalla funicella in modo tale da venirsi a trovare direttamente sotto la
spalla destra dell'animale.
[...] Per la parte più ardua di questo problema venni soccorso dalla
sagacia di Tigre. Dopo aver trovato, in seguito a una lunga ricerca, un
minuscolo pezzo del biglietto, lo feci annusare al cane, cercando di
fargli capire che doveva portarmene il resto. Con mia grande sorpresa (perchè
io non gli avevo mai insegnato nessuno di quegli esercizi di cui la loro
razza nota), egli parve intendere subito la mia ricerca e, dopo aver
rovistato per pochi secondi ne trovò un altro pezzo. Quando me lo portò,
si soffermò un poco, soffregandomi il naso sulla mano, come attendesse
la mia approvazione di quanto aveva fatto. Io allora lo accarezzai sulla
testa ed egli immediatamente si allontanò. Trascorsero alcuni minuti
prima che tornasse, ma questa volta mi portò una lunga striscia, che
vidi essere tutta la parte che ancora mancava, perchè, evidentemente,
io l'avevo strappato solo in tre pezzi.
[...] Ma vi era ancora un'altra e ben diversa fonte di inquietudine, e
così grave che il lancinante terrore che destava in me era stato ciò
che soprattutto mi aeva scosso dallo stupore, che m'aveva prosternato
sul materasso. Si trattava dello strano comportamento del cane. Già
avevo osservato un'alternazione nel suo comportamento l'ultima volta che
avevo soffregato il fosforo sul pezzo di carta. Proprio mentre lo
soffregavo egli m'aveva battuto col naso contro la mano, con un leggero
ringhio, ma io ero troppo eccitato in quel momento per badarci più che
tanto. Subito dopo, come forse si ricorderà, mi ero laciato cadere sul
materasso e m'ero immerso in una specie di letargo. Adesso cominciai a
udire uno strano sibilo proprio vicino alle orecchie e m'accorsi che
proveniva da Tigre, il quale ansimava e soffiava in uno stato di grande
eccitazione, mentre gli occhi gli lampeggiavano feroci nella tenebra. Io
gli parlai ed egli mi rispose con un lungo e cupo ringhio e poi rimase
tranquillo. Poco dopo ricaddi di nuovo in coma, dal quale venni destato
in modo simile. Questo si ripeté tre o quattro volte finché, a lungo
andare, il contegno del cane mi ispirò una così viva paura, che mi
destai completamente. Adesso si era steso accanto alla porta della cassa
e ringhiava paurosamente, sebbene non fosse molto forte, e digrignava i
denti come in preda a forti convulsioni. Capii subito che la mancanza
dell'acqua e l'atmosfera fetida della cala l'avevano fatto impazzire, ma
non sapevo quali decisioni avrei dovuto prendere in proposito. Non
potevo sopportare il pensiero di ucciderlo, eppure questa decisione mi
sembrava assolutamente necessaria per la mia personale incolumità.
Riuscivo distintamente a percepire i suoi occhi fissati su me con
un'espressione di mortale odio, e m'aspettavo da un momento all'altro di
vedermelo balzare contro. Infine non ebbi più la forza di tollerare la
mia terribile situazione e decisi, in ogni caso, di allontanarmi dalla
cassa e di sopprimerlo, se la sua opposizione m'avesse obbligato a fare
così. Per uscire dovevo valicare il suo corpo ed egli già pareva aver
previsto le mie intenzioni perché si alzò sulle zampe anteriori (come
m'accorsi dalla mutata posizione degli occhi) e mi mostrò l'intera
chiostra delle bianche zanne, che si potevano discernere facilmente.
[...] Ma al mio primo movimento il cane, con un violento ringhio, già
mi era balzato alla gola. Il peso del suo corpo mi cadde in pieno sulla
spalla destra e mi sbatté violentemente a sinistra, mentre l'animale
infuriato mi oltrepassava con un balzo. Ero caduto in ginocchio, con la
testa sepolta tra le coperte, e queste mi protessero contro un secondo e
furibondo assalto, durante il quale sentii le zanne aguzze stringere
violentemente tra le coperte di lana che m'avvolgevano il collo, ma per
fortuna non riuscirono a trapassarle completamente. Mi trovavo adesso
sotto il cane e in pochi momenti sarei stato completamente alla sua mercé.
La disperazione allora m'infuse vigore: mi alzai arditamente in piedi,
con uno scossone allontanai da me la bestia a viva forza e mi trascinai
dietro le coperte del materasso. Queste adesso gli buttai addosso e,
prima che fosse riuscito a liberarsene io ero già uscito dalla cassa e
avevo chiuso la porta, impedendogli in questo modo di seguirmi."
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da Le Avventure di Arthur Gordon Pym da Nantucket di
E. A Poe
Traduzione di Enzo Giachino, Ed. Newton Compton .
* per la scelta e la trascrizione dei
brani, ringrazio Raffaele :)
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