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GIANNI RODARI
(1920-1980)
Scrittore per l’infanzia, autore di racconti e
filastrocche, notissimo in Italia e all'estero. Nel 1970 ha ricevuto il Premio Andersen. Tra le sue opere:Filastrocche al telefono; Filastrocche in cielo e in
terra; Favole
al telefono; La torta in cielo; Il libro degli
errori; Gelsomino; Grammatica
della fantasia; C'era due volte il barone Lamberto ovvero i misteri dell'isola
di S. Giulio; Il romanzo di Cipollino.
IL PAESE DEI CANI
C'era una volta uno strano piccolo paese.
Era composto in tutto di novantanove casette, e ogni casetta aveva un
giardinetto con un cancelletto, e dietro il cancelletto un cane che abbaiava.
Facciamo un esempio. Fido era il cane della casetta numero uno e ne proteggeva
gelosamente gli abitanti, e per farlo a dovere abbaiava con impegno ogni volta
che vedeva passare qualcuno degli abitanti delle altre novantotto casette, uomo,
donna o bambino. Lo stesso facevano gli altri novantotto cani, e avevano un gran
da fare ad abbaiare di giorno e di notte, perché c'era sempre qualcuno per la
strada.
Facciamo un altro esempio. Il signore che abitava nella casetta numero 99,
rientrando dal lavoro, doveva passare davanti a novantotto casette, dunque a
novantotto cani che gli abbaiavano dietro mostrandogli le fauci e facendogli
capire che avrebbero volentieri affondato le zanne nel fondo dei suoi pantaloni.
Lo stesso capitava agli abitanti delle altre casette, e per la strada c'era
sempre qualcuno spaventato. Figurarsi se capitava un forestiero. Allora i
novantanove cani abbaiavano tutti insieme, le novantanove massaie uscivano a
vedere che succedeva, poi rientravano precipitosamente in casa, sprangavano la
porta, abbassavano in fretta gli avvolgibili e stavano zitte zitte dietro le
finestre a spiare fin che il forestiero non era passato.
A forza di sentir abbaiare i cani gli abitanti di quel paese erano diventati
tutti un po' sordi, e tra loro parlavano pochissimo. Del resto non avevano mai
avuto grandi cose da dire e da ascoltare.
Pian piano, a starsene sempre zitti e immusoniti, disimpararono anche a parlare.
E alla fine capitò che i padroni di casa si misero ad abbaiare come i loro
cani. Loro forse credevano di parlare, ma quando aprivano bocca si udiva una
specie di «bau bau» che faceva venire la pelle d'oca. E così, abbaiavano i
cani, abbaiavano gli uomini e le donne, abbaiavano i bambini mentre giocavano,
le novantanove villette sembravano diventate novantanove canili.
Però erano graziose, avevano tendine pulite dietro i vetri e perfino gerani e
piantine grasse sui balconi.
Una volta capitò da quelle parti Giovannino Perdigiorno, durante uno dei suoi
famosi viaggi. I novantanove cani lo accolsero con un concerto che avrebbe fatto
diventare nervoso un paracarro. Domandò una informazione a una donna ed essa
gli rispose abbaiando. Fece un complimento a un bambino e ne ricevette in cambio
un ululato.
- Ho capito, - concluse Giovannino, è un'epidemia.
Si fece ricevere dal sindaco e gli disse: Io un rimedio sicuro ce l'avrei.
Primo, fate abbattere tutti i cancelletti, tanto i giardini cresceranno
benissimo anche senza inferriate. Secondo, mandate i cani a caccia, si
divertiranno di piú e diventeranno più gentili. Terzo, fate una bella festa da
ballo e dopo il primo valzer imparerete a parlare di nuovo.
Il sindaco gli rispose: - Bau! Bau!
- Ho capito, - disse Giovannino, - il peggior malato è quello che crede di
essere sano.
E se ne andò per i fatti suoi.
Di notte, se sentite abbaiare molti cani insieme in lontananza, può darsi che
siano dei cani cani, ma può anche darsi che siano gli abitanti di quello
strano, piccolo paese.
da “Favole al telefono” di Gianni Rodari – ed. Einaudi
Il povero ane
Se andrete a Firenze
vedrete certamente
quel povero ane di cui
parla la gente.
E' un cane senza testa,
povera bestia.
Davvero non si sa
ad abbaiare come fa.
La testa, si dice,
gliel' hanno mangiata...
(La << C >> per i
fiorentini
è pietanza prelibata.)
Ma lui non si lamenta,
è un caro cucciolone ,
scondinzola e fa festa
a tutte le persone.
Come mangia? Signori
non stiamo ad indagare:
ci sono tante maniere
di tirare a campare.
Vivere senza testa
non è il peggio dei guai:
tanta gente ce l'ha
ma non l'adopera mai.
da "Il libro degli errori" di
Gianni Rodari,
Einaudi Ragazzi 1993
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