CANI & SCRITTORI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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DISCLAIMER  

 

 

FULVIO TOMIZZA 

(1935-1999)

 

Scrittore. Nei suoi romanzi, la rievocazione della tradizione rurale della nativa Istria e la descrizione dell’ambiente borghese triestino.

 

OP: Materada (1960, saga contadina incentrata sul tema dell’esodo), La ragazza di Petrovia (1963), La quinta stagione (1965), Il bosco di acacie (1966), L’albero dei sogni (1969), La miglior vita (1977), Ieri, un secolo fa (racconti, 1984),Gli sposi di via Rossetti (1986), L’ereditiera veneziana (1989).

 

 

Trick, storia di un cane

 

Pubblicato da Mondatori nel 1975 e dedicato dallo scrittore “alla figlia Franca e a quanti amano gli animali”, Trick, storia di un cane sta a metà strada tra il “romanzo per ragazzi” e la “fiaba per adulti”. E’ la storia di due giovani sposi che, non potendo avere figli, acquistano un cucciolo per colmare la loro solitudine. Ma non appena la donna scopre di essere incinta, sembra che per il cane non ci sia più posto. Anni dopo, sarà proprio Aurelio, il bimbo tanto atteso e amato, a scoprire in soffitta il collare di Trick e a volerlo riportare a casa, perché la famiglia sia di nuovo completa. 

 

 

[…] Quel giorno il loro sguardo fu colpito da una nuova presenza: un cucciolo più largo che lungo, il quale, reggendosi appena sulle zampe ma quasi caricato a batteria, era lanciato a rovinose corse a zigzag attraverso l’aia, qua scontrandosi con un pennuto sovrappensiero, là rovesciando un abbeveratoio di plastica, certo di sollevare intorno grande attenzione.

Come si accorse della giovane coppia, non esitò a voler estendere il successo personale anche al di là della trama di fil di ferro, e fu loro vicino, li salutò con una specie di starnuto e, neppure sfiorato dal dubbio circa la nuova conquista, corse a parteciparla al gatto che null’altro domandava in quel momento che di essere lasciato alle proprie macchinazioni. Petulante ma senza insistenza, era già di ritorno, proprio quando un soffio di bora, annunciante la fine della giornata e insieme l’approssimarsi di una stagione meno allegra, si levò dall’erba secca  del sottobosco per spazzare l’asfalto della strada, incunearsi nella rete metallica e investirlo in pieno.

Il cucciolo tombolò, ma come un pugile intollerante al conteggio fu svelto sulle zampe e poi addirittura sollevato da terra a protestare con voce sgraziata e a muovere sbilenco in direzione dei visitatori.

Lei disse: <<Guarda: vola, sta volando?>>

Infatti, trascinato dal vento che gli increspava la lanugine di un biondo sporco, atterrò malamente due buoni metri distante da loro.

La sposa lasciò la presa del marito per raggiungerlo e sporgere un dito oltre la ramata, ma dalla casa rossa era uscito un uomo alto e grosso, vestito di tela cerata, certamente il padrone di quell’allegra e varia compagnia. Il cucciolo volle naturalmente essere il primo a corrergli incontro. Riuscito più per fortuna che per prudenza a scansare la beccata di una gallina nella quale era incastrato, ora non si accontentava di essere in testa agli altri, addirittura ficcato tra i piedi del vecchio che non doveva avere una buona vista, ma pretendeva di avanzare i compagni anche in altezza; a più riprese cercò di arrampicarsi su per le gambe dell’omone finendo regolarmente a terra con guaiti che parevano rinfacciare un’imperdonabile imperfezione nell’anatomia umana.

[…] <<Quanto è affettuoso>> esclamava la donna e lo accarezzava sul pelo fitto e leggero, favorendo il brivido che ci coglie a una nostra frase felice pronunciata in un momento solenne.  […]

<<Compramelo!>> gridò la donna rivolta al marito. Egli rimase senza fiato: ricordava la mal celata avversione di lei per i cani, considerati i diretti rivali dei gatti che al contrario quasi idolatrava, e ricordava soprattutto una recente riunione di condomini, nel corso della quale lui stesso si era schierato dalla parte dei non proprietari di cani contro gli altri vicini, ottime persone anche queste che però consideravano già campagna il loro quartiere un po’ periferico e rischiavano di trasformare le palazzine in altrettanti canili scatenati proprio nelle ore sacre al sonno. Ma ciò che  soprattutto lo irrigidiva, e che forse non avrebbe confessato neppure a se stesso, era la disperata rinuncia alla maternità che l’improvvisa infatuazione accusava.

Come intuendo dove si annidasse l’ostacolo (per lui puntigliosa, vana resistenza a una totale conquista completa), il cucciolo saltò dal braccio della donna a quello del marito e da qui raggiunse la spalla, pago che almeno qualcosa della conformità fisica umana funzionasse a dovere, dal momento che con uno sproporzionato sbadiglio annunciò il proposito di schiacciare un sonnellino.

[…] <<Quand’è così>> rispose il marito non senza impazienza, <<contenta tu contenti tutti.>>

 

 

[…]

 

Furono giorni felici e l’ospite non era più un ospite, ma un componente della famiglia, con una sua sistemazione e un suo piccolo regno fissato peraltro solo sulla carta in quanto per la siesta pomeridiana lui prediligeva il letto matrimoniale, mentre per la notte, anziché seguire l’esempio dei suoi veri compagni stendendosi nella cuccia debitamente riempita di lana sul pergolo, si era da sé formato un giaciglio sotto una vecchia poltrona del salotto, l’unico pezzo pregevole che la giovane coppia, ricordando la somma sborsata dall’antiquario, potesse legittimamente vantare.

La notte lui preferiva ignorare il coro di abbai esplodente dagli altri terrazzini e certamente rivolto alla città che, non decidendosi a spegnere le luci, agiva fortemente sulla permalosità propria alla periferia. Come avesse avuto i natali in una capitale, il cucciolo faceva la sua comparsa all’aperto quando il sole era alto sulle case, e solo allora rispondeva agli appelli dei colleghi immusoniti e con gli occhi gonfi dopo una veglia protratta per protesta ma soprattutto per reciproca sfida a resistere.

E aveva il suo nome, Trick, che ben preludeva al celere dietrofront e al completo irrigidirsi allorché veniva interpellato e più spesso redarguito.  

 

 

 

da “Trick storia di un cane” di Fulvio Tomizza

Bompiani, Milano, 1995

 

 

 

 

        

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