ITALIA OGGI, marzo 2000

 

Cons. Stato, Sez. V, sent. N. 2046 del 6 dicembre 1999

 

Il diritto di accesso dei consiglieri comunali sugli atti delle aziende speciali.

Sussiste la legittimazione alla richiesta di accesso da parte di un consigliere comunale, ai sensi dell'art. 31, comma 5, della legge 142/90 la quale stabilisce che essi possono ottenere dalle aziende tutte le notizie e le informazioni in loro possesso che si rivelino utili all'espletamento del proprio mandato.

L'unico limite oggettivo è quello dell'espletamento del mandato consiliare. Si tratta, a ben vedere, di un ambito molto vasto, soprattutto per la ragione che, ai sensi dell'art. 23, legge n. 142/1990, compete all'ente locale una funzione di vigilanza sull'attività dell'azienda come ente strumentale. In applicazione di detto principio generale, pertanto, il Cds ha ritenuto fondata la domanda di accesso ad un bando di concorso per l'assunzione di personale, di imminente pubblicazione, nei confronti dell'azienda speciale.

In primo luogo i giudici amministratiivi hanno rilevato che il diritto di accesso è esercitabile anche per gli atti di diritto privato. Si è, infatti, riconosciuto che l'attività amministrativa, soggetta all'applicazione dei principi di imparzialità e buon andamento, è configurabile non solo quando l’amministrazione esercita pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando essa persegue le proprie fìnalità istituzionali e provvede alla cura concreta di pubblici interessi mediante un'attività sottoposta alla disciplina dei rapporti tra privati (in questo senso CdS, Ad. plen., 22/4/99, n, 4). Si è precisato, in particolare, che sia la ratio sia il tenore testuale dell'art. 22 della legge 7/8/90, n.241, depongono nel senso attrarre anche la cosiddetta attività di diritto privato nell'attività di amministrazione (in senso proprio) degli interessi della collettività e confermano che non si è introdotta alcuna deroga alla generale operatività dei principi di trasparenza e imparzialità ex art.97 Cost., né si è garantita alcuna "zona franca" per l'attività che viene disciplinata da norme di diritto privato. Il Cds non ha ritenuto fondata la tesi che, al fine di negare l'esercizio del diritto di accesso, argomenta dalle condizioni di autonomia e strumentalità e dalla natura giuridica dell'azienda speciale, destinata ad operare, in condizioni di autonomia, secondo modelli identici a quelli degli imprenditori privati. Ai sensi dell'art. 23 della legge 241/90, "il diritto di accesso di cui all'articolo 22 si esercita nei confronti delle amministrazioni dello stato, ivi compresi le aziende autonome, gli enti pubblici e i concessionari dei pubblici servizi". L’art. 31, comma 5, della legge 142/90, stabilisce, altresì, che "i consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato>,. Inoltre non è stata condivisa, nel caso concreto, l'obiezione secondo cui la richiesta di accesso non sarebbe, assistita da alcuna specificazione circa l'interesse personale del consigliere comunale che l'ha inoltrata e ciò in violazione del principio per cui l'accesso dev'essere strumentale alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e deve ,essere esercitato da chi è portatore di un interesse personale e concreto (v. art. 23 legge 241/90 e 2 dpr 352/92).

La sentenza ha, infatti, ritenuto che la legittimazione del richiedente potesse trarre origine dalla stessa qualifica rivestita e dalla citata previsione di cui all'art. 31, legge 142/90, che riconosce il diritto del consigliere comunale a ottenere tutte le notizie e informazioni utili all'espletamento del mandato. In breve, l'indicazione di un interesse personale e concreto per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti è superflua rispetto a chi eserciti il diritto d'accesso nella veste formale di componente l'organo cui è istituzionalmente rimessa la vigilanza sull'azienda speciale. L'unica condizione, necessaria e sufficiente a fondare la legittimazione del consigliere comunale, è l'esternazione della propria qualifica, da cui discende l'autonoma correlazione alle funzioni e ai limiti del mandato consiliare, insieme alla precisazione degli atti per cui si chiede l'accesso. Né può obiettarsi che per questa via l’ambito di legittimazione del consigliere comunale non viene adeguatamente ritagliato, estendendosi a dismisura, giacché in primo luogo l'estensione di tale sua facoltà è direttamente stabilita dalla legge, con la disposizione di cui al predetto art. 31, e in secondo luogo l’ampliamento a suo favore dei tradizionali confini di esercizio del diritto è una conseguenza necessaria della funzione istituzionale di vigilanza attribuitagli (in senso conforme, v. Cds, sez. V, 7/5/96, n. 528 secondo cui la funzione, in virtù della quale il consigliere comunale ha diritto di prendere visione dei provvedimenti e dei relativi atti preparatori del comune, consiste nel controllo sull'amministrazione dell’ente da parte dei componenti del consiglio comunale, organo politico-amministrativo dell'ente stesso, di talché il consigliere, che eserciti tale diritto, non è tenuto a specificare i motivi della richiesta, né gli organi burocratici dell'ente hanno titolo per richiederli, perché, in caso contrario, questi ultimi sarebbero arbitri di stabilire l'estensione del controllo sul loro operato; analogamente, Cds, sez. V, 8/9/94, n.876, secondo cui il diritto del consigliere comunale di ottenere tutte le notizie e le informazioni in possesso degli uffici comunali, fornisce una veste particolarmente qualificata all'interesse all'accesso del titolare di tale "munus" pubblico.

a cura di Ugo Di Benedetto