Da L’Amministrazione Italiana – n° 2/2000 – Empoli – Ed. Barbieri e Noccioli

ASTERISCHI – di Nicolò Alì – Prefetto della Repubblica a.r.

 

NEL COMPARTO DEGLI ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI PERSONALE PROMOSSO IN

MASSA PER CONTRATTO.

Esisteva una volta nel nostro felice Paese una Carta costituzionale che stabiliva alcuni principi fondamentali in materia di pubblica amministrazione e di accesso ai pubblici impieghi. Si legge nell'art. 51 della Costituzione che tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici in condizioni di eguaglianza secondo i requisiti stabiliti dalla legge; e ancora, nell'art. 97, che i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione; e nello stesso art. 97 infine che agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge. Ho scritto esisteva perché tali principi, che pur erano stati posti a base della riforma del pubblico impiego introdotta col D.L.vo 3-2-1993, n. 29, nella rivoluzionaria legislazione intervenuta sulla materia, sia nel 1993 che negli anni successivi, in particolare nella controriforma degli anni 1997 e 1998, vengono richiamati a titolo puramente declamatorio, ma col preciso proposito di disattenderli in sede di attuazione, come infatti è puntualmente avvenuto.

Il D.L.vo 29/1993, nell'affermare che le disposizioni ivi contenute costituiscono principi fondamentali, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, precisa come segue le finalità della riforma: .

- accrescere l'efficienza delle amministrazioni in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi dei Paesi della Comunità Europea, anche mediante il coordinato sviluppo di sistemi informativi pubblici;

- nazionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica;

- integrare gradualmente la disciplina del lavoro pubblico con quella del lavoro privato.

Per perseguire le enunciate finalità, la legge stabilisce:

- gli organi di governo definiscono gli obiettivi ed i programmi da attuare e verificano la rispondenza dei risultati di gestione alle direttive impartite. Ai dirigenti spettano la gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa ed i connessi poteri autonomi di spesa, di organizzazione delle risorse umane e strumentali nonché di controllo; essi sono responsabili della gestione e dei risultati;

In ordine al reclutamento del personale, il D.L.vo 29/1993 (art. 36) stabiliva che l'assunzione nelle pubbliche amministrazioni - salvo che per le qualifiche minori - mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento - e per gli appartenenti alle categorie protette - per chiamata numerica degli iscritti nelle apposite liste, avviene per concorso pubblico per esami, per titoli ed esami, per corso-concorso o per selezione mediante lo svolgimento di prove dirette all'accertamento della professionalità richiesta.

Per quanto riguarda la materia relativa al rapporto di lavoro la legge prevede la contrattazione collettiva su due livelli, nazionale e decentrata, la prima da stipulare fra l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni - ARAN - e le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative, e la seconda, finalizzata a contemperare esigenze organizzativi, tutela dei dipendenti e interesse degli utenti, da stipulare, nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, fra una delegazione, composta dal rappresentante dell'amministrazione e dai titolari degli uffici, e la rappresentanza sindacale composta secondo modalità definite dalla contrattazione collettiva. Il comitato direttivo dell'ARAN è costituito da cinque componenti nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei 'ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Uno di essi è designato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e un altro dall'Associazione nazionale dei comuni d'Italia.

Il D.L.vo 29/1993 è stato radicalmente modificato con il D.L.vo 31-31998, n. 80 e ulteriormente modificato con il D.L.vo 29-10-1998, n. 387. Per la parte che qui interessa, mi soffermerò sulle disposizioni normative e contrattuali concernenti il reclutamento del personale, la contrattazione collettiva e la progressione giuridica ed economica, con particolare riferimento all'attuazione che ne hanno dato gli enti pubblici non economici.

Sul reclutamento del personale va subito precisato che il D.L.vo 80/1998 ha letteralmente cancellato la norma del D.L.vo 29/1993 che, conformemente al principio affermato nella Costituzione, prevedeva, come regola generale, per l'accesso agli impieghi, il concorso pubblico nelle sue varie modalità: per esami, per titoli, per titoli ed esami, per corso-concorso e anche per selezione, mediante lo svolgimento di prove volte all'accertamento della professionalità richiesta.

Nulla di tutto questo. Di concorsi pubblici nemmeno a parlarne, fanno parte di un sistema ormai tramontato e definitivamente sconfitto dal nuovo che impetuosamente avanza e tutto travolge. Si ha un bel dire che la norma cancellata costituiva "principio fondamentale". Anche i principi fondamentali possono perdere il diritto di cittadinanza in un ordinamento soggetto a continue riforme e controriforme, prive spesso anche di un criterio logico oltre che di buon senso. La nuova norma sul reclutamento prevede, infatti, che l'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro, tramite procedure selettive volte all'accertamento della professionalità richiesta, "che garantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno". Se le parole hanno un significato, è chiaro che, con buona pace della Costituzione, la regola generale del concorso pubblico viene capovolta, riservando, in linea principale, la selezione al personale in servizio e limitando l'accesso dall'esterno ad una imprecisata percentuale di posti, da determinarsi discrezionalmente dalle singole amministrazioni, chiamate a valutarne "l'adeguatezza" a proprio insindacabile giudizio Gli effetti di un tale principio rivoluzionario non hanno tardato a manifestarsi. La "misura adeguata" dei posti da riservare all'accesso dall'esterno si rinviene proprio nei contratti collettivi già stipulati. Si prevede infatti che i posti vacanti sono assegnati attraverso prove selettive riservate al personale in servizio, all'accesso dall'esterno saranno destinati i posti di risulta dopo le selezioni per linee interne.

Per colmo d'ironia la stessa norma stabilisce che le procedure di reclutamento dovranno osservare, fra gli altri, i seguenti princìpi: - adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l'imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, se del caso, all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione; - adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire. Atteso che, come si è visto e come meglio si vedrà in seguito, l'accesso dall'esterno è pressoché irrealizzabile per qualifiche superiori a quella iniziale, è di tutta evidenza che i solenni rigorosi principi sopra enunciati potranno trovare applicazione soltanto per l'accesso ai posti di risulta dopo le selezioni interne nonché a quelli dell'ultima posizione dell'area A.

In ordine alla contrattazione collettiva, le relative procedure prevedono:

- Gli atti di indirizzo, predisposti dai comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale, sono sottoposti al Governo che, "non oltre dieci giorni", può esprimere le sue valutazioni per quanto attiene agli aspetti riguardanti la compatibilità con le linee di politica economica e finanziaria nazionale. Vi è da rimanere allibiti! Su una contrattazione collettiva che riguarda tutto il personale della pubblica amministrazione centrale e periferica, territoriale e istituzionale e che avrà sicuramente imponenti riflessi sull'andamento della finanza pubblica e dello stesso sistema economico, il Governo può anche esimersi dall'esprimere le proprie valutazioni; qualora invece volesse pronunziarsi, potrà farlo, ma entro il termine perentorio di dieci giorni, a pena di decadenza. Lo stupore poi aumenta se si considera che il Governo, che pure è stato il promotore di tutti questi decreti legislativi, ha ritenuto la materia di così scarso interesse, da non richiedere una sua indispensabile preventiva valutazione, e comunque di importanza insignificante, se ha considerato sufficiente il termine perentorio di dieci giorni per un eventuale esame e conseguente pronunzia.

- L’ARAN che conduce le trattative con le organizzazioni sindacali, acquisito sul testo contrattuale il parere favorevole del comitato di settore, trasmette alla Corte dei conti i dati relativi alla quantificazione dei costi contrattuali, ai fini della certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio. In questa sede si verifica un fatto ancora più straordinario: la Corte dei conti, che sull'ipotesi di accordo può acquisire le valutazioni di apposito comitato di esperti nominato dalla Presidenza del consiglio, deve pronunziarsi entro il termine perentorio di quindici giorni dalla data di ricevimento degli atti. L’inutile decorso del "lunghissimo" termine assegnato equivale a pronuncia positiva sulla richiesta certificazione.

Un caso clamoroso di silenzio-assenso che produce un effetto strabiliante sull'ulteriore corso del procedimento: il presidente dell'ARAN, acquisita l'autorevole "silenziosa" pronunzia della Corte dei conti, sottoscrive definitivamente il contratto collettivo. Ecco un modo nuovo di governare nel "pieno rispetto" dei princìpi sulla trasparenza e sul buon andamento della pubblica amministrazione! La legge prevede invero che la Corte dei conti si possa pronunziare negativamente in ordine alla certificazione. In tale ipotesi l'ARAN, sentito il comitato di settore o, a sua discrezione, il Presidente del Consiglio dei ministri - che verrebbe così ad assumere l'altissima funzione di organo "eventuale' di consulenza dell'ARAN, allo stesso livello del comitato di settore - assume le iniziative necessarie per adeguare i costi contrattuali ai fini del conseguimento della certificazione, ovvero, qualora non lo ritenga possibile, convoca le organizzazioni sindacali per riaprire le trattative. La procedura di certificazione deve comunque concludersi entro quaranta giorni dalla data di presentazione dell'ipotesi di accordo. Decorso tale termine il presidente dell'ARAN ha mandato di sottoscrivere definitivamente il contratto collettivo.

Le pronunzie e le relazioni della Corte dei conti, sia in sede di procedimento della contrattazione sia in sede di verifiche periodiche sull'andamento della spesa per il personale delle pubbliche amministrazioni, rimarranno prive di qualsiasi effetto e, al pari di tante altre elaborate e dotte relazioni della stessa Corte, andranno a trovare inutile collocazione negli archivi parlamentari.

Nell'incomprensibile bailamme di tutte le scombinate procedure di cui sopra, restano misteriose le ragioni per le quali il Governo, che ha promosso questa serie di decreti legislativi, ha ritenuto di concedere deleghe pressoché illimitate all'ARAN ed alle organizzazioni sindacali ad assumere, in una materia così complessa e delicata, decisioni di particolare rilievo aventi riflessi sulla finanza pubblica e sulla stessa economia del Paese, riservando a sè ed alla Corte dei conti ruoli assolutamente marginali. Ma le stranezze non finiscono qui. La legge prevede, in aggiunta alla contrattazione collettiva nazionale, la contrattazione integrativa decentrata, a livello delle singole amministrazioni, che deve però avvenire nel rispetto dell'autonomia dei singoli enti, nell'ambito dei rispettivi bilanci annuali e poliennali, entro il quadro di riferimento dei contratti collettivi nazionali e nell'osservanza delle prescrizioni vincolanti ivi contenute.

Indubbiamente i propositi sono lodevoli e le prescrizioni puntuali. Peccato che non siano indicati con altrettanta precisione e puntualità i mezzi finanziari occorrenti per far fronte alla contrattazione integrativa. Per esemplificare citerò le fonti possibili di finanziamento che il contratto nazionale stipulato il 31 marzo 1999 per il comparto regioni e autonomie locali indica per la contrattazione integrativa: fondi ex art. 31 del contratto 1995, compresi i risparmi di gestione; fondi raccolti con eventuali contratti di sponsorizzazione, economie derivanti dalla trasformazione dei rapporti di lavoro da tempo pieno a tempo parziale; insieme delle risorse destinate per il 1998 al livello economico differenziato; risparmi derivanti dall'applicazione della disciplina dei contratti individuali; somme destinate alle indennità ex ottavo livello; incremento del monte salari del 1997; risorse destinate all'incentivazione di specifiche categorie; somme relative al personale trasferito in seguito ai processi di decentramento, eventuali risparmi derivanti dall'applicazione della disciplina dello straordinario.

Come è facile constatare i mezzi indicati per finanziare la contrattazione integrativa sono in gran parte virtuali, improbabili o semplicemente sperati (come quelli provenienti dalle sponsorizzazioni). Tuttavia a questa contrattazione integrativa, per evidenti motivi, non si potrà rinunziare, pena lo sconquasso istituzionale, sicché il finanziamento mancante sarà assicurato mediante i consueti artifici contabili sui bilanci e con il trasferimento dei maggiori oneri a carico della collettività. La verità è che il legislatore ha ritenuto di estendere al settore pubblico istituti propri del settore privato, confidando nei comportamenti virtuosi degli amministratori, ma omettendo di considerare che amministratori pubblici e privati operano in contesti completamente diversi. L’azienda privata attua la contrattazione integrativa in rapporto all'andamento della produzione, ai risultati di gestione ed agli utili conseguiti, in rapporto cioè ad elementi certi e quantificabili. La situazione è invece diversa nel settore pubblico perché sul versante delle entrate, non esiste alcuna certezza di realizzare i proventi occorrenti per far fronte alla contrattazione integrativa. Va rilevato inoltre che i costi della contrattazione integrativa, mentre per l'azienda privata fanno carico alla stessa e che, se mal calcolati, danneggiano soltanto l'impresa, nel settore pubblico invece gli stessi costi, se vengono meno in tutto o in parte le corrispondenti entrate, ricadono totalmente o parzialmente sulla collettività.

Questo è il quadro normativo di riferimento per i procedimenti in corso o già definiti per la contrattazione collettiva nei diversi comparti del personale del pubblico impiego. Per grandi linee la nuova disciplina, che, come solennemente dichiarato, tende a perseguire il miglioramento della funzionalità degli uffici, l'efficienza dell'azione amministrativa e la valorizzazione della professionalità dei dipendenti, prevede un sistema di classificazione del personale su tre aree, denominate A, B e C per il personale statale e per quello degli enti pubblici non economici e su quattro aree, denominate A, B, C e D per il personale del comparto regioni ed autonomie locali. Le precedenti qualifiche professionali vengono inserite nelle suddette aree sulla base delle mansioni previste per ciascuna posizione professionale, muovendo dall'area A per le qualifiche minori. Per ciascuna area sono indicati i profili e le mansioni dei dipendenti che vi possono essere inquadrati. All'individuazione di nuovi profili o ad una diversa denominazione o ricollocazione nelle aree di quelli esistenti provvedono le singole amministrazioni in sede di contrattazione integrativa.

Il nuovo sistema di classificazione e di inquadramento del personale, si è enfaticamente proclamato, è più coerente e più funzionale rispetto agli obiettivi di ammodernamento che la riforma persegue. Con tutto il rispetto, non si vede francamente quali vantaggi alla funzionalità ed all'efficienza della pubblica amministrazione possano apportare numerose norme, contenute nei contratti, di stampo palesemente corporativo, dirette soltanto a procurare più o meno rilevanti benefici economici e di carriera ai dipendenti. Si è proprio certi che la riclassificazione delle precedenti otto o nove qualifiche nelle tre o quattro aree, con una diversificazione, all'interno delle stesse, delle singole posizioni, distribuite in qualche comparto in venti livelli retributivi, apporti reali miglioramenti in termini di buon andamento della pubblica amministrazione? E’ lecito dubitarne.

In questo arruffato contesto in cui alle tante buone intenzioni dichiarate fanno riscontro purtroppo comportamenti men che virtuosi, spiccano e fanno quasi gridare allo scandalo le norme che prevedono di fatto la riserva in esclusiva dei posti vacanti al personale già in servizio, al quale viene garantito la progressione giuridica ed economica, orizzontale nell'ambito delle aree e verticale da un'area all'altra. Le previste prove selettive, per verificare attitudini e capacità professionale degli aspiranti, al di là dei roboanti proclami sul rigore delle selezioni, confermeranno, come si vedrà di qui a poco,, che i partecipanti a tali concorsi interni sono tutti pienamente idonei a ricoprire i posti ai quali aspirano, sicché per l'accesso dall'esterno, in assenza di ogni prescrizione di legge circa la percentuale di posti da riservare, saranno disponibili soltanto i posti di risulta, che naturalmente le singole amministrazioni si affretteranno a dichiarare adeguati. 1 tanti giovani che, in possesso dei titoli e dei requisiti prescritti, aspirano a trovare confacente occupazione nel settore del pubblico impiego, si rassegnino, per loro le porte della pubblica amministrazione restano sprangate.

Una riforma così rivoluzionaria e al tempo stesso così dispensatrice di generosi benefici agli appartenenti alla casta privilegiata, si applica, come si è detto anche agli enti pubblici non economici come l'INPS, l'INAIL, l'INPDAP. Il nuovo contratto di detti enti prevede tre aree nelle quali vengono raggruppate le nove qualifiche professionali preesistenti. All'interno di ciascuna area sono previsti la progressione economica nella posizione ed il passaggio da una posizione all'altra. E’ consentito partecipare alle prove selettive per il passaggio dall'area di appartenenza a quella superiore, anche in deroga al possesso del titolo di studio prescritto per l'accesso a detta area. Qualora le procedure interne per il passaggio all'area superiore abbiano avuto esito negativo o se manchino del tutto all'interno le professionalità da selezionare, gli enti potranno indire concorsi pubblici per il conferimento dei posti rimasti vacanti. Vale a dire, soddisfatti gli interessi degli appartenenti alla corporazione, gli avanzi, se mai vi saranno, sono lasciati alla collettività.

In men che non si dica, la riforma ha avuto effetto, e che effetto! Le cronache dei primi giorni del nuovo millennio riportano la notizia che l'INPDAP, l'istituto previdenziale del pubblico impiego, ha applicato il contratto con una sua formula originale. Tutti promossi! "Tutti generali", scrive il prof. Sabino Cassese sul Corriere della Sera. E’ successo semplicemente questo.

L’INPDAP, il cui organico risulta di 6288 unità, in sede di applicazione del contratto nazionale, ha ritenuto di riservare al personale interno, nelle aree B e C, attraverso le prescritte prove selettive, un numero di posti addirittura superiore a quello delle unità in servizio. I concorsi interni infatti riguardano 2207 posti di due posizioni dell'area B e 4096 posti ripartiti fra le tredici posizioni dell'area C, per un totale di 6303 posti, quindici in più rispetto alla dotazione organica. E’ evidente che i conti non tornano, almeno secondo i dati resi noti dalla stampa, non smentiti o rettificati dall'amministrazione che pure è stata chiamata in causa da più parti. L’unica certezza, in assenza di smentite, è che nell'ambito dell'INPDAP il contratto, come applicato dall'amministrazione, secondo una propria originale interpretazione pro domo sua, ha prodotto la promozione in massa di tutti i dipendenti. A ciascuno è stato garantito almeno un gallone in più, ad alcuni, più fortunati, anche più di uno. Un'altra inspiegabile stranezza emerge da questa prova esemplare di buona amministrazione. Se è vero che i posti di organico sono 6288, che i concorsi interni per le aree B e C hanno riguardato 6303 posti e che tutti i dipendenti in servizio sono stati promossi, se ne deve dedurre che presso l'INPDAP nell'area A, cioè quella delle qualifiche iniziali, non esistono più posti disponibili, essendo l'intero organico coperto da posti delle due aree superiori. In termini più brutali la carriera inizia da ufficiale, mancano non solo la truppa ma anche i sergenti ed i marescialli. Il contratto è servito!

La vicenda, per certi versi allucinante, non poteva, naturalmente, non provocare grande scalpore ed i soliti inutili interventi paludati degli addetti ai lavori, diretti principalmente o a difendere il proprio operato, oppure ad allontanare da sè ed a riversare sugli altri la responsabilità di quanto accaduto. Per avere uno spaccato della situazione e per conoscere il ruolo e la statura dei protagonisti, merita riportare in sintesi le rispettive dichiarazioni, riportate dalla stampa.

Il presidente dell'INPDAP ha dichiarato, con assoluta convinzione, che il provvedimento adottato dall'Istituto è perfettamente in linea con le norme del contratto nazionale. I passaggi di qualifica sono frutto dell'applicazione rigorosa di detto contratto. Il costo dell'operazione, se si fosse trattato di promozioni generalizzate, sarebbe stato ben diverso e non contenuto in meno di due miliardi, su una spesa totale del personale che ammonta a 650 miliardi.

L’ARAN da parte sua, chiamata in causa, ha declinato ogni responsabilità ed ha osservato che la legge di riforma e i contratti tendono ad incentivare la riqualificazione professionale del personale degli enti pubblici, ma che né la legge né i contratti prevedono promozioni automatiche ed indiscriminate. Prevedono, invece, criteri selettivi per il riconoscimento delle professionalità acquisite all'interno dell'ente e garantiscono che un'adeguata quota dei posti disponibili siano riservati all'accesso dall'esterno, mediante concorsi pubblici. Il presidente dell'ARAN, ha dichiarato al riguardo: "Le amministrazioni hanno voluto .l'autonomia? E allora che la esercitino. Esiste piuttosto un problema di coordinamento: nei prossimi giorni manderò una lettera ai presidenti degli enti del parastato perché, prima di procedere alle promozioni interne per corso-concorso, stabiliscano i contingenti entro i quali dovranno poi procedere alle scelte. Bisogna vigilare inoltre affinché i vincoli di bilancio vadano assolutamente rispettati".

Il Dipartimento della Funzione pubblica è intervenuto per affermare: "Le scelte degli enti rispondono a precise garanzie e non a obblighi imposti dal contratto, il quale si limita a fissare una cornice di riferimento entro la quale è possibile un ventaglio di ipotesi, applicabili nel rispetto di precisi vincoli e limiti. Il controllo della spesa è obbligo irrinunciabile".

Il segretario confederale della UIL ha affermato che le polemiche sono ingiustificate. "Non si può chiedere maggiore professionalità e impegno ai dipendenti pubblici e poi, ogni volta che ciò viene riconosciuto, gridare allo scandalo".

Il segretario della CGIL, premesso che si tratta di una campagna mirata all'abolizione del secondo livello di contrattazione, cioè della contrattazione integrativa, ha dichiarato: "Delle 6300 fantomatiche promozioni, circa quattromila sono una partita di giro contabile e 450 sono atti dovuti. L’ipotesi massima di spesa è di circa due miliardi".

Le sconcertanti dichiarazioni soprariportate, finalizzate principalmente all'esercizio dello scaricabarile, tanto in voga nel nostro Paese. suggeriscono alcune preoccupate riflessioni.

Il presidente dell'INPDAP difende con decisione il proprio operato, che ritiene perfettamente in linea con le norme contrattuali, ma non spiega se, per addivenire all'inquadramento con promozione della totalità dei dipendenti, siano state osservate le procedure di selezione stabilite dallo stesso contratto. Sembra proprio di no, se si considera che tali procedure, che prevedono corsi-concorsi e percorsi di qualificazione e di aggiornamento professionale seguiti da esami finali, richiedono tempi lunghi, mentre l'attuazione della normativa contrattuale ha avuto inizio il 19 novembre 1999 e si è rapidamente conclusa prima della fine dell'anno. Si rileva inoltre che il numero "adeguato" dei posti da rendere disponibili per l'accesso dall'esterno è uguale a zero. Altra ragione che, secondo l'amministrazione, ha giustificato l'operazione è che i relativi costi non hanno superato la cifra di due miliardi, somma insignificante rispetto alla spesa totale del personale che ammonta a 650 miliardi. In altri termini, se i costi sono contenuti, qualsiasi maggiore spesa, indipendentemente dall'osservanza della legge, diviene legittima. L’indicazione circa la modestia dei maggiori oneri, unita all'altra sulla celerità delle procedure, può far sorgere il dubbio che nella prima fase sia stato attuato il semplice inquadramento e che si dovrà ancora procedere alle prove selettive per il passaggio da un'area all'altra. Se così fosse, sono all'orizzonte altre promozioni in massa, i cui maggiori costi si quantificheranno alla fine.

La precisazione dell'ente fornisce poi un dato molto interessante. Se il personale in servizio è di 6288 unità e la spesa complessiva è di 650 miliardi, il costo annuo medio per dipendente, se ho saputo fare i conti, è di circa cento milioni, un trattamento di tutto riguardo, addirittura privilegiato rispetto al costo medio del personale pubblico, della cui previdenza si occupa il personale dell'INPDAP, e comunque suscettibile di ulteriore miglioramento Così va il mondo!

Il presidente dell'ARAN parla per proclami: "Hanno voluto l'autonomia? La esercitino. Per quanto di sua competenza, annuncia interventi drastici: scriverà una lettera per richiamare gli enti all'osservanza della legge. Purtroppo quando la sua lettera giungerà a destinazione, i provvedimenti relativi alle promozioni in massa saranno stati già attuati. Vale domandarsi se il suo compito si esaurisca con l'invio di una missiva che lascia il tempo che trova o preveda interventi più incisivi, ad esempio in ordine al rispetto dei vincoli di bilancio, e se intenda farvi ricorso.

Il Dipartimento della funzione pubblica, da parte sua, si limita a ricordare i contenuti della normativa e, in particolare, il controllo della spesa, ma ammette che, nell'ambito del contratto, nel rispetto dei vincoli previsti, esistano diverse ipotesi di soluzione, percorribili dagli enti nell'esercizio dell'autonomia loro riconosciuta. Non si pronuncia invece sulla situazione che si è determinata e che è stata denunciata da più parti, né su interventi governativi per garantire che siano eliminate eventuali irregolarità nelle operazioni di inquadramento del personale.

Le organizzazioni sindacali, sempre fedeli al proprio mandato, difendono a spada tratta, com'è naturale, ogni provvedimento che, indipendentemente dalla sua legittimità, apporti benefici a favore del personale appartenente alle categorie che rappresentano.

Per completezza occorre accennare anche alle iniziative assunte in materia, per quel che se ne sa, dagli altri due enti pubblici non economici - INAIL e INPS - che hanno dimensioni ed importanza ben maggiori rispetto all'INPDAP.

L’INAIL, che ha già applicato sia il contratto nazionale che quello integrativo, è rimasto fuori dall'acceso dibattito apertosi dopo i provvedimenti assunti dall'INPDAP e si è limitato a fornire alcune precisazioni:

- nell'INAIL non si è verificata alcuna promozione di massa, ma solo l’applicazione di un contratto che incentiva la riqualificazione del personale;

- le procedure previste dal contratto hanno riguardato 8811 dipendenti sugli oltre 11000 previsti in organico; di questi: 3000 hanno ottenuto il riconoscimento formale delle mansioni svolte, dopo il superamento di prove selettive, 1354 sono stati riconosciuti idonei all'inquadramento nella posizione C-4 (ex nono livello) riservata esclusivamente al personale interno e 418 potranno partecipare alle selezioni previste per razionalizzare le rispettive posizioni funzionali;

- i provvedimenti adottati rispondono all'applicazione del contratto che prevede l'inquadramento del personale nelle posizioni previste dal nuovo ordinamento, sulla base di percorsi formativi e prove selettive.

Non si hanno altre notizie e non sono stati forniti elementi sui maggiori oneri e sulle compatibilità col bilancio. Mancano interventi degli organi deputati, ma si ritiene di poter escludere che il personale dell'ente abbia ottenuto riconoscimenti minori di quelli concessi dall'INPDAP.

L’INPS, che è l'ente di maggiori dimensioni con i suoi 30.000 dipendenti, è rimasto finora silenzioso. Sembra che siano in corso, mentre scrivo, le procedure per l'applicazione dei due contratti, nazionale ed integrativo. Anche l'INPS, si deve presumere, non sarà da meno e concederà al proprio personale tutti i benefici ottenuti dai dipendenti degli altri due enti.

Al termine di questo non breve discorso si deve ammettere che, tutto sommato, gli atteggiamenti e le prese di posizione dei responsabili dei diversi organismi che, a vario titolo, sono chiamati alla realizzazione del singolare progetto, non sono privi di una loro coerenza. I difetti principali del sistema sono purtroppo contenuti in parte nella legge e in parte nel contratto. La legge che non solo non tiene conto del pesante scotto da pagare con la riduzione dei nove livelli preesistenti alle tre nuove aree funzionali, ma prevede anche le promozioni per linee interne, senza prescrivere la percentuale dei posti da riservare all'accesso dall'esterno, domandando alle singole amministrazioni di stabilirne "l'adeguata misura". Il contratto che, nel sancire il principio che alle prove selettive per le promozioni riservate al personale interno si può partecipare anche in deroga ai prescritti titoli di studio, stabilisce che ai concorsi pubblici si può fare ricorso soltanto se le procedure per i passaggi interni hanno avuto esito negativo o se mancano del tutto all'interno professionalità da selezionare.

Per concludere non resta che chiedersi perplessi se in Italia esistano ancora un legislatore che sappia produrre leggi coerenti e conformi all'ordinamento ed una qualche autorità che abbia il compito, la capacità e la volontà di farle rispettare.