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DIRITTO E FISCO

10 Gennaio 2001

Un'ordinanza del Tar della Lombardia potrebbe rimettere in discussione le procedure delle gare

Appalti,.nessun affanno per le ditte

Non sono perentori i dieci giorni per produrre i documenti

DI LUIGI OLIVERI

o nella lettera d'invito.

Non è da considerare perentorio il termine di dieci giorni a disposizione delle ditte appaltatrici, estratte a sorte dalle amministrazioni appaltanti, per la presentazione della documentazione a comprova del possesso dei requisiti per poter eseguire le opere pubbliche. Lo ha stabilito la terza sezione del Tar Lombardia, con l'ordinanza 23 novembre 2000, n. 3841 (pubblicata dalla rivista Giust.it in www.giust.it). L'atto potrebbe avere effetti deflagranti nelle procedure di gara d'appalto, se sarà confermato anche dal giudice nel merito. Come è noto la verifica a campione della capacità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria delle imprese appaltatrici è prevista dall'articolo 10, comma l-quater, della legge 109/1990. Secondo tale articolo,infatti, le amministrazioni appaltanti richiedono ad almeno il10% delle ditte offerenti, da estrarre a sorte, di comprovare il possesso dei requisiti entro dieci giorni dal ricevimento della richiesta, presentando i documenti indicati nel bando di gara o nella lettera d’invito. Si tratta di una fase molto delicata della gara d'appalto, resa ancor più fondamentale dal fatto che la verifica della documentazione è necessaria ai fini della qualificazione delle imprese nel sistema transitorio, previsto dagli articoli 29 e seguenti del dpr 34/2000, nelle more dell’attivazione a regime della qualificazione tramite le Soa, che manderà sostanzialmente in soffitta la verifica a campione. Il termine di dieci giorni previsto dall'articolo 10, comma 1 quater, in effetti, non è espressamente qualificato né ordinatorio né perentorio dalla legge 109/1994. Sulla base di questa mancata definizione un'impresa appaltatrice ha esperito un ricorso avverso l'ente appaltante, eccependo l’illegittimità della sua esclusione dalla gara dovuta al solo superamento del termine, visto che era riuscita a dimostrare, con la documentazione prodotta, di essere in possesso dei requisiti necessari per eseguire i lavori. L'ordinanza del Tar Milano, adito dalla ditta, ha sostanzialmente accolto i suoi rilievi, considerando il dato letterale dell’articolo 10, comma l-quater, passibile di più interpretazioni diverse tra loro. Il Tar ha pertanto applicato un consolidato indirizzo giurisprudenziale che ritiene, in presenza di norme equivoche, di applicare quella più favorevole al

la partecipazione delle ditte alle gare. I giudici milanesi, infatti, hanno considerato tra le letture possibili della norma preferibile quella che non faccia scaturire automaticamente l'applicazione delle sanzioni previste dalla norma alla semplice inosservanza del termine di dieci giorni, con ciò considerando, implicitamente, il termine ordinatorio.

In effetti, la verifica a campione si è rivelata piuttosto onerosa e difficile per le imprese, le quali, se estratte a sorte, sono obbligate in breve tempo ad acquisire e trasmettere all'ente appaltante una quantità notevole di documenti; basti pensare ai bilanci o alle dichiarazioni dei redditi, ai prospetti del costo del personale distinto per qualifica, alle certificazioni sulla regolare esecuzione dei lavori.

Le sanzioni, d'altra parte, per la mancata produzione della prova del possesso dei requisiti previsti dalla legge sono piuttosto pesanti: l’ente appaltante, infatti, acquisisce la cauzione provvisoria, segnalando il fatto all'Autorità garante per i lavori pubblici perché questa applichi i provvedimenti di sua competenza, consistenti nella sanzione amministrativa fino a 50 milioni (che possono giungere fino a 100 nel caso di dichiarazioni false) nonché la sospensione da tre a sei mesi dell'appaltatore dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti pubblici.

L'applicazione delle sanzioni deve evidentemente essere applicata con ogni prudenza. Tuttavia, ritenere, come nell'ordinanza del Tar Milano, che il termine di dieci giorni sia solo ordinatorio appare eccessivamente garantista. I termini sono definiti ordinatori quando a essi non si accompagnino conseguenze sul procedimento; sono considerati perentori, invece, quando al loro inutile decorso consegua una sanzione, generalmente consistente nella decadenza da un beneficio. A ben guardare, l'articolo 10, comma l-quater, riconnette una serie di sanzioni alla mancata possibilità dell'appaltatore di comprovare il possesso dei requisiti. È’ pur vero che le sanzioni scattano esplicitamente quando la prova non sia fornita, ovvero quando la documentazione non sia veritiera o regolare o completa. Ma se la norma impone l'onere di trasmettere le prove entro un certo termine, il suo inutile decorso mira a rendere inammissibile la documentazione trasmessa, sicché la prova dovrebbe essere considerata come non fornita.

D'altra parte, se il termine di dieci giorni fosse qualificato ordinatorio, le procedure di gara, che proprio per effetto della procedura di qualificazione delle imprese e della verifica a campione sono prolungate almeno di un terzo, rischiano di prorogarsi sine die: ogni appaltatore, infatti, adducendo difficoltà a ottenere nei termini la documentazione necessaria, potrebbe rivendicare il diritto a una proroga del termine, senza incorrere in sanzioni.