ITALIA OGGI Venerdì 12 Gennaio 2001

DIRITTO E IMPRESA

Lo chiarisce l'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici rispondendo ai quesiti provenienti dalla p. a.

Appalti modifiche a raggio ridotto

Sono da considerare varianti solo i cambiamenti accessori

DI ANDREA MASCOLINI

Si considerano varianti soltanto quelle che abbiano carattere accessorio rispetto all'opera progettata, altrimenti si è in presenza di un nuovo lavoro e occorre indire una nuova gara.

È questo uno dei principali chiarimenti forniti dall'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici con la prima determinazione del 2001 datata 11 gennaio dedicata ai "profili interpretativi in materia di varianti- articolo 25 della legge quadro sui lavori pubblici e art. 134 del regolamento di attuazione".

L'intervento dell'organismo di vigilanza si è reso necessario a causa degli innumerevoli quesiti giunti da molte amministrazioni, cui l'Autorità ha risposto con una unica determinazione visto che attenevano all'interpretazione di due sole norme.

Le due norme in questione sono, appunto, l'articolo 25 della legge Merloni e l'articolo 134 del Regolamento generale della stessa legge (dpr 554/99).

Al di là delle fattispecie concrete prese in esame dall'Autorità, quel che sembra di maggiore interesse è l'inquadramento generale della materia e la rivisitazione in chiave interpretativa delle due disposizioni che riguardano una materia tradizionalmente delicata sotto diversi profili.

Il primo chiarimento di rilievo riguarda la natura e la nozione di "variante" relativamente ad alcuni quesiti che chiedevano all'organismo di vigilanza se determinati lavori potevano o meno essere considerati varianti.

L'Autorità a tale proposito precisa che "non ogni modificazione può ritenersi espressione della naturale esecuzione dell'appalto.." e che il punto di riferimento per questa valutazione è sempre il progetto che non deve risultare snaturato dalle modifiche richieste.

Pertanto "se le parti realizzano un'opera totalmente diversa la disciplina del rapporto non può più essere individuata nel primitivo contratto di appalto, bensì in un successivo negozio giuridico".

In sostanza si vuol dire che se la variante ha un carattere accessorio rispetto all'opera progettata è ammessa e legittima, ma se tale carattere di accessorietà non è presente si è in presenza di un nuovo contratto e non di una variante.

Venendo quindi ai casi specifici previsti dall'articolo 25 della legge Merloni l'Autorità afferma che "per esigenze derivanti da sopravvenute disposizioni legislative o regolamentari devono intendersi le sopravvenienze di diritto che determinano la necessità di adeguare l'opera per renderla utilizzabile allo scopo prefissato... in quanto sorge la necessità di assicurare l'osservanza di normative intervenute successivamente alla stipula del contratto" (il caso citato è quello della legislazione sull'impiantistica elettrica e idrico-sanitaria).

Sulla variante determinata da eventi imprevisti o non prevedibili in fase progettuale l'Autorità presieduta da Francesco Garri sottolinea il fatto che deve trattarsi di "fatti sopravvenuti, imprevisti e imprevedibili".

Con riguardo invece alla variante per errore o omissione progettuale (art. 25, comma 1, lettera d) "ai fini della loro ammissione occorre che pregiudichi totalmente o parzialmente la realizzazione dell'opera o la sua utilizzazione ...non si colpisce quindi l'errore o omissione in sé ma solo se procura pregiudizio all'opera", ben potendo quindi esistere un errore progettuale che non rechi pregiudizio alla realizzazione dell'opera.

Si precisa inoltre, ma in tal senso la legge è già chiara, che la responsabilità, in questo caso, è del progettista dell'esecutivo, sia esso un progettista interno all'Amministrazione o ad essa esterno. In caso di variante per errore progettuale superiore al quinto dell'importo del contratto si risolve il contratto e si indice una nuova gara.

L'Autorità fa notare che il limite del quinto, previsto dalla legge 109 originaria per tutte le quattro fattispecie normative, adesso è prevista solo per la variante per errore progettuale, negli altri tre casi, per evitare "il rischio che sotto il nome di variante venga a confluire di tutto", si chiarisce ulteriormente che "nell'ipotesi di sopravvenienze che rendano necessaria la realizzazione di un'opera totalmente diversa o in quantità notevolmente maggiori o minori, non si è in presenza di una variante data la difformità nell'oggetto", e quindi si è in presenza di "altri lavori".

In relazione all'articolo 1 del regolamento che ammette in fase di esecuzione, le varianti che non mutino sostanzialmente la natura dei lavori guardando alla giurisprudenza l'Autorità precisa che sono tali quelle che "non riducano la volumetria in modo rilevante al punto tale da attribuirgli un carattere radicalmente nuovi.

Così nel settore dell'edilizia e dell'urbanistica è "variante non essenziale quella che non modifichi la sagoma, le superfici utili e la destinazione d'uso della costruzione ovvero che non modifichi le caratteristiche strutturali del fabbricato".

Per quel che attiene al regime autorizzatorio l'Autorità precisa che se la perizia di variante comporta la necessità di una spesa ulteriore competente all'approvazione sarà l'organo decisionale della stazione appaltante, diversamente sarà il responsabile del procedimento a procedere direttamente all'approvazione.