(un "profetico" scritto di Nicola Arbace, già Segretario Generale, che aveva previsto per tempo molte conseguenze di una riforma molto criticata)

 

Da "Nuova Rassegna – 1999 – n° 1 – pagg 86 e segg

LA NOMINA DEL SEGRETARIO COMUNALE FRA PROCEDIMENTO PUBBLICO E PULSIONI PRIVATISTICHE. LA FUNZIONE DEL CURRICULUM PROFESSIONALE

di Nicola Arbace

Segretario Generale

Il procedimento amministrativo: "questo sconosciuto". Ciò, in sintesi, è quanto si ricava (e vi è ampia facoltà di prova) da questa prima e quanto mai tormentata, fase di applicazione delle nuove procedure di nomina (e di revoca) del Segretario comunale, disposte dal DPR: 4 dicembre 1997, n. 465, attuativo della legge 15 maggio 1997, n. 127, e dalla deliberazione dell'Agenzia Nazionale Autonoma per i segretari comunali del 5 febbraio 1998. Da tale dato incontrovertibile, come vedremo, nascono tutte le conseguenti problematiche.

Una delle "madri" delle importantissime riforme dei primi anni '90, meglio nota come legge 7 agosto 1990, n. 241, forse la più rilevante fra tutte per il cittadino, poiché impostava un modello di rapporto Amministrazione-collettività di tipo realmente democratico e partecipativo che, comunque, segnava la fine di una visione della pubblica Amministrazione, retaggio degli stati assolutistici, si è frantumata in mille pezzi, almeno per quanto riguarda il Segretario.

Motivazione dei, provvedimenti, individuazione del responsabile del procedimento, partecipazione al procedimento, comunicazione della decisione finale, indicazione dell'autorità a cui ricorrere ed il relativo termine, ciarpame inutile e dannoso. Se tale è il modo di procedere delle amministrazioni nei confronti del cittadino sarebbe proprio il caso di preoccuparsi; poiché ad oltre otto anni dalla promulgazione della legge, paiono sconosciuti ai più i minimi principi della stessa. Quelli, cioè, che vedono puntualmente soccombere le amministrazioni avanti alle magistrature amministrative, con inutile, enorme spendita di pubblico denaro.

Ci sentiremmo di suggerire a qualche Ministro adeguate indagini circa la corretta applicazione della legge n. 241/1990, e sicuramente emergerebbero cose molto interessanti. Ove, poi, riferita, alla nomina ed alla revoca dei segretari, la suaccennata situazione risulta ancora più preoccupante, poiché parrebbe preordinata a far affermare un superamento della normativa con la surrettizia introduzione di procedimenti privatici nell'ordinamento da parte dei vari sindaci.

Di giorno in giorno, così, il Segretario scopre quanto egli stia diventano "speciale" a causa di un determinato modo di interpretare l'ordinamento esistente. Tanto speciale da porlo fuori dall'ordinamento giuridico stesso, per collocarlo in un limbo che neppure bene si riesce a definire.

Ad emblema stesso delle cennate contraddizioni ben può essere, preso il procedimento di nomina (come, ovviamente, quello di revoca di cui, però, non tratteremo, anche se con esso vi sono fin troppo ovvie analogie, essendo ambedue procedimenti amministrativi mirati a conseguire effetti diversi) così come è stato posto in essere dalla stragrande maggioranza degli enti che hanno proceduto all'adempimento.

Sinteticamente, come noto, il procedimento di nomina del Segretario (di una sede scoperta) è normato dall'art. 15 del D.P.R. n. 465!1997, nonché dalla citata deliberazione dell'Agenzia Nazionale Autonoma del 5 febbraio 1998; in particolare, il Sindaco dovrà avviare una fase ad evidenza pubblica costituita dalla comunicazione all'Agenzia regionale dell'intendimento di ricoprire la sede. Essa dovrà essere da questa pubblicato sulla rete informatica e partecipata alle organizzazioni sindacali.

Scopo della pubblicazione è quello dì far conoscere l'intento medesimo e di acquisire le manifestazioni di interesse di potenziali partecipanti. Una volta pervenute, il Sindaco potrà richiedere all'Agenzia il curriculum professionale del candidato o dei candidati (non si capisce come si potrà far luogo a tale incombenza visto che l'Agenzia ad. oggi non dispone di alcun curriculum). Acquisiti i vari atti il Sindaco assumerà la decisione finale.

Il problema da risolvere è così rappresentato dal modo con cui si deve inquadrare, alla luce della normativa vigente, il predetto procedimento: se, più precisamente, esso appartenga alla sfera pubblicistica oppure a quella privatistica (rapporto fiduciario). E, ancora, quale ruolo in esso riveste il curriculum professionale del Segretario che ha manifestato interesse alla sede. Problemi, questi, di importanza capitale per cui l'interpretazione e l'applicazione non corrette, non solo rischiano di vanificare la riforma, ma espongono gli enti locali al pericolo di risarcimento danni con quanto ne consegue.

Dobbiamo ricordare come la complessiva attività della pubblica Amministrazione sia vincolata al rispetto del diritto amministrativo per cui, essa, non può autodeterminarsi con norme di diritto privato, connotate dalla più ampia libertà procedimentale, a meno che detta facoltà non sia legittimata da esplicita previsione legislativa. Ne discende che tutti i procedimenti posti in essere da un soggetto pubblico, finalizzati a raggiungere qualsiasi tipo di decisione, debbano rispettare le norme sul procedimento amministrativo dettate dalla legge n. 241/1990.

Ora, la legge n. 127/1997 e le successive non hanno inteso introdurre una "strisciante> privatizzazione del rapporto di lavoro del Segretario comunale da porsi in essere già alla data dell'avvio della procedura di nomina con ampia facoltà di scegliere uno più che un altro soggetto. Viceversa, esse hanno statuito, anche tramite i deliberati dell'Agenzia, una serie di vincoli pubblicistici cui dovrà attenersi il Sindaco nel procedimento de quo.

L'art. 17, comma 70, della legge n. 127/1997 si limita semplicemente a statuire che compete al Sindaco ed al Presidente della Provincia, la nomina del Segretario dell'Ente, senza nulla aggiungere precisando solo che egli dipende funzionalmente dal Capo dell'Amministrazione (fatto che attiene ovviamente al momento successivo alla costituzione del rapporto).

A definire come essi debbano procedere provvede l'art. 15 del D.P.R. n. 465/1997 ed il già citato deliberato dell'Agenzia Nazionale. Orbene, né dal complesso dei detti atti, né dal contesto normativo in cui è inserito il procedimento di nomina del Segretario è possibile concludere in maniera inequivoca come il Sindaco sia titolare di un potere discrezionale assoluto ed incondizionato, di stampo civilistico, svincolato dalle incombenze del procedimento amministrativo, ma da un'attenta disamina delle norme e delle altre fonti emergono principi opposti.

Come abbiamo già detto, il legislatore si limita solo a fissare un principio generale nell'attribuire la competenza alla nomina, da parte del Sindaco, del Segretario comunale e non poteva che essere così, poiché sempre di più le leggi assumono un connotato di indeterminatezza che viene di regola controbilanciato dall'obbligo del rispetto delle regole sul procedimento amministrativo. Così, nell'ambito di questo, si dovrà sempre stemperare l'esercizio della discrezionalità di scelta da parte del Sindaco, anche attraverso la predeterminazione obiettiva e preventiva di parametri di valutazione dei partecipanti al procedimento di individuazione.

È così di tutta evidenza come l'azione del Sindaco nel procedimento di nomina debba muoversi all'interno delle norme sul procedimento amministrativo; in assenza di diversa disposizione.

Il caposaldo dei principi del procedimento, com'è noto, è costituito dall'obbligo di motivazione disciplinato dal noto art. 3 della legge n. 241/1990 statuente la generalizzazione dell'obbligo della stessa per tutti i provvedimenti amministrativi.

Dobbiamo ricordare come nella stessa dottrina (1) (Caianiello, "La parità fra le parti nel procedimento amministrativo" ne "Il "Foro It.> 1996, pg. 2785) il concetto di "autorità" (inteso -come potere decisorio assoluto ed incondizionato) non è più in linea con il nuovo diritto amministrativo conseguente alle nuove norme partecipative disposte con la legge n. 241/1190.

La copiosa giurisprudenza che si è formata sul punto in questi anni, tutta dello stesso segno, si fonda essenzialmente sulla considerazione che dal provvedimento amministrativo debba potersi sempre desumere l'iter logico seguito dall'Amministrazione per giungere ad una certa decisione.

La motivazione deve così essere finalizzata al soddisfacimento delle esigenze di. trasparenza e conoscibilità della condotta amministrativa e di controllo dell'opinione pubblica, facilitando anche il compito del. giudice amministrativo nell'esercizio della propria potestà di sindacato indiretto del provvedimento.

L'essenza e la novità, rispetto al passato, dell'obbligo di motivazione dei provvedimenti, sta ad indicare come oggi non esiste più in capo ai soggetti pubblici decidenti una discrezionalità illimitata non soggetta ad alcun sindacato; essi, infatti, in qualsiasi momento, tramite la motivazione, devono poter dare conto dei motivi in fatto ed in diritto che hanno determinato la scelta operata. L'attività amministrativa è, quindi, passata dalla concezione di potere; a quella di funzione.

Il Consiglio di Stato, in particolare, con costante e puntuale giurisprudenza (Sez. IV 10 settembre 1991, n. 694; . Idem, 14 luglio 1995, n. 562) : ha affermato in tema di provvista di personale dirigenziale dello Stato: "... i parametri di legittimità ai quali deve essere ragguagliata l'azione amministrativa sono direttamente identificabili negli artt. 97 e 113 della Costituzione, oltre che nella disciplina di rango ordinario contenuta nella legge n.241 del 1990 ... il che implica, da un lato; !'esigenza sostanziale che i soggetti prescelti siano effettivamente di qualificazione professionale adeguata al grado, alla complessità, alla. Delicatezza delle funzioni inerenti all'ufficio e, dall'altro, l'esigenza formale che dagli atti del procedimento emergano i criteri seguiti dall'Amministrazione ai fini della scelta o comunque le ragioni giustificanti la stessa sì da consentirne la puntuale verifica anche in sede giurisdizionale".

Ugualmente consolidato, pare, l'orientamento dei tribunali .amministrativi regionali in ordine ai criteri di puntualità e di precisione della motivazione dei provvedimenti amministrativi, specialmente di quelli che riguardano il personale (ed a maggior ragione di quelli che incidono in modo negativo nella spesa di questi: fra gli altri TAR Lazio, Sez. II, 4 giugno 1993, n. 649, ed ancora Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 aprile 1996, n. 551). Sostanzialmente, il Sindaco, nel provvedimento. di nomina, dovrà esplicitare le ragioni che hanno determinato l'individuazione di quel certo soggetto e non di altro.

Dai provvedimenti che fino ad oggi sono stati esaminati non è mai stato possibile appurare il nesso fra l'andamento istruttorio compiuto dal responsabile del procedimento (quando questo sia stato individuato e comunicato ai partecipanti, cosa puntualmente rimasta disattesa) ed il finale provvedimento adottato dal Sindaco: se, più precisamente, esso sia risultato conforme agli accertamenti istruttori o se ne sia discostato (con ciò violando sempre la legge n. 241/1990).

Dovremmo, poi, ricordare come, per quanto la norma riservi la nomina del Segretario al Sindaco, egli rimanga, comunque, un soggetto di natura politica che, per la nota distinzione dei poteri, non potrebbe essere deputato ad operazioni di natura squisitamente tecnica, quali la valutazione del Segretario, sulla scorta dell'elemento curriculum, per cui egli correttamente dovrebbe a ciò deputare o un istruttore dirigente o una commissione di esperti che opererebbe secondo precisi criteri preventivi predeterminati fornendo, gli esiti allo stesso Sindaco, il quale emanerebbe il provvedimento finale di nomina, viste le risultanze istruttorie. Se anche si ammettesse la sussistenza in capo al Sindaco di un ampio potere discrezionale nell'ambito della nomina del segretario (rectius: potere di scelta fiduciario), neppure in questo caso, alla luce della vigente e quanto mai stratificata giurisprudenza, il Sindaco sarebbe esonerato dall'obbligo di motivazione. Difatti, il TAR Lazio, Sez. 1, 22 giugno 1987 n. 1195; idem 20 maggio 1987, n. 1102, sostiene come il lato potere discrezionale di cui gode l'Amministrazione nelle promozioni a scelta non esime dal motivare circa le ragioni delle proprie determinazioni ed anzi, il generale obbligo della motivazione va, nella specie, esercitato su termini più rigorosi stante appunto l’ampiezza della discrezionalità … Ed, invero allorchè l'azione amministrativa non è guidata da precise norme di legge o regolamentari, che ne garantiscono l’obiettività, è solo attraverso la motivazione che l’organo deliberante può dare atto delle modalità di svolgimento del proprio operato che altrimenti sfuggirebbe a qualsiasi sindacato di legittimità."

La giurisprudenza 'pia avveduta ha ritenuto l'obbligo della motivazione indipendente dalla latitudine discrezionale della decisione da assumere, che opera anche nei confronti di atti a forte connotazione fiduciaria (Consiglio di Stato Sez. IV , 10settembre 1991 n. 694; idem 7 giugno 1996, n. 745).

Bisogna ricordare come all’obbligo di motivazione non si sottraggono neppure gli atti cosiddetti di alta amministrazione (quelli, ad es., di nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie locali) come sostenuto dal Consiglio di Stato con la sentenza emessa dalla Sez. VI, 19 maggio 1997 n. 258. Né si può, del pari, ammettere come il procedimento di nomina del Segretario rientri fra gli atti politici, nei quali possono essere ricompresi solo quelli che costituiscono espressione della fondamenta funzione di indirizzo politico del Paese (Consiglio di Stato, Sez. IV 29 febbraio 1996, n. 2I7). Di particolare interesse, ai fini cal presente studio, è la recente pronuncia dei TAR Campania, Sez. II, 27 gennaio 1998, n. 272, che, in tema di rotazione di dirigenti negli incarichi, ritiene che, dopo l'entrata in vigore della legge n. 241/1990, tutti i provvedimenti amministrativi compresi quelli a forte connotazione fiduciaria e con contenuto quasi politico, come quelli di alta amministrazione, debbano essere motivati. Il TA R. adito ritiene illegittimo il provvedimento di rotazione adottato nei confronti di un dirigente statale ai sensi dell'art. 19, comma 1, del D.L .vo 3 febbraio 1993, n. 29, senza previa determinazione dei criteri e delle modalità di applicazione di detta norma (fattispecie questa che tratteremo nella parte successiva).

Fra le altre inadempienze da segnalare vi è la mancata partecipazione ai manifestanti l'interesse al procedimento di nomina dell'avvio del medesimo disciplinato dagli articoli 7 e 10 della legge n. 241/1990 così che essi non hanno potuto manifestare le loro capacità ai sindaci concorrendo, in tal modo, all’emanazione del provvedimento finale.

Se essi fossero stati preventivamente ammessi ad interloquire, avrebbero potuto offrire al Sindaco materiale conoscitivo sulla propria professionalità che, congruamente valutato, avrebbe potuto, per un lato, assicurare la connessione espressa dall’articolo 3 della legge n. 241/1990, tra istruttoria e motivazione del provvedimento e, per altro lato, orientare il Sindaco verso scelte del Segretario più aderenti alle esigenze dell'Ente.

II Sindaco così, alla fine, nel procedere alla nomina, designa chi conosce ed implicitamente esprime un giudizio negativo su persone che egli non ha neppure mai visto, che non sono state poste sullo stesso piano del Segretario prescelto.

Per la giurisprudenza l'obbligo di coinvolgere i partecipanti al procedimento non trova limite alcuno in relazione alla natura finale del provvedimento da adottare.

A proposito della partecipazione dei manifestanti interessati al procedimento di nomina ed al modo di procedere alla scelta da parte del Sindaco, è molto interessante notare. la discrasia esistente fra dichiarazioni di intenti e comportamenti dei sindaci.. Difatti, essi, hanno sempre lamentato l'impossibilità di scegliere il soggetto da porre al vertice dell'apparato burocratico non potendo così adottare le logiche aziendalistiche private: Alla prima occasione che si è rnanifestata, per poter operare con la stessa metodologia (sia pure per effetto di un'illegittima interpretazione consuetudinaria che si é intrapresa), il Sindaco; come nella migliore tradizione, si è eretto personalmente poeritus poeritorum ed ha scelto il Segretario superando ogni concreto esame tecnico sulle capacità del nominato. E’ appena il caso di rammentare che allorché in un'azienda si deve scegliere uno dei massimi dirigenti, non provvede personalmente il proprietario o il Consiglio di amministrazione, o il Presidente, ma a tale compito viene preposta un'agenzia di "cercatori di teste> che ha apposite professionalità per assolvere alla richiesta .

Purtroppo, la logica è sempre la stessa e certo non contano i. curricula e le doti di direzione che ciascun Segretario può avere, ma altri vengono ad essere i parametri presi in considerazione. Alla fine, come detto, il Sindaco esprime un giudizio negativo su segretari sconosciuti che neppure si è premurato di convocare e che potenzialmente potevano essere migliori del prescelto.

Con una simile impostazione si sarà scelto il Segretario più conosciuto, ma sicuramente non quello meglio preparato e nessuno potrà, alla fine, controbattere tale tesi, per mancanza di elementi di valutazione per gli esclusi. Così come sono stati posti in essere, i vari. procedimenti di individuazione hanno potuto soltanto assicurare il presunto rispetto di una forma "bizantina" di legittimità della procedura di scelta; mentre le decisioni sul nominando erano già state assunte a monte dell'avvio del procedimento stesso (questo perché non vi è stato rispetto delle norme sol procedimento).

La prima pronuncia di merito che affronta la questione della revoca investendo anche quella naturalmente connessa della nomina del Segretario comunale, è stata emessa dal T.A.R. Friuli-Venezia Giulia (Sez. Trieste,. sentenza n.. 1540 del 20 novembre 1998 depositata il 17 dicembre 1998). Essa risulta essere di una puntualità e di una lucidità tale da poter fugare qualsiasi dubbio anche ai più scettici. Peraltro, essa va a toccare, secondo il petitum, alcuni aspetti di estremo interesse, ponendosi in linea con la consolidata concezione del procedimento amministrativo che ha governato l'azione della stragrande maggioranza dei tribunali amministrativi regionali italiani degli ultimi trent'anni cui si deve la codifica avvenuta successivamente con la legge 241/1990 sul procedimento.

L'adito TAR., sostanzialmente, ritiene come tutti gli atti amministrativi vadano motivati in relazione alle risultanze dell’istruttoria.

La natura fiduciaria della scelta in una procedura selettiva non esonera il soggetto titolare del potere di scelta dall'indicare i motivi (come abbiamo già noi sostenuto prima) della scelta e a tal uopo il Collegio ricorda le copiose pronunce emesse dal Consiglio di Stato (sia pure per diverse fattispecie) sulla questione (2 - Cfr. Consiglio di STATO, SEZ. IV, 20 maggio 1996, n: 633; idem 7 giugno 1996, n. 745; idem 20 dicembre 1996, n. 13 11; idem 22 maggio 1997, n. 533.)

Risulta, così, essere illegittimo l'atto di nomina recante generiche e fumose espressioni che non precisino in modo esplicito perché fra le varie opzioni si sceglie quel certo soggetto e non. altri. Il medesimo TAR altresì estromette dal giudizio l’Agenzia sia regionale sia nazionale in quanto esse non hanno alcuna posizione qualificata circa la nomina del Segretario demandata Sindaco, per cui non assumono la qualità di controinteressati nella controversia.

Altro aspetto ,di capitale importanza che pone la sentenza, riguarda l’apposita qualificazione che il Segretario da nominare deve avere per poter aspirare alla nomina in segreterie generali (popolazione superiore a 10.000 abitanti).

Ad onor del vero la questione era già stata sollevata sulle pagine del quotidiano Italia Oggi del 4 dicembre 1998 dal Dott. Giacomo Arezzo di Trifiletti che ben aveva individuato la problematica.

Il Segretario comunale che voglia partecipare a selezioni riguardanti gli enti con la detta entità demografica deve avere conseguito l’idoneità a segretario generale. Essa può derivare da precedenti concorsi o essere conseguita per effetto delle procedure di cui al comma 1 dell'art. 14 del D.P R. n. 465/1997 (corso biennale presso la Scuola).

Detta ,prescrizione non è in contraddizione con lo spirito della legge finalizzata a garantire un'adeguata preparazione professionale ai segretari comunali che intendano accedere a. classi superiori comportanti maggiore qualificazione.

Il legislatore, inoltre, non subordina l'efficacia del combinato disposto all'attivazione della Scuola, per cui esso è operativo da subito.

Nella terra che già vide l'Alighieri profugo (Toscana anche se altre regioni non sfigurano) è consuetudine non dare neppure comunicazione ai manifestanti interesse al procedimento dell’esito dello stesso, e non è dato sapere se, ciò sia r frutto di mancata conoscenza della norma, o di un'applicazione postuma della teoria machiavellica della "Ragion di Stato".

Sia l'una o sia l'altra, il Della Gasa con le sue regole del civile vivere è ugualmente sconosciuto e, tutto sommato, parliamo sempre di dirigenti di alto livello che garbatamente hanno messo a disposizione loro stessi e la loro professionalità per quell'Ente e ad essi è dovuto un minimo di rispetto (anche se forse si è ritenuto che il ruolo non lo meriti).

Il problema nodale che ai più presuntivamente è sfuggito e che ha ingenerato nei sindaci la convinzione di poter procedere con una scelta fondata sull'intuitus personae è causato dal fatto che non è stato ancora definito il tipo di contratto di lavoro del Segretario comunale, poiché non é stata conclusa la contrattazione collettiva prescritta dall'art. 17, comma 74, :della legge n.127 /1997 cui è demandata la definizione della stessa.

Dobbiamo ricordare come a mente dell'art. 72, comma 1; del D.L.vo n.29/1993 rimangano in vigore fino alla sottoscrizione, per il rispettivo comparto, del secondo contratto collettivo di lavoro, le disposizioni generali e speciali che regolano la materia del pubblico impiego.

Pertanto fino a quando le parti, concordemente non avranno definito se il contratto lavorativo del Segretario sia pubblico o. privato, non potrà che applicarsi la norma procedimentale pubblicistica nella nomina (leggasi legge n.241/1990) unica esistente e vincolante per tutti gli enti locali.

Ciò stante, i sindaci non possono e non avrebbero potuto - con i loro decreti di nomina, fondati sulla fiduciarietà e non sulla pubblicità, andare a colmare un vuoto la cui copertura il legislatore demanda ad altro livello istituzionale.

Costituisce atto viziato l'aver inquadrato il procedimento di nomina tra quelli privatistici e non pubblicistici come doveva essere con conseguente illegittimità riflessa sulla finale nomina, con responsabilità per il soggetto che ha provveduto.

La bontà della tesi, peraltro, è testimoniata dal fatto che, ove pure non fosse sostenibile quanto testé asserito, se il legislatore avesse voluto ritenere il procedimento fondato sulla fiduciarietà lo avrebbe ammesso in maniera chiara ed inequivoca, così come avvenuto in altra parte della legge (segnatamente per l’art. 6, n. 10, della legge. n. 127/1997)ove si parla di Direttore generale" in quanto si. ammette sussistere in capo al Sindaco la potestà di concludere un "contratto a tempo determinato", secondo le regole privatistiche.

La stessa Agenzia Nazionale Autonoma con il più volte citato deliberato del 5 febbraio 1998, a volo d'uccello, ammette l'esistenza del problema della mancata definizione della tipologia di procedura per la nomina (lett. B); ma ovviamente non. può che prenderne atto, anche se sarebbe stato necessario dare al riguardo più chiare indicazioni ai comuni su come operare evitando così gravi storture procedimentali. A tal uopo, si è potuta acclarare la necessità di dotare l'Agenzia di concreti poteri sanzionatori nei confronti dei comuni omittenti nelle procedure, così, come pure di quelli che volutamente non procedono ad effettuare nomine di sedi vacanti, arrecando, con tali contegni, grave nocumento ai comuni stessi ed ai segretari:

È risultato chiaro come l'azione dell'Agenzia si sia rivelata sfumata, non in grado di assicurare un'adeguata tutela, della categoria dei segretari, per cui, ciascun Segretario è stato costretto, a fronte dei problemi; ad assumere azioni individuali autonome nei confronti delle varie amministrazioni. Sarebbe, quindi, auspicabile e necessaria una revisione delle competenze tale da rendere più incisiva l'azione dell'Agenzia la cui attività, oggi, sembra sbilanciata verso gli amministratori più che indirizzata alla tutela dei segretari.

In detta attività dovrebbe essere maggiormente coinvolto anche il Dicastero dell'interno, secondo le competenze assegnate dalla legge n. 465/1997.

D'altra parte il "peccato originale" sta nella legge che, nel costituire un organo che dovrebbe essere di gestione dei segretari, ne dispone, poi, la composizione con membri politici che hanno interessi contrapposti con quelli dei segretari. La categoria così è gestita da soggetti politici che riescono, con il loro peso, a condizionare fortemente le scelte opportune per i segretari proprio nel momento in cui si parla di separazioni. di poteri.

Fra le anomalie più gravi da segnalare vi è quella della dolosa mancata copertura delle sedi vacanti di segreteria (cosa questa che vede coinvolti enti di primaria rilevanza nazionale quali Bologna, Modena; per non elencare molte segreterie di classe II). Detto comportamento, oltre che essere gravemente lesivo per i segretari, dimostra ancora una volta quanto spregio alcuni amministratori hanno delle leggi per favorire "interessi di bottega" pur in presenza di un cospicuo numero di segretari in disponibilità..Il contegno del pubblico amministratore, come di chi avalla con l'inerzia detti comportamenti, integra fattispecie criminose abusatorie, oltre che causare illecito guadagno a favore di soggetti che non ne. avrebbero titolo.

La cennata condotta causa danno erariale alla finanza pubblica allargata connotato da colpa grave ove si consideri che il Segretario in disponibilità che porrebbe aspirare a coprire la sede deve percepire lo stipendio dall'Agenzia ed in più l'Ente omittente deve pagare un'indebita indennità di reggenza.

Nell'inerzia, su tali comportamenti vi é il rischio di indagini della Corte dei conti sulla scorta di qualche denuncia. Purtroppo, prima o poi, qualcuno esploderà, come sta dimostrando il sorgere di vari comitati spontanei di lotta (vedasi il C0.N.AU.SE.R. che ha già un cospicuo numero di iscritti tutti alquanto determinati, come emerso nel Convegno del 19 dicembre 1999 tenutosi a Reggio Calabria).

Appurato, così, come il procedimento di nomina, per ora; debba rispettare le disposizioni sul procedimento amministrativo passiamo a vedere quale ruolo assume, nell'ambito di questo, il curriculum professionale del partecipante:

Dobbiamo dire che lo strumento curricuIum è relativamente nuovo nel pubblico impiego, come metodo di scelta di un certo soggetto per un incarico definito.

Possiamo farlo risalire ai modi di scelta dei direttori delle aziende sanitarie locali e poi variamente ripreso in altri settori.

Nell'ordinamento generale il curriculum professionale rappresenta il pio tipico strumento volto alle valutazioni comparative e, quindi; se la legge lo ha previsto nel procedimento in discorso, è ben chiaro come il Sindaco decidente non potrà discostarsene e dovrà, nel provvedimento finale, esplicitare i criteri e le valutazioni posti a base della scelta fatta fondata sugli elementi del curriculum.

Il Sindaco, quindi, non è titolare di una discrezionalità piena ed incondizionata (o fiduciaria) poiché la nomina, come già esplicitato, si sostanzia in un procedimento non privatistico; bensì pubblicistico, per cui la discrezionalità si stempererà nella necessaria ed ineludibile valutazione comparativa dei curricula dei candidati. La discrezionalità consisterà nella libera preventiva predeterminazione di parametri valutativi dei curricuIa sui quali, poi, dovrà fondarsi la decisione finale.

L'importanza del curriculum del Segretario è testimoniata almeno da due circostanze: la prima, come fra i compiti istituzionali dell'Agenzia. autonoma dei segretari all'art. 6; lett. d), viene previsto espressamente l'onere della tenuta e dell'aggiornamento costante dei curricula; la seconda come la stessa Agenzia, in attuazione della suaccennata incombenza, abbia con deliberato n. 4/6 del 15 marzo 1998 deciso di "affidare a soggetto esterno altamente specializzato in materia; di comprovata professionalità, il servizio di predisposizione del modello omogeneo di curricula ed il loro costante aggiornamento": Quid pluris?

È chiaro come, ai fini del momento decisorio, il Sindaco deve essere posto in grado di giungere ad una ponderata decisione basata su elementi oggettivi predeterminati euali per tutti, pena la violazione del principio costituzionale dell'eguaglianza. Allora potrebbe darsi che il legislatore abbia voluto dare semplicemente delle indicazioni di massima sul modo di procedere nella nomina nel senso di sostenere come, acquisiti i curricula dei manifestanti interesse quali strumenti parificatori, essi andranno valutati con criteri la cui definizione preventiva e prodromica del procedimento viene rimessa alla libera sfera discrezionale del Sindaco. Per essi così potranno essere "preconfezionanti:" punteggi, giudizi di idoneità ed altro, ma giammai sarà ammissibile una scelta svincolata da canoni di oggettività per fondarsi, magari, su canoni estetici del Segretario (specie se una bella donna!). già, perché, anche se la cosa fa sorridere, ciò potrebbe verificarsi adottando i parametri seguiti fino ad oggi dalle amministrazioni, essendo anche questo un elemento di valutazione per consentire la nomina fiduciaria.

Bisogna ricordare che anche nel campo ove massima è l'esaltazione della fiduciarietà ed il pensiero corre all'art. 17 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e alla legge 2 giugno 1995 n. 216, in campo di scelta del progettista di un'opera pubblica) è stato affermato come la valutazione dei curricula dei progettisti debba avvenire su criteri predeterminati finalizzati à garantire il rispetto dei principi di logicità e parità fra i candidati (Consiglio di Stato, Sez. VI 13 giugno 1995; n. 570).

Tutta l'odierna dottrina (fra gli altri, Corso-Teresi e così Virga) è concorde, nel ritenere come la predeterminazione di parametri valutativi e criteri sia: "tecnica di razionalizzazione della libertà di apprezzamento dell'Amministrazione".

D'altra parte, la libertà di apprezzamento di interessi in cui si sostanzia la discrezionalita, impone la determinazione della regola preventiva che l'Amministrazione si prefigge di attuare nell'ambito delle alternative consentite dalla legge, pena incorrere nell'eccesso di potere.

Senza detta costruzione il curriculum prodotto dal candidato, o richiesto, all'Agenzia, sarebbe documento vacuo e privo di qualsiasi significato destinato solo a salvare la forma del procedimento, concorrendo a formare un "diritto. Tribale" indegno di una democrazia.

Se così fosse a nulla servirebbero le esperienze maturate negli anni da parte dei segretari e trasfuse nei rispettivi curricula, per poter ambire a un certo posto, essendo sufficiente una personale conoscenza con qualche Sindaco per poterlo conseguire,. superando allegramente le altrui competenze.

Se ciò avesse voluto í1 legislatore, avrebbe svincolato la nomina da qualsiasi formalità procedimentale e da qualsiasi produzione documentale obiettiva, ritenendo sufficiente ad esempio, la semplice iscrizione del Segretario all'Albo. Così non è, per cui occorre adeguarsi.

La necessità di fissare preventivi parametri oggettivi di riferimento e criteri di massima che regolino le modalità di azione del sindaco affinché essa non debordi dall'argine dell'agire amministrativo, è concreta applicazione dei principi costituzionali dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica Amministrazione, stabiliti dal noto art. 97 Cost., per cui essi vanno assolutamente determinati pena l'annullabilità di tutte le nomine fatte (Virga) .

A proposito della detta predeterminazione, ad esempio, dobbiamo ricordare che il contratto collettivo nazionale di lavoro area della Dirigenza ("Gazz. Uff." n. . 17 del 22 gennaio 1997) all'art. 22, comma 2, espressamente dispone la definizione di criteri preventivi per l'affidamento di incarichi dirigenziali.

E ben evidente come le norme sul procedimento di nomina del Segretario non potevano spingersi alle stesse dichiarazioni non essendo esse norme contrattualistiche e potendo ledere la discrezionalità procedimentale delle varie amministrazioni, se previste.

D'obbligo è chiedersi perché la riforma del ruolo del Segretario comunale, per quanto fondata su interessanti. principi innovatori, stia creando un clima di tensione fra segretari ed amministrazioni mai raggiunto prima, con il rischio di far entrare la riforma stessa in una fase involutiva dalla quale, poi, sarà ben difficile uscire (si, pensi solo alle storture conseguenti alle reintegrazioni nei posti stabilite dai tribunali amministrativi regionali a favore dei segretari non confermati ed ai risarcimenti che dovranno essere loro riconosciuti e la conseguente responsabilità amministrativa, aspetti questi altamente deflagranti per la buona funzionalità dei comuni).

Se la riforma è a rischio le cause sono imputabili a due precise ragioni.

La prima, riconducibile al fatto che essa è priva di una qualsiasi concreta concertazione con la base della categoria (che

si poteva raggiungere anche tramite un referendum fra gli interessati) che reputa, per buona parte, del tutto insoddisfacente l'articolato normativo.

Esso, come noto; è frutto di un "parto" dell'ultima ora mirato ad evitare il referendum, popolare sulla riforma del Segretario.

Il combinato disposto normativo così è rimasto ai più sconosciuto o conosciuto malamente ed è stato pienamente percepito nella sua gravità soltanto quando gli interessati ne sono stati colpiti in modo diretto e costretti a ricorrere al giudice per la difesa del posto di lavoro.

La seconda, riconducibile ad un modo sicuramente poco attento nell'applicazione delle norme sul procedimento sia nelle

nomine, sia nelle revoche da parte dei vari sindaci, eccessivamente presi da una voglia di palingenesi che ha obnubilato gli intelletti giuridici. Certo è che, questa situazione rischia di tradursi in un boomerang per i vari comuni che, con il loro modo di procedere, avranno anche decretato il naufragio della riforma.

Di chiunque sia la responsabilità è certo ché il sistema si sta rivelando insoddisfacente per l'una e per l'altra parte per ragioni validissime. Il punto è, pertanto, che o si. giunge ad una completa privatizzazione del ruolo, come, abbiamo già avuto modo di esporre in altra sede, (3 Agenda ANCI Emilia-Romagna n. 10 dell'ottobre 1997), oppure non vi è via d'uscita alle discrasie evidenziate.

D’altra parte, l'instabilità del posto a cui è stato assoggettato il Segretario (e le connesse mortificazioni professionali) deve trovare, necessariamente, compensazione in un'adeguata retribuzione, anch'essa, di tipo privatistico, così come dovrebbe essere tutto il rapporto, altrimenti squilibrato nel sinallagma a favore del datore di lavoro (com'è oggi) ed a danno del Segretario. Allora, sarebbe accettabile la precarietà del posto; poiché l'adeguata retribuzione da sola compenserebbe i periodi di mancata conferma..

Certarnente, con il solito aumento mensile di L. 100.000 che, pare; ormai non viene più negato a nessuno (questo ovviamente serve a non turbare le finanze pubbliche per cui da una parte si vorrebbero rapporti tutti privatistici, managers, ecc., ma per converso non si vorrebbe sostenere la, dativa spesa) non è neppure pensabîle. stravolgere il rapporto di lavoro del Segretario comunale. per cui, questi, dovrà essere non attento, bensì attentissimo a quanto verrà deciso nella prossima tornata contrattuale, che ora sta partendo, poichè ormai solo da essa dipende l'esito della riforma.

È importantissimo che le parti trovino un punto di incontro che soddisfi tutti e che la. base dei segretari venga preventivamente e compiutamente partecipata di quanto si andrà a definire con il Governo, poiché il contratto di lavoro diverrà l'unica fonte di disciplina del rapporto lavorativo.

L'interesse, contrariamente a quanto si potrebbe supporre, è comune fra segretari ed amministratori, poiché la buona riuscita della riforma è nelle loro mani. È necessario affermare il principio dell'unicità della figura professionale del Segretario, ma se questa dichiarazione di principio non viene riempita di contenuti in termini di garanzie e di retribuzioni non servirà a nulla.

Comunque stiano le cose, per quanto riguarda l'argomento dei presente studio, possiamo solo registrare come oggi venga scritta una delle pagine più nere della storia del diritto amministrativo italiano per la vastità e la gravità insita nelle illegittime procedure di nomina (e di revoca) dei segretari comunali., che, a questo punto, non si capisce più se conseguenti ad insufficiente conoscenza delle norme o ad una dolosa volontà di ignorarle, cose entrambe estremamente preoccupanti.

Questo è il nuovo rapporto fiduciario che dovrebbe governare i rapporti Stato-Autonomie locali? Questi i modi di gestirlo da parte dei comuni? Questo il decantato nuovo .modello di Amministrazione senza controlli cui gli amministratori locali tendono?

NICOLA ARBACE