Italia Oggi mercoledì 8.12.99 pg 31

Scelta obbligata per i componenti esterni delle giunte comunali e provinciali: è l’effetto degli articoli 24 e 28 della legge 265/99

Gli assessori in aspettativa per esercitare il mandato

 

Di ACHILLE MACCAPANI

Necessaria, per gli assessori esterni degli enti locali, la scelta di chiedere di essere collocati in aspettativa, per lo svolgimento del loro mandato. La loro attività si tramuta così in un lavoro a tempo pieno, e dunque in un vero e proprio mestiere, più che in un semplice servizio. Ciò emerge in conseguenza della nota interpretativa sugli artt. 24 e 28, comma 2, della legge 265/99, firmata dal sottosegretario agli interni, Adriana Vigneri (e pubblicata su ItaliaOggi del 26/11/99). Ma vediamo meglio i contorni della questione.

I permessi. La riflessione prende le mosse dall'art. 24, commi 3 e 4, della legge 265/99, in base ai quali agli assessori venivano riconosciute le 24 ore di permesso mensile retribuito, più le ulteriori 24 ore di permesso mensile non retribuito. E, a differenza dei consiglieri (per le sedute dell'organo consiliare, in cui si riconosce il permesso giornaliero), i permessi attinenti allo svolgimento delle sedute della giunta dovevano essere riferiti solo al periodo di viaggio necessario dal luogo di lavoro alla sede comunale, alla durata effettiva della riunione, nonché alla sua conclusione.

Le problematiche applicative. La norma non tiene conto assolutamente della necessità degli assessori, che non sono anche consiglieri comunali (e cioè gli assessoii non consiglieri nei comuni con meno di 15 mila abitanti e quelli nei comuni con popolazione superiore e nelle province), di dover presenziare alle sedute del consiglio, per rispondere alle mozioni, alle interpellanze e alle interrogazioni dei consiglieri, per relazionare su questa o quella proposta di delibera all'ordine del giorno. L'esperienza concreta dimostra, in effetti, che l'attività di indirizzo e controllo del consiglio non si esaurisce in sedute di breve o media durata, ma si sviluppa attraverso sedute articolate, le quali si protraggono per più giorni di fila, ed è anche possibile che l'assessore debba presenziare alle sedute delle commissioni consiliari, per relazionare sugli argomenti che dovranno essere suecessivamente sottoposti all'esame del consiglio. Si tratta, insomma, di casi concreti e reali (peraltro riscontrabili in tutti i comuni con più di 15 mila abitanti, dove gli organi consiliari stanno accentuando la loro funzione di controllo politico puntuale sull'attività delle giunte), che non sono tenuti in considerazione dall'art. 24 della legge 265199. Quest'ultima norma, oltre a non prevedere il riconoscimento della presenza dell'assessore esterno durante la seduta consiliare, costituisce un evidente passo indietro, rispetto all'interpretazione generale dell'art. 12 della legge 816/85 (anche successivamente all'entrata in vigore della legge 81/93), come ha rilevato Vigneri. E di fatto il legislatore contraddice se stesso, laddove prevede, all'art. 11, comma 10, della legge 265/99, un continuo e periodico monitoraggio sull'attività degli assessorati, da parte dei rispettivi consigli, richiedendo dunque agli assessori un profondo e proficuo impegno lavorativo.

Ritmo lavorativo. In altri termini, l'assessore di un comune di medie dimensioni è chiamato a svolgere uno slalom speciale tra coordinamento politico degli indirizzi applicativi presso la ripartizione dell'ente, riunioni delle conumssioni, ricevimento dei cittadini, presenza alle sedute delle giunte e dei consigli. E sono proprio i consigli a esigere di più dagli assessori, visto che i rispettivi consiglieri, i quali si sono sentiti, di fatto, svuotati dalle proprie funzioni con una serie di leggi, tra cui la 81/93, si trovano nella necessità di far sentire maggiormente la loro voce, e dunque di effettuare un ruolo di verifica, analisi, e anche un continuo contraddittorio nei confronti dell'operato delle giunte. Questa funzione di controllo politico accentuato troverà, in effetti, una giusta collocazione con le norme rivedute dello statuto (in conseguenza del restyling imposto dalla legge 265/99), ma è ben difficile prevedere, in termini concreti, una diminuzione del pressing politico del consigliere sull'attività di questo o quell'assessore. Tra l'altro, numerosi uffici comunali di segreteria, per rispettare quanto previsto dall'art. 24, comma 3, della legge 265/99, hanno già provveduto ad inserire, nei registri interni delle giunte (i cosiddetti brogliacci), non solo l'ora di inizio delle sedute, ma anche quella di avvenuta conclusione.

Aspettativa. Di conseguenza, nell'attesa che il legislatore ritorni sulla questione, all'assessore esterno non resta che la scelta del collocamento in aspettativa. Difatti la nota del sottosegretario Vigneri chiarisce il fatto che debba intendersi prevalente l'attuazione dell'art. 22 della legge 265/99, rispetto a quella, decisamente più restrittiva, dell'art. 28, conuna 2, della stessa legge. In effetti il contrasto normativo sussiste, visto e considerato che quest'ultima norma si riferisce "a tutti i lavoratori dipendenti eletti negli organi esecutivi degli enti locali a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 27/12/85 n. 816", e cioè dal 25/1/86. Tale contrasto sarebbe stato risolto adeguatamente con una formulazione normativa meno restrittiva, e che tenesse conto di quanto previsto dall'art. 33, comma 3, della legge 142/90 (sostituito dall'art. 23 della legge 81/93), in base al quale "gli assessori sono nominati (e non eletti, ndr) dal sindaco o dal presidente della provincia".

Mancata chiarezza delle norme. Se è comunque riconoscibile la necessità di garantire un'interpretazione equilibrata sulla materia, come evidenzia nella nota la Vigneri, si deve però tenere conto del fatto che la mancata chiarezza tra le rispettive norme legislative sul singolo istituto rischia di portare a interpretazioni dubbie, che potrebbero essere avvalorate da differenti linee di indirizzo recepite da questo o quel giudice amministrativo. Rimane quindi necessaria, per l'assessore esterno, la scelta dell'aspettativa, ai fini di un completo svolgimento, a pieno servizio, della propria attività. Ma se in una grande città tale scelta può essere comunque sostenuta dalle risorse del bilancio comunale, per un comune che supera di poco i 15 mila abitanti, ed in cui la partecipazione politica è attiva, il ricorso all'aspettativa di un buon numero di assessori (se non dell'intera giunta), con costi interamente a carico della comunità locale, rischia di essere visto come spreco di denaro pubblico (oltre a costituire un aumento evidente della spesa), e costituisce un'occasione in più per creare conflitti e dibattiti.