Il Sole 24 ore - 7.3.00

Riforme

UFFICI PUBBLICI, NUOVO RUOLO PER I DIRIGENTI

 

Il problema sollevato da Sabino Cassese (11 Sole-24 Ore del 16 febbraio) in ordine al rischio di assimilazione dell'alta dirigenza al resto dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni è un problema reale, da esso discendono molti interrogativi : chi deciderà il trattamento economico e lo status dei dirigenti di vertice? Qual è il rapporto tra contratto collettivo e contratto individuale? Qual è il contenuto del contratto individuale? Proviamo a dare una risposta a queste domande.

Il contratto individuale non può essere una mera derivazione del contratto collettivo; questo rappresenta, invece, soltanto una "cornice di riferimento" liberamente derogabile dal contratto individuale, il cui contenuto sarà tanto più autonomo, rispetto a quello del contratto collettivo, quanto più complessi saranno gli obiettivi individuati e assegnati e le connesse responsabilità. L'autonomia negoziale può, quindi, disciplinare aspetti di "stato giuridico" in deroga al contenuto del contratto collettivo, giacché la definizione delle reciproche prestazioni è rimessa alla libera determinazione delle parti contraenti e trova il suo limite reale nell'entità delle risorse finanziarie impegnate.

Occorre, poi, mantenere separate le sfere di interesse tra parte datoriale e sindacati dei lavoratori dipendenti. Diversamente, le condizioni alla base del rapporto che lega il dirigente all'amministrazione verrebbero stabilite in accordo con le rappresentanze sindacali dei dipendenti che sono, a loro volta, la "controparte" degli stessi dirigenti nella contrattazione integrativa aziendale.

Il coinvolgimento sindacale nella definizione dei criteri di scelta dei vertici delle amministrazioni costituisce, infatti, anche attraverso la c.d. "informazione" (che può innescare la richiesta di "esame congiunto' da parte delle organizzazioni sindacali), una invasione in un'area che deve invece rimanere nella piena disponibilità di chi ha la responsabilità politica dell'amministrazione.

In tale prospettiva appare non comprensibile la "rivendicazione" sindacale di "ottenere una consultazione... come garanzia di trasparenza sull'affidamento degli incarichi e sui parametri per la definizione delle retribuzioni di risultato" (11 Sole 24 Ore del, 25 gennaio 2000). Altra 'cosa" è garantire forme di pubblicità e di trasparenza delle scelte compiute, anche mediante quella "valutazione dei dirigenti" che sta scritta nelle norme ma che tarda a divenire realtà.

Non meno priva di rischi, infine, appare la diversificazione delle modalità di disciplina del rapporto di lavoro in relazione alle diverse tipologie di incarichi dirigenziali generali: cosa accade ai dirigenti di vertice che non hanno la gestione di una struttura complessa (cioè di una direzione generale) ma hanno, invece, incarichi rilevanti come componenti di organi collegiali o di responsabili di "uffici di missione"?

Il problema, infatti, non è di non mortificare i dirigenti non generali che hanno puntuali responsabilità di gestione quanto di poter valorizzare adeguatamente, anche attraverso i contratti individuali, sia questi dirigenti, sia i dirigenti di "prima fascia" che svolgono funzioni delicate e importanti, pur non essendo preposti a direzioni generali.

La priorità è semmai costituita dall'affermazione di una moderna visione del ruolo della dirigenza di vertice. Essa deve essere sempre di più orientata al. risultato e impegnata su progetti di modernizzazione delle amministrazioni.

GIANCARLO DEL BUFALO

Capo Dipartimento Ministero del Tesoro

Luigi FIORENTINO

Direttore generale Ministero del Tesoro

ANDREA MANCINELLI

Direttore generale Presidenza

del Consiglio dei ministri