Italia Oggi 31.3.00

Con la legge 265/99 riformata la disciplina dell’astensione. Ecco come funzionano le nuove regole

DELIBERE CONSILIARI A RANGHI RIDOTTI

I componenti astenuti non devono essere calcolati tra i votanti

 

di LUIGI OLIVERI

 

 

Gli astenuti non debbono essere computati tra i voti delle deliberazioni consiliari La riforma dell'obbligo di astensione, operata dall'articolo 19 comma 1, della legge 265/99, porta alla conclusione che l'astensione non può essere considerata dal regolamento equivalente al voto. L'obbligo di astensione, nel precedente regime normativo, era disciplinato da due diverse disposizioni, ovvero l'articolo 290 del regio decreto 148/15 e l'articolo 279 del regio decreto 383/34. Queste due norme erano state espressamente mantenute in vigore dall'articolo 64, comma 1, della ,legge 142/90. La loro applicazione era stata sempre particolarmente delicata in particolare per la pianificazione generale, che specie nei comuni di piccole dimensioni difficilmente poteva non coinvolgere la grande maggioranza, quando non la totalità, dei consiglieri, visto che l'interesse a seguito del quale l'obbligo coinvolge parenti e affini fino al quarto grado.

Le novità normative

Entrambe le norme sono state adesso abrogate dall'art. 28, comma 4, della legge 261, che abroga per intero (salvo per un periodo transitorio gli articoli 125, 127 e 289) il regio decreto 148/15 e, appunto, l'articolo 279 del regio decreto 383/34. L'obbligo d'astensione è ora regolato dall'articolo 19, commi 1 e 2, della legge 265/99, che di seguito si riportano:

" -1. Gli amministratori di cui all'articolo 18, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione e alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o affìni sino al quarto grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini sino al quarto grado. I componenti la giunta comunale competenti in materia di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall'esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato.

2,.Nel caso dei piani urbanistici, ove la correlazione immediata e diretta di cui al comma 1 sia stata dimostrata con sentenza passata in giudicato, le parti di strumento che costituivano oggetto della correlazione vengono annullate e sostituite mediante nuova variante urbanistica parziale. Durante l'accertamento di tale stato di correlazione immediata e diretta tra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o parenti affini è sospesa la validità delle relative disposizioni del piano urbanistico".

Gli effetti della norma

Si nota immediatamente una prima novità: l'obbligo di astensione non comporta l'obbligo per il consigliere di allontanarsi dall'aula, come stabilito nel precedente regime. Pertanto è sufficiente che il consigliere il quale ritenga di trovarsi nella situazione in cui scatta l'obbligo di astenersi può limitarsi a non prendere parte alla discussione e a non partecipare alla votazione. Nessun problema si pone per il primo comportamento attuativo dell'obbligo di astensione (non prendere parte alla discussione). Qualche difficoltà in più può derivare dall'obbligo di non partecipare alla votazione. Nel precedente regime, poiché il consigliere non poteva essere presente in aula evidentemente non poteva votare, né essere computato ai fini del quorum funzionale e strutturale. Ciò significa che la sua assenza dall'aula determinava evidentemente una modifica della quantità dei voti necessari a ottenere la maggioranza richiesta Per l'approvazione della proposta, da un lato; e dall'altro anche una diretta influenza sulla permanenza del numero legale e quindi sulla stessa possibilità che la proposta potesse essere votata.

Un esempio

Nell'attuale regime, invece, il consigliere può rimanere in aula, ma non può votare. Ciò significa per certo che non può esprimere né un voto contrario, né un voto favorevole alla proposta. Occorre chiedersi se possa, allora, astenersi. Tale domanda è collegata a un altro quesito: ovvero, l'astensione corrisponde a voto? I regolamenti consiliari possono, per la verità, disporre di due diverse scelte in merito. Una prima scelta consiste nel computare il consigliere astenuto tra i presenti, ma non tra i votanti. Analizzando l'ipotesi di un consiglio di comune con oltre 10 mila abitanti, poniamo che sui 21 componenti, tutti presenti al momento della votazione, due si astengono. I votanti, allora sono 19, e se basta la maggioranza semplice, occorre il voto favorevole di dieci consiglieri perché la proposta venga approvata. Una seconda opzione può consistere nella scelta di computare il consigliere astenuto tra i votanti.

Tornando all'esempio di cui sopra, allora i votanti sono 21, sicché la proposta per essere approvata necessita del voto favorevole di almeno 11 consiglieri. Come si nota, la prima opzione rende l'astensione simile .a un'espressione favorevole alla proposta in quanto abbassa il quorum funzionale. La seconda opzione rende l’astensione sostanzialmente un voto contrario alla proposta. Allora, nel primo caso chi si astiene non vota mentre nel secondo caso, il Consigliere, pur astenendosi, vota sostanzialmente contro. La riforma dell'astensione. obbligatoria pare rendere incompatibile un sistema di votazione che comprende l'astenuto tra i votanti. Infatti, se cosi fosse, l'astenuto avrebbe una parte attiva e diretta sull'esito della votazione, che sarebbe scongiurabile solo con l'allontanamento dall'aula. Ma l'articolo 19, comma 1, della legge 265/99 ha eliminato l'obbligo di uscire dall'aula conciliare, previsto precedentemente dall'articolo 279, comma 2, del regio decreto 383/34. Sotto questo aspetto, allora, si potrebbe tenere non conforme alla disciplina dell'astensione obbligatoria un regolamento che consideri gli astenuti tra i votanti. Appare, pertanto, più corretta l'ipotesi secondo cui astenersi significa non votare. Soltanto in questo modo è possibile adempiere all'obbligo previsto dall'articolo 19, cornma 1, della legge 265/99, senza far tornare in auge l'obbligo di allontanarsi dall'aula.

Una seconda e non meno importante novità derivante dall'articolo 19, comma 1, della legge 265/99 consiste, inoltre, nell'eliminazione dell'obbligo di astensione in capo al segretario comunale, che quindi può sempre rimanere in aula a svolgere il suo compito di ufficiale verbalizzante.