Italia Oggi 28 Sabato 2( Maggi 0 2001

GIUSTIZIA E SOCIETA’

Il tribunale di Torino ha ritenuto ammissibile l'istituto nel processo penale

Azione popolare al. debutto

Il cittadino prende le difese del comune inerte

DI ANTONIO CICCIA

 

volta la pubblica amministrazione. Così facendo il cittadino ha una forte arma di pressione nei confronti dell'ente locale. Ma vediamo di tratteggiare meglio l'istituto con le indicazioni fornite dal giudice.

L'articolo 9 del Testo unico degli enti locali prevede che ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al comune e alla provincia. Le azioni devono spettare all'ente locale, nel senso che a comune e provincia dev'essere riconosciuta la qualifica di legittimazione attiva alla proposizione del ricorso e del giudizio. La disposizione non prevede alcuna esclusione: pertanto l'iniziativa popolare potrà riguardare qualsiasi azione e ricorso in materia civile, penale, amministrativa o tributaria. Qualsiasi contenzioso potrà vedere schierato in prima linea il cittadino. Naturalmente un'operazione di questo tipo mette in evidenza il fatto che il comune e la provincia sono rimasti fermi e non hanno tutelato in giudizio gli interessi dell'ente e quindi della collettività. Tra l'altro una conse

Il cittadino sta in giudizio per il comune inerte.

Può anche costituirsi parte civile nel processo penale.

Questo il contenuto di un'ordinanza del tribunale di Torino (giudice monocratico Gloria Pietrini) del 12 maggio 2001 (resa nel procedimento penale numero di ruolo generale pm 41402/98), che ha anche precisato che in questi casi si deve dare la possibilità all'ente pubblico di partecipare al processo per esercitare in proprio la causa.

L'azione popolare può comportare anche il rischio di responsabilità erariale dei funzionari dell'ente che non hanno curato gli interessi dell'ente con possibilità di un danno economico per la pa (il credito non recuperato, il risarcimento non richiesto ecc.).

Si tratta di una delle prime volte in cui si sperimenta in pratica un istituto introdotto dalla legge 265/1999 e riprodotto nel dlgs 267/2000 (Testo unico degli enti locali).

Con questo istituto il cittadino può esercitare in via di supplenza le cause che vedono conseguenza è che se l'ente è stato alla finestra allora vuol dire che nulla ha fatto per curare il recupero di crediti; il risarcimento dei danni.

La mancata azione potrebbe comportare oltre a un danno di immagine anche un rischio di responsabilità erariali (si pensi al caso di un'azione surrogatoria del cittadino che mette riparo a un ritardo dell'azione di recupero ma che non consenta un efficace e completo reintegro).

Processualmente una volta che il cittadino (che dev'essere elettore) ha esperito l'azione o presentato il ricorso il giudice deve ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti del comune o della provincia. Si deve dare la possibilità all'ente di rimediare alla sua negligenza.

L'ente evocato nel giudizio può aderire alle azioni e ai ricorsi promossi dall'elettore e allora paga le spese nel caso di soccombenza nella causa. Se invece non si versa nell'ipotesi di adesione all'iniziativa dell'elettore le eventuali spese di soccombenza sono a carico suo.

L'ordinanza del giudice di Torino sulla scorta delle disposizioni descritte ha ammesso la costituzione di parte civile del singolo elettore e ha contemporaneamente ordinato l'integrazione del contraddittorio nei confronti del comune piemontese interessato alla causa. Il giudice ha disposto che l'integrazione del contraddittorio avvenga a cura e spese del cittadino che ha esercitato l'azione popolare fissando un termine di 20 giorni prima della successiva udienza.

L'ente, cui viene notificata l'ordinanza del giudice, avrà la possibilità di decidere se aderire o meno all'azione esercitata in via surrogatoria.

Nel provvedimento il giudice del tribunale piemontese ha escluso che questo meccanismo di supplenza possa essere ritenuto lesivo delle prerogative costituzionali di autonomia dell'ente locale (libero comunque di decidere espressamente il da farsi) e ha ritenuto infondata la censura secondi cui la norma sarebbe incostituzionale per avere attribuito l'azione popolare all'elettore e non esclusivamente al cittadino italiano.