Italia Oggi, venerdì 10-12-99, pg 41

Il Dlgs 286/99 e la legge 265/99 varati per elidere la promiscuità tra atti di indirizzo e di gestione

Comuni con il bilancio di mandato

Per potenziare gli strumenti di controllo in capo al Consiglio

di Pietro Bevilacqua

Il dlgs 30 luglio 1999 n. 286 e la legge 3 agosto 1999 n. 265 forniscono elementi di riflessione su fattori cruciali, di natura politica e gestionale, del controllo e della valutazione dell'azione amministrativa, sia perché l'atteso riordino degli strumenti del controllo interno attuato dal dlgs n. 286/99 attribuisce finalmente un chiaro ruolo al controllo strategico, sia per la specificazione introdotta dalla legge 265 circa i compiti del consiglio in questo ambito.

In estrema sintesi, il contesto in cui vengono ad inserirsi la legge 265 e il dlgs 286 è caratterizzato da tre elementi:

Il legislatore ha così inteso creare gli strumenti che ovviassero alla carenza di governabilità e di decisionalità, alla prorniscuità tra atti di indirizzo e atti di gestione, all'assenza di programmazione nell'azione gestionale.

In questo quadro la legge 265, laddove tende a dare ai consigli comunali e provinciali maggiori e migliori strumenti di visibilità e di azione, si pone nello spirito di "Check and balance", di un bilanciamento di funzioni che abbini a forti poteri di governo altrettanto forti poteri di controllo.

Le nuove forme di controllo e partecipazione esprimibili dai consigli riguardano la garanzia e la verifica d'attuazione delle linee programmatiche: queste forme devono essere previste all'interno dello statuto, visto come primario strumento di espressione dell'autonomia organizzatoria dell'ente.

Il tema del ripristino, o della costruzione ex novo, di un rapporto democraticamente di tracciare un profilo funzionale. (sic nell’articolo N.d.R.)

Trattando di programmi e di conseguenti azioni realizzative, quindi di verifica di congruenza tra impegni e realizzazione, non si può prescindere da una lettura congiunta di questi passi della legge 265 con il dlgs 286/99 "Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, rendimenti e risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche", e specificamente con quanto in esso contenuto circa "valutazione e controllo strategico" dell'azione amministrativa.

A questo proposito la verifica di attuazione delle linee programmatiche deve potersi basare su due elementi:

* idonei strumenti a tale fine predisposti;

* soggetti che garantiscano l'affidabilità dei risultati del controllo.

Questa verifica è ora di difficile attuazione, sia perché manca chi può tecnicamente esercitarla, sia perché sono tipicamente carenti gli strumenti di cui avvalersi.

Per quanto al primo punto, ancora una volta si lamenta l'assenza della pratica del bilancio di mandato e della verifica, operata sui Peg, di realizzazione delle linee d'indirizzo a livello di singolo esercizio. Per quanto al secondo punto, si nota che il nucleo di valutazione, cioè il soggetto che dovrebbe supportare l'organo d'indirizzo (sia il consiglio che l'esecutivo) nel controllo strategico, è generalmente nominato dal sindaco/presidente o dalle giunte esecutive e non dal consiglio, come sarebbe invece utile e ragionevole.

E’ intuitivo che, non esistendo sufficienti strumenti di controllo dell'azione gestionale (cioè, per esempio, di controllo di gestione e di valutazione della dirigenza), o qualora questi strumenti siano solo formali, quindi inidonei, manca la possibilità di padroneggiare gli elementi di base, cioè i fatti di gestione che realizzano gli indirizzi politici, e conseguentemente non sarà possibile sapere se, o come, le linee d'indirizzo sono state realizzate.

Se l'ente non dispone di corretti sistemi di controllo di gestione e di valutazione della dirigenza, il controllo strategico rimarrà una bella parola che non si potrà mai tradurre in azione: si deve quindi operare dal basso, cioè dal livello della gestione, per attrezzare un controllo che crei le basi informative del controllo strategico.

E proprio al tema del controllo strategico ben si correla l’altro elemento di novità introdotto dalla legge 265, cioè la commissione di controllo e garanzia, presieduta dalla minoranza.

Si ritiene che l'istituzione di detta commissione sia necessaria per stimolare la costruzione di corretti strumenti di controllo interno: non può infatti esserci garanzia di congruenza tra azione gestionale e indirizzi politici di trasparenza su efficienza ed efficacia gestionale e politico sociale dei risultati, se il sistema dei controlli non è compiutamente istituito ed efficiente.

Purtroppo non è semplice abituare le organizzazioni pubbliche alla cultura e agli strumenti controllo: molte sono infatti le difficoltà che la cultura del controllo e della valutazione incontra negli enti locali, difficoltà imputtabili sia a ostacoli di natura tecnica sia alla percezione di rischi di natura politica.

In generale, tra gli ostacoli tecnici sono da annoverare:

Sempre in generale, tra gli ostacoli di natura politica si possono annoverare:

La funzione di una commissione consiliare di controllo e garanzia è importante proprio per superare queste situazioni (quando si presentano) e per scavalcare questi ostacoli.

Quali compiti quindi questa commissione potrebbe esprimere?

Sicuramente compiti di stimolo, monitoraggio e verifica rivolti alla costruzione e al corretto esercizio dei controlli interni, di cui all’articolo 1 del dlgs 286/99.

Più in dettaglio si può tentare di descriverne I compiti in questo modo:

E sempre il controllo strategico è alla base della citata "verifica periodica dell’attenzione delle linee programmatiche" (legge 265/99, art. 11, comma 10).

A questo proposito si premette che la legge 265 introduce, a dettaglio del termine "indirizzi generali di governo" (legge 142, art. 34, comma 2) la formulazione "linee programmatiche relative alle azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato".

Si può ben notare che I nuovi termini utilizzati dal legislatore sono più chiari e puntuali ("azioni", "progetti"), e sicuramente meglio correlabili, anche lessicalmente, con la conseguente azione gestionale di pianificazione esecutiva attuata nel PEG.

Ciò premesso, va detto che attualmente I momenti di verifica agibili da parte del Consiglio si limitano generalmente alle sole relazioni periodiche sullo stato di attuazione dei programmi di esercizio.

Difficilmente il consiglio dispone di strumenti che, partendo dagli impegni programmatici di mandato, individuino le priorità e distribuiscano quindi questi impegni tra gli esercizi in una logica di programmazione pluriennale degli obiettivi contenuti nelle linee di indirizzo, e consentano quindi una semplici verifica di attuazione.

E se, inoltre, già la verifica con periodicità d'esercizio si presenta diffusamente carente in termini quantitativi e qualitativi, è ancora rarissima tra le pubbliche amministrazioni locali la prassi di dare organicamente conto al consiglio (e ai cittadini) dei risultati dell’azione condotta a livello di mandato.

Come è noto, la prassi del bilancio di mandato non è infatti prevista nel nostro ordinamento, (se si esclude il tiepido invito al conto patrimoniale di mandato del dlgs n. 77/95), cosa che invece avviene, per esempio, nel mondo anglosassone: ora può essere prevista all'interno dello statuto. Le poche amministrazioni che sino a ora l’hanno perseguita, per sensibilità politica, per volontà di trasparenza o semplicemente per cercare di valorizzare quanto di positivo hanno fatto, hanno affrontato la stesura di un cosiddetto "Bilancio di fine mandato" senza conforti normativi e con scarsi riferimenti metodologici.

Il bilancio di fine mandato correttamente inteso non è né un'astrusità contabile per addetti ai lavori, né uno specchietto per allodole, ma un necessario strumento di visibilità dello stato del "contratto elettorale", contratto di cui il consiglio è il primo garante. Il bilancio di mandato serve infatti sia al consiglio come verifica consuntiva, sia al cittadino come strumento di valutazione, per consentirgli di riconfermare, o meno, la fiducia accordata a un amministratore o ad uno schieramento politico: è quindi un importante strumento neutro al servizio della trasparenza amministrativa.

Per bilancio di fine mandato si intende, ormai diffusamente, un documento sintetico che rendiconta l'azione di mandato, con riferimento agli indirizzi generali di governo, alle linee programmatiche e alle loro successive evoluzioni: esso si basa sui concetti di programmazione e controllo, deve consentire la valutazione dell'azione amministrativa nel suo complesso e, per essere attendibile, deve attingere rigorosamente a una serie di fonti, che sono:

Partendo da queste fonti è possibile comporre un probante bilancio, frutto della raccolta delle informazioni e dei dati riferiti all'intervallo tra il "check start point" (l'inizio) e il "check end point" (la fine) del mandato politico amministrativo.

Purtroppo però, in molti casi, la genericità dei programmi e delle linee d'indirizzo (e di conseguenza l'inconsistenza e arbitrarietà degli obiettivi di gestione).,l’inesistenza, l'inefficienza o il formalismo degli organi di controllo, minano alla base la stessa possibilità di consuntivare correttamente e con efficacia il risultato dell'azione amministrativa.

Affrontare oggi la consuntivazione strutturata dell'azione di mandato è sicuramente, per gli amministratori e i dirigenti degli enti locali, un forte cemento della consapevolezza del proprio ruolo e della ineludibilità della trasparenza verso la comunità amministrata: è come un rito di passaggio dall'adolescenza alla maturità.

In conclusione, prevedere il bilancio di mandato, potenziare gli strumenti di verifica d íesercizio in capo al consiglio e garantire, anche mediante la istituzione della commissione di controllo e garanzia, esistenza , efficacia e monitoraggio degli strumenti del controllo è, a mio parere, uno dei nuovi e importanti compiti del consiglio nel momento in cui approccia l’adeguamento statutario conseguente alla legge 265.

Mai come in questa occasione l'adeguamento degli statuti potrà essere organico e profondo, e potrà contribuire a consolidare un nuovo stile di amministrare e di dirigere, di fare governo e di fare opposizione, uno stile rigorosamente basato sui contenuti e sui risultati dell'azione di governo, e sulla verifica d'attuazione delle linee programmatiche.

I soggetti attuatori dei momenti di verifica, ai vari livelli, saranno quindi i dirigenti per il raggiungimento degli obiettivi di gestione loro affidati, l'esecutivo per la verifica di questi stessi obiettivi in relazione alle linee d'indirizzo, il consiglio per la valutazione complessiva di efficacia politica e sociale, sia a livello di efficace (!) tra consigli ed esecutivi, sofferto dalle minoranze e tipicamente temuto od osteggiato dagli esecutivi, è un tema di natura squisitamente politica, che contiene però altrettanto forti riflessi gestionali.

In questo spirito, l'attuazione dei citati adeguamenti statutari previsti della legge 265 non deve segnare un passo indietro rispetto alla govemabilità, ma bensì un passo avanti verso nuovi e trasparenti momenti di controllo, di valutazione, di confronto e di partecipazione democratica che equilibrino, e non intacchino, il rafforzamento decisionale voluto dal legislatore in capo al sindaco/presidente della provincia e all'organo esecutivo.

La legge 265 pone a tale fine l'accento:

Tuttavia, sul conseguimento reale delle opportunità di trasparenza della legge 265 può gravare la citata resistenza degli esecutivi e delle maggioranze di governo locale: al momento questo pare essere il più grave ostacolo che il nuovo provvedimento, di carattere ordinatorio ma non perentorio, incontra nella sua attuazione.