Italia Oggi, 1.5.01

Tempi maturi per la confederazione delle professioni

La burocrazia deve diventare un servizio ai cittadini

DI GIAN PAOLO PRANDSTRALLER

Nell'articolo "Una Confederazione delle professioni. I tempi ormai sono maturi" (si veda ItaliaOggi del 24 aprile) (vedi anche in questa Rassegna Stampa CS), ho indicato come uno degli scopi della costituenda Confederazione quello di ridurre l'incidenza della burocrazia sulla società italiana; in generale, ma specialmente a livello di scuola e di università. L'argomento rimanda al rapporto complessivo tra professioni e burocrazia, sul quale vorrei ora trattenermi.

È’ necessario premettere una domanda: "Che cos'è la burocrazia?". La risposta deve ricollegarsi alla storia concreta di questa istituzione. Il termine burocrazia, introdotto da Vincent de Gournay attorno alla metà del XVIII secolo, significa. "governo per mezzo di uffici"; qualcosa di analogo al termine aristocrazia, ossia governo dei nobili o per mezzo dei nobili. Nell'antichità vi sono state parecchie strutture analoghe alla burocrazia moderna, per esempio quelle dell'Egitto faraonico, del Celeste impero, dello stato bizantino, e altre. Si trattava sempre di strutture che facilitavano il funzionamento dello stato e garantivano il mantenimento del potere da parte dei governanti.

Quella che abbiamo avuto sotto agli occhi durante quasi tutto il XX secolo è la burocrazia moderna, di tipo weberiano, ossia la forma di organizzazione che agli inizi del XX secolo il sociologo tedesco Max Weber descrisse nell'opera Economia e società apparsa postuma nel 1922.

I caratteri di questa organizzazione, che Weber riteneva costituisse la più efficace e razionale modalità organizzativa dei nostri tempi, corrispondono ai seguenti principali elementi: l'applicazione esclusiva e continuativa del funzionario al proprio ufficio; una rigida gerarchia atta a legare l'uno all'altro i ruoli dei funzionari, creando un sistema piramidale nel quale l'inferiore risponde delle proprie azioni al diretto superiore; un sistema di regole che ogni funzionario deve seguire senza deviazioni o interpretazioni individuali, in modo che egli possa rispondere in maniera uniforme ai problemi che gli sono sottoposti; il principio degli atti scritti, per cui tutti i provvedimenti, le decisioni, le comunicazioni ecc. sono formulati per iscritto, e la prova dei fatti rilevanti è strettamente documentale.

Questi principi, ai quali altri meno essenziali sono collegati, costituiscono il nucleo portante della burocrazia weberiana: una forma organizzativa rigida, gerarchica e soggetta a regolamenti capillari. Una forma che ha caratterizzato gli stati totalitari del XX secolo, nonché le grandi imprese e quasi tutto l'assetto del lavoro dipendente.

Quest'ultimo, all'inizio del secolo, ha assunto (proprio sulla linea di quei principi) i caratteri del taylorismo, l'organizzazione scientifica del lavoro introdotta negli Stati Uniti da Frederich Taylor, la cui attuazione più vistosa si è avuta nel fordismo, con la catena di montaggio, il controllo dei tempi chi lavoro ecc.

Rispetto a questa forma che possiamo definire classica di burocrazia le libere professioni hanno rappresentato per molti decenni un'alternativa strutturale netta e precisa: un'alternativa basata non sull'autorità, ma sul servizio, non sulle regole, ma sulla conoscenza. Ed è perciò comprensibile che la sociologia delle organizzazioni abbia considerato il professionalismo come una vera e propria antinomia rispetto alla burocrazia, e sottolineato l'incompatibilità fra le due forme. Per cui dove dominava la burocrazia non vi era spazio per l'attività professionale, e dove fioriva quest'ultima non vi era terreno per i sistemi burocratici.

Va detto tuttavia che la burocrazia weberiana ha subito nella seconda parte del XX secolo (e particolarmente negli anni 80 e 90) una importante correzione, dovuta proprio all'intervento attivo del mondo professionale.

Sono nate infatti le cosiddette burocrazie professionali, strutture originariamente burocratiche nelle quali i funzionari più qualificati assumono via via caratteri professionali, essendo portatori di conoscenze specifiche derivate dalle scienze, né più né meno che i liberi professionisti. Sono cioè, a loro volta, medici, giuristi, ingegneri, chimici, biologi, veterinari, ragionieri, commercialisti ecc.

Le burocrazie professionali sono divenute importanti: si estendono ormai alle forze armate, alle polizie, alle burocrazie ministeriali, ai centri ispettivi dello stato, agli organi tecnici che lo stato, le regioni ecc. utilizzano per difendere il territorio, proteggerlo da fattori e calamità naturali, gestire servizi culturali, effettuare ricuperi di città, quartieri, edifici, terreni ecc.

Ho trattato con una certa ampiezza questo fenomeno nel saggio Forze sociali emergenti: quali, perché, Franco Angeli 1988, in un momento storico in cui la sovrapposizione parziale dei due assetti (burocratico p professionale) stava diventando evidente.

Quando il processo di professionalizzazione della burocrazia diventa radicale, quest'ultima cessa di fatto di esistere, anche se continua a portare il nome proposto da Vincent de Gournay.

Una burocrazia completamente professionalizzata non è più una burocrazia, dato che il concetto di servizio vi sostituisce quello di azione autoritativa e gerarchica.

Può però verificarsi anche il fenomeno inverso, che cioè la burocrazia si prenda una rivincita, cercando di estendersi ad ambiti che per definizione dovrebbero essere professionali.

In questo caso essa cerca di deprofessionalizzare i soggetti che ne fanno parte per far loro perdere ogni pretesa di essere trattati come professionisti. Ciò non può che creare un conflitto tra membri professionali e membri burocratici dell'organizzazione nella quale si sviluppa un simile processo.

La situazione italiana è quella di un paese nel quale la burocrazia di tipo classico è stata per molto tempo protetta e incrementata dallo stato, sia per ragioni di controllo sulla società, sia per portare avanti politiche di tipo keynesiano nell'economia.

Anche da noi, tuttavia, la professionalizzazione delle organizzazioni burocratiche è cominciata: ma non è ancora giunta a una fase radicale. Perciò le professioni guardano oggi con grande interesse all'assetto burocratico del paese, come qualcosa che prima o poi dovrà trasformarsi, semplicemente, in una serie di servizi professionali: anche se questa trasformazione avrà un costo elevato in termini di lotte tra i fautori del vecchio ordine burocratico e quelli che sollecitano il rapido passaggio al modello professionale.

Una manifestazione significativa di questo stato di cose la possiamo vedere nella scuola dove si sono formate tra gli insegnanti due componenti fondamentali: gli insegnanti che accettano di essere burocratizzati e quelli che al contrario vogliono essere riconosciuti come professionisti, con tutte le conseguenze, anche in termini di rimunerazione, che ciò comporta.

Di fatto, nonostante le molte resistenze, numerosi membri delle burocrazie si percepiscono ormai come professionisti perché possiedono saperi specifici che li rendono avversari della struttura rigidamente gerarchica propria delle burocrazie classiche.

Le libere professioni, vedendo la cosa dall'esterno, si rendono conto che si tratta di professionisti e pensano che essi vadano aiutati a liberarsi dall'abbraccio soffocante delle regole e delle gerarchie, e riportati all'alveo a essi congeniale: quello delle professioni intellettuali.

Perciò il rapporto tra queste ultime e le molte burocrazie operanti nel paese è oggigiorno di grande importanza.

Si può dire che l'incremento continuo della conoscenza scientifica svolga un ruolo distruttivo rispetto al tradizionalismo burocratico; concorre invero a sabotarne i principi con le sue esigenze di autonomia e di creatività.

Sotto l'apparente separatezza (di professioni e di burocrazie) è in corso una battaglia dal cui esito dipende l'indirizzo concreto che prenderà la società italiana dal punto di vista dei valori che in futuro vi prevarranno.

Questa battaglia sarà certamente incrementata se sorgerà la Confederazione delle professioni, perché tale forza avrà il peso e l'influenza necessarie per affrontare il grande moloch burocratico.

Le professioni mirano fin da ora a vincere questa battaglia. Ciò significherebbe che la burocrazia, in un tempo ragionevole, potrebbe lasciare sul campo non solo le vecchie prerogative, ma persino il nome che la designa e la distingue come uno dei fattori tipici della modernità.

Questo nome potrebbe essere sostituito con quello molto più rassicurante e civile di servizio per i cittadini. Un servizio che, nella previsione dei professionisti, sarà ovviamente di natura professionale.