ITALIA OGGI 25 gennaio 2001

(cartelle pazze)

Quando fare il ricorso

 

Cartelle pazze con effetto di ritorno economico a carico dell'amministrazione finanziaria.

Il ministero è dunque tenuto a risarcire il danno in presenza di una cartella sfacciatamente errata; cioè a dire nell'ipotesi di una iscrizione a ruolo che si rileva illegittima anche se poi la si provvede ad annullare rifacendosi alla procedura prevista per l'autotutela giacché le imposte e accessori ivi pretesi si sono rilevati, alla prova dei fatti, indebite.

E’ il giudice di pace di Mestre ad affermarlo nella sentenza n. 653 resa il 18 settembre 2000 dando così ragione alla ribellione mostrata da una contribuente e dal suo difensore avverso una pretesa rilevatasi a occhio nudo palesemente illegittima.

Cosicché, anziché accontentarsi dell'annullamento del ruolo e, quindi, della cartella esattoriale (come preferirebbero fare molti soggetti), si è provveduto a citare in giudizio il ministero delle finanze per la richiesta di risarcimento del danno derivante da fatto illecito di cui all'art. 2043 cc secondo il quale, appunto, qualunque comportamento doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che lo ha commesso a risarcirlo.

Nella fattispecie trattata il giudice ha ravvisato nell'iscrizione a ruolo delle somme rilevatesi e riconosciute dal ministero come indebite un fatto di elementare evidenziazione senza che sia stato necessario imporre una particolare perizia interpretativa.

Bastava infatti applicare l'ordinaria diligenza per arrivare a evitare inutili spese nei confronti della contribuente.

L'iscrizione derivava infatti da una ripresa a tassazione di un carico previdenziale nei confronti di un soggetto postosi a carico di un altro siccome facilmente desumibile dagli atti (dichiarazione dei redditi congiunta).

In presenza di una cartella di pagamento che contiene il correlato ruolo ci si trova di fronte a un atto o un provvedimento direttamente impugnabile innanzi alle commissioni tributarie quale organi preposti esclusivamente a occuparsi di questioni fiscali.

Sennonché ciò si verifica allorquando si tratta di dirimere una lite fiscale; nel caso che tale controversia non nasca in quanto l'atto che potrebbe generarla viene abortito dal soggetto che lo emette (ministero delle finanze) facendo ricorso all’autotutela, va da se’ che occorre rivolgersi al giudice ordinario per ottenere il risarcimento del danno derivante da tale fatto illecito una volta, beninteso, l'errore non possa ritenersi scusabile.

Sennonché, si è scelto di percorrere la strada contrassegnata dal ricordato art. 2043 cc anziché quella parimenti sicura di cui parla l'art. 96 cpc inerente, tuttavia, al danno derivante da lite temeraria; elaborato normativo questo applicabile, come è palese, solo in ipotesi di trascinamento di una controversia, appunto, con particolare animosità.

Ecco perché dunque ci si è dovuti arroccare attorno all'art. 2043 cc la cui efficacia, una volta dimostrata la sussistenza della colpa negligente o dell'imperizia palese in capo all'amministrazione finanziaria, è pari a quella riconducibile all'art. 96 cpc sul quale anche la Corte di cassazione è intervenuta a sancirne l'applicabilità nelle liti fiscali.

Il danno di cui il giudice di pace si è occupato è stato valutato in 300 mila lire.

Si tratta indubbiamente di una somma di un certo spessore tenuto conto del valore richiesto e che ha inteso ristorare il richiedente delle spese del professionista chiamato ad attivarsi nonché degli altri oneri connessi (all'importo il giudice ha aggiunto 480 mila lire per spese di lite più gli accessori di legge).

Circa la competenza del giudice di pace vi è da dire come la stessa sia stata radicata sulla scorta del fatto che, una volta esclusa la giurisdizione fiscale, in quanto inesistente la relativa controversia grazie all'autotutela attivata, trattandosi di pagamento di somma per risarcimento del danno, non vi è dubbio che spetta al giudice ordinario, per valore della lite, risarcire il correlato danno derivante da un comportamento illecito.

Ciò perché tale tutela è da estendersi anche in ipotesi di lesione di interessi legittimi oltre che di diritti soggettivi (sentenza n. 500/99 della Corte di cassazione). Va da sé che un pronunciamento del genere, una volta seguito da altri giudici, ben potrebbe causare grosse ambasce nei confronti dell'amministrazione finanziaria la quale, come noto, per chiudere in fretta e furia l'arretrato si è vista costretta ad accelerare i tempi di verifica con ciò esponendosi, tuttavia, alle situazioni in oggetto attivate senza garantire le ordinarie regole di diligenza operativa.