Italia Oggi 13.3.01

 

Suprema corte sulle attestazioni di presenza

P.a. non é reato il cartellino falso

DI STEFANO CORBETTA

Non commette il reato di falso in atto pubblico il pubblico impiegato che sul cartellino di lavoro annota un orario fasullo.

Lo ha stabilito la Corte di cassazione in una sentenza (Sezione quinta penale, n. 3901101).

La vicenda riguardava alcuni operatori ecologici di un'azienda municipalizzata, che erano stati condannati, tra l'altro, per il delitto di falso in atto pubblico per aver falsamente attestato sul foglio di presenza il loro regolare servizio, mentre, in realtà, si era accertata l'effettiva assenza dal servizio fino a quell'orario.

La Corte ha, sul punto, accolto il ricorso degli imputati, seppure per motivi diversi da quelli dedotti.

La Cassazione ha riconosciuto che l'operatore ecologico riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio, il quale "consiste in ogni prestazione volta soddisfare un bene cui la collettività attribuisce rilevanza primaria, qual è appunto il mantenimento dell'igiene nell'ambito del territorio urbano mediante lo smaltimento dei rifiuti".

Ciononostante, la Cassazione ha escluso il reato sotto il profilo dell'elemento materiale, non essendovi alcun collegamento di natura pubblicistica tra la qualifica rivestita e la falsa attestazione sul cartellino.

Secondo la Corte "l'incaricato alla raccolta o al trasporto dei rifiuti quando appone la firma di presenza al momento dell'inizio e della cessazione del servizio adempie a un onere imposto al solo fine di provare l'adempimento del sinallagma contrattuale, non redige, invece, un atto connesso alle mansioni, cui è adibito, che assume rilevanza proprio in relazione alla specifica esternazione del pubblico servizio".

La Corte ha invece confermato la condanna per il reato di truffa.

La Cassazione ha ritenuto irrilevante l’assunto difensivo secondo cui l'artificio concernente la falsa attestazione dell'orario di lavoro fosse noto all'azienda.

"Un simile argomentare", scrivono i giudici, "confonde palesemente l'accondiscendenza delle persone fisiche preposte al controllo con il titolare del bene protetto, costituito da un ente munito di personalità giuridica ben distinta da quella dei suoi funzionari".

Anzi, l'eventuale consapevolezza in capo ai funzionari dell'anticipazione della firma d'uscita da parte dei dipendenti avrebbe potuto comportare una partecipazione "morale"; in ogni caso, non sarebbe ipotizzabile il consenso dell'avente diritto "se non nel caso di una precisa disposizione, legittimamente assunta, che consentisse una deroga alla regola fissata dall'ente".