Il Sole 24 ore – 26 marzo 2001

 

GIURISPRUDENZA • Sentenza della Corte di cassazione sulla responsabilità penale

Il rilascio di concessioni edilizie contro il prg è abuso d’ufficio

II rilascio di una concessione edilizia in contrasto con le nonne del piano regolatore può integrare il reato di abuso di ufficio.

Tale orientamento è stato di recente ribadito dalla Corte di cassazione, sezione V penale, con la sentenza del 31 gennaio 2001, la quale ha accolto sul punto il ricorso del pubblico ministero avverso una pronuncia della Corte di appello di Trieste, con cui era stata affermata, invece, la inconfigurabilità del reato in esame nel caso di accoglimento di una domanda di concessione a realizzare un edificio a uso commerciale in violazione delle previsioni dello strumento urbanistico.

La questione che si pone riguarda la corretta applicazione dell'articolo 323 del Codice penale, recante la norma che disciplina la fattispecie di reato considerata, secondo la quale, tra l'altro, la condotta abusiva del pubblico ufficiale rileva soltanto quando sia posta in essere in violazione di legge o di regolamento.

E poiché il piano regolatore è un atto amministrativo che non ha natura di regolamento e neppure di legge, si presenta il problema di qualificare o meno in senso penalistico la condotta in esame.

In precedenza anche la stessa Corte di cassazione con un'isolata sentenza (sezione VI, 2 ottobre 1998) si era espressa nel senso di escludere il reato di abuso di ufficio in ipotesi del genere, argomentando proprio sulla base dell'impossibilità di interpretare in senso estensivo la norma incriminatrice, limitata esclusivamente a punire le condotte in violazione di leggi o regolamenti.

Tale orientamento, tuttavia, è stato poco dopo smentito dalla medesima sezione della Corte, la quale con le sentenze dell' 11 maggio 1999 e del 6 ottobre 1999 ha affermato che il rilascio della concessione edilizia in violazione dello strumento urbanistico generale lede, in ogni caso, la legge urbanistica fondamentale, n. 1150/42, diretta ad affermare il rispetto delle norme del piano regolatore.

La soluzione prescelta di recente dai giudici invero, potrebbe ritenersi non strettamente rispettosa del principio di legalità vigente in materia penale, sancito dall'articolo 25 della Costituzione, giacché si finisce per punire l'autore di una condotta (di violazione del piano regolatore) non prevista come illecita dalla norma sull'abuso di ufficio, che sanziona soltanto la violazione di leggi o di regolamenti.

Nella sentenza in esame il problema viene risolto richiamando il criterio in base al quale si ritiene conforme al principio di legalità quella norma penale in cui un provvedimento amministrativo integri il precetto previsto dalla legge, sempre che sia la legge a indicare i presupposti, il contenuto, i caratteri e i limiti del provvedimento amministrativo.

In realtà, non può sfuggire che tale regola vale per tutte quelle norme che puniscono la violazione diretta di provvedimenti amministrativi, mentre per l'abuso di ufficio la norma esclude dall'ambito di rilevanza penale proprio la violazione di atti amministrativi, ad eccezione dei regolamenti.

Il punto decisivo avrebbe dovuto essere, pertanto, quello di qualificare come regolamento il piano regolatore generale, ma di ciò la sentenza non si occupa, anche se implicitamente finisce per adottare siffatta discutibile soluzione.

Proprio rispetto a tali questioni, appare in realtà maggiormente rispondente alla previsione della disciplina dell'abuso dì ufficio la sentenza della Cassazione, sezione VI, 3 ottobre 2000, con cui è stato assolto da tale reato un sindaco che aveva rilasciato un'autorizzazione all'esercizio di un parcheggio, in mancanza della documentazione prescritta e della necessaria preventiva istruttoria, in violazione di quanto previsto da una delibera della giunta municipale in materia.

In tale caso la Suprema Corte ha ritenuto che la delibera della giunta municipale, assunta con le forme proprie di un qualsiasi procedimento amministrativo, non può rivestire valore di atto regolamentare e, pertanto, ha escluso la sussistenza del fatto di reato.

GAETANO VICICONTE