ITALIA OGGI 26 GENNAIO 2001

Il Tar Sicilia aggiunge un altro tassello alla separazione tra politica e gestione

Concorsi vietati per le Giunte

La revoca spetta ai dirigenti responsabili dell’iter

 

DI LUIGI OLIVERI

La giunta comunale non può adottare provvedimenti amministrativi riguardanti i concorsi né, tanto meno, revocare gli atti di una procedura concorsuale in corso.

Ogni deliberazione dell'organo di governo, in questa materia, è da considerare, pertanto, illegittima per incompetenza.

È’ quanto ha stabilito il Tar Sicilia-Catania, sez. III, con la sentenza 3 gennaio 2001 n. 20 (pubblicata su www.giust.it), che ha accolto il ricorso presentato da un candidato a una prova concorsuale avverso la deliberazione di revoca della procedura, decisa dalla giunta del comune di Catania.

La sentenza propone un'interessante definizione, di tipo negativo, degli atti da considerare "di governo", rispetto agli atti di gestione.

Infatti, dal novero di questi ultimi, "vanno esclusi tutti gli atti e provvedimenti amministrativi a contenuto puntuale, di concreta determinazione".

L'importanza di questa semplice e netta definizione, ai fini della corretta rappresentazione degli effetti del principio di separazione, appare evidente.

Agli enti non è consentita un'applicazione elastica della separazione delle competenze, che consenta di assegnare ora alla dirigenza, ora alla giunta, il compito di adottare atti gestionali, come nel caso esaminato dalla sentenza del Tar che, non a caso, nell'accogliere il ricorso ha rimesso la pratica all'autorità competente, ovvero al dirigente, unico soggetto che può, nell'ambito di una procedura concorsuale (della quale, per legge, ha la complessiva responsabilità) adottare provvedimenti di autotutela, come la revoca.

Di conseguenza, se nel corso di un procedimento concorsuale si verifichino problemi o diverse valutazioni dell'interesse pubblico alla definizione della procedura, che ne consiglino la revoca, la decisione di revocare la procedura non spetta alla giunta, ma al dirigente.

Ciò anche se fosse l'organo di governo a effettuare le diverse valutazioni sull'opportunità di proseguire nella procedura; dette valutazioni, nel corretto esplicarsi del rapporto politica-gestione, dovrebbero, allora, assumere valore di direttiva, consistendo, quindi, in elementi di giudizio che il dirigente, autorità competente, deve valutare ai fini dell'assunzione della decisione di adottare il provvedimento di autotutela, o proseguire, invece, nella procedura concorsuale.

In sostanza, la scelta, che in molti enti viene utilizzata per conservare l'armonia dei rapporti, di rimettere all'organo di governo decisioni concrete, che il dirigente magari non condivide, non è da considerare corretta: il provvedimento di amministrazione attiva e diretta, se adottato dalla giunta, è certamente viziato da incompetenza.

Questa, ormai incontestabile, almeno secondo la giustizia amministrativa sin qui evolutasi, conclusione, non può non portare, allora, a ulteriori valutazioni interpretative.

Non può passare sotto silenzio il fatto che sempre più spesso i Tar condannino al pagamento delle spese le amministrazioni che resistono in giudizio per difendere la legittimità di atti di amministrazione attiva e diretta, posti in essere dagli organi di governo.

Dette condanne alle spese attestano la valutazione negativa delle scelte amministrative, cosa che può avere delle conseguenze sulla responsabilità amministrativa degli organi che le compiono.

Il che potrebbe portare all'intervento della magistratura contabile.

In secondo luogo se, come il Tar siciliano ha correttamente inteso, tutti gli atti di puntuale e concreta determinazione non sono di competenza degli organi di governo, deve porsi il problema della competenza all'adozione dei provvedimenti di erogazione di ausili economici o contributi, ancora da molti ritenuti baluardo delle funzioni politiche, in base alla pretesa peculiarità dell'ordinamento locale che rende consigliabile ritenere, in questo campo, competente la giunta.