ITALIA OGGI

GIUSTIZIA E SOCIETÀ Venerdì 19 Gennaio 2001

Dal t ibunale di Roma una decisione che potrebbe avere effetti dirompenti sulle procedure in atto

Enti pubblici,, stop a nuovi concorsi

La p. a. deve prima attingere alle graduatorie ancora aperte

DI LUIGI OLIVERI

Le amministrazioni pubbliche sono obbligate ad assumere nuovo personale attingendo alle graduatorie dei concorsi ancora aperte.

Non è legittimo, pertanto, nella fase di efficacia delle graduatorie, avviare procedure concorsuali nuove.

È quanto ha deciso il tribunale di Roma, sezione lavoro, con l’ordinanza 3 gennaio 2001 (pubblicata dalla rivista Giust.it, in www.giust.it) che rischia di bloccare di fatto le procedure concorsuali in corso, introducendo un vero e proprio obbligo-onere a carico delle amministrazioni pubbliche, vincolate ad assumere sempre e comunque gli idonei nelle graduatorie dei concorsi già esperiti.

Il giudice, in base alla pronuncia, ha pertanto obbligato il ministero della pubblica istruzione ad assumere una concorrente, idonea in un precedente concorso, nonostante ne avesse indetto uno nuovo.

Occorre sottolineare che l’ordinanza è un provvedimento di natura soltanto cautelare; tuttavia l'avviso espresso dal giudice del lavoro appare anticipatorio della successiva decisione di merito, che, se confermerà l'assunto dell'ordinanza, comporta una piccola ma importante rivoluzione nel modo di gestire le assunzioni nelle amministrazioni pubbliche.

L'ordinanza, infatti, dispone espressamente che, ai fini delle assunzioni, per le amministrazioni pubbliche "è esclusa qualsiasi valutazione discrezionale", sicché nel termine di efficacia delle graduatorie non si può non attingere alle stesse.

La questione dell'obbligatorietà o meno di attingere alle graduatorie dei concorsi ancora efficaci, in realtà, da tempo è stata posta, anche alla magistratura amministrativa, che nel precedente sistema deteneva la giurisdizione esclusiva sulla materia dell'impiego pubblico.

Tuttavia, né le pronunce dei giuridici, né gli interpreti avevano fornito un'interpretazione univoca e sicura.

Si è sempre oscillato, infatti, tra due posizioni.

Da un lato si è sostenuto che la graduatoria di un concorso attiene pur sempre a un procedimento concorsuale a se stante, già concluso con l'individuazione di un determinato numero di vincitori, da assumere.

Pertanto, l’assunzione degli idonei è stata considerata una facoltà discrezionale dell'ente, che per procedere alle assunzioni rimane sempre nella pienezza del potere di decidere se attingere a un serbatoio già esistente, oppure se utilizzare l'istituto della mobilità o indire un nuovo concorso, anche per poter contare sulla presunta maggiore professionalità o competenza dei vincitori, rispetto agli idonei.

D'altra parte, altri hanno sostenuto l’esistenza quanto meno di una legittima aspettativa, da parte degli idonei, a essere chiamati per la copertura di un posto resosi libero nell'ente, in quanto, pur non essendosi piazzati nei posti utili ai fini dell'assunzione, hanno pur sempre dimostrato un'astratta idoneità a rivestire i posti vacanti nella dotazione organica.

Inoltre, l’utilizzo della graduatoria comporterebbe un risparmio di tempo e denaro, rispondendo, quindi, ai principi di efficienza ed economicità dell'azione amministrativa.

Nessuna, tra le due tesi, ha fin qui prevalso, rimanendo, di fatto, lasciato alla discrezionalità di ciascun ente la scelta sulle modalità per l'assunzione di nuovi dipendenti.

Per questa ragione la netta presa di posizione del giudice del lavoro romano suscita clamore, in quanto esclude, appunto, ogni possibile margine di discrezionalità nella scelta da parte dell'ente.

L'ordinanza, invero, proprio in quanto provvedimento interinale e sommario, non chiarisce in base a quali presupposti di legge il giudice abbia ritenuto obbligatorio per le amministrazioni pubbliche l’escussione della graduatoria, prima di avviare ulteriori concorsi.

Certamente il solo principio del rispetto dell'economicità dell'azione amministrativa non può bastare.

Infatti, risponde esattamente allo stesso principio anche l'utilizzo della mobilità tra enti, che ha, per altro, l'ulteriore merito di non gravare (almeno con effetto immediato) sui costi complessivi del personale alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

Quanto all'esistenza di un diritto degli idonei, nessuna disposizione normativa lo prevede espressamente, sicché il ragionamento alla base dell'ordinanza deve necessariamente fondarsi su un'interpretazione sistematica ed estensiva delle norme relative alla validità delle graduatorie.

Tra esse, l'art. 15, comma 7, del dpr 487/1994 dispone espressamente che "le graduatorie dei vincitori rimangono efficaci per un termine di 18 mesi dalla data della sopracitata pubblicazione per eventuali coperture di posti per i quali il concorso è stato bandito e che successivamente ed entro tale data dovessero rendersi disponibili".

L'interpretazione letterale della norma, in realtà, può portare a ritenere che qualora alcuni posti, rientranti tra quelli per i quali il concorso era stato bandito, si rendano liberi, occorre rifarsi necessariamente alla graduatoria esistente.

Se questa fosse la norma ritenuta a fondamento della decisione del giudice, allora gli enti locali potrebbero superare l'obbligo di attingere alla graduatoria, mediante un'espressa disposizione del regolamento sui concorsi: infatti, l'art. 89, comma 4, del T.u. consente alle amministrazioni locali di non applicare le procedure del dpr 487/1994.