ITALIA OGGI Giovedi 15 Febbraio 2001

GIUSTIZIA E SOCIETA'

Il Tar Abruzzo boccia l'inerzia dell'ufficio. E consente il ricorso ai candidati

No ai concorsi senza fine

La p. a. è tenuta a concludere il procedimento

Il giudice può anche sostituirsi all'ente che tarda ad approvare la graduatoria

DI ANTONIO CICCIA

Il concorso deve avere un suo atto conclusivo.

Non è, infatti, ammissibile l'inerzia della pubblica amministrazione dopo lo svolgimento delle prove di selezione e la formazione della graduatoria da parte della commissione esaminatrice.

L'ente deve decidersi o approvare la graduatoria e nominare i vincitori oppure no. Ma non può starsene silente.

E se, comunque, l'ente non provveda in alcun modo, l'interessato (ovviamente il candidato all'assunzione collocato nei primi posti della graduatoria formata dalla commissione di concorso) può ricorrere al giudice amministrativo.

Il Tar può allora ordinare all'amministrazione coinvolta di assumere le proprie decisioni, ma può anche sostituirsi a quest'ultima nell'adozione della delibera conclusiva della procedura concorsuale.

Così ha stabilito il Tar Abruzzo-Pescara con l'interessante sentenza 26 gennaio 2001, n. 76.

Il caso concreto ha visto coinvolto il primo graduato a un concorso per comandante dei vigili urbani.

Questi, non avendo il comune ancora approvato i verbali e la graduatoria formulata dalla commissione d'esame, ha, innanzitutto, notificalo al sindaco una diffida.

Perdurante l'assenza di riscontro da parte del comune l'interessato si è rivolto al tribunale amministrativo censurando il silenzio della pubblica amministrazione.

Va precisato che la stasi nel procedimento era dovuta al fatto che altri concorrenti (non classificati in posizione utile all'assunzione) avevano impugnato il concorso. Insomma, il comune ha pensato forse di aspettare l'esito di questo ricorso (quello degli esclusi) per prendere poi una decisione. II giudice amministrativo ha riconosciuto la fondatezza delle lamentele del vincitore del concorso.

Con questo, però, l'amministrazione non è stata ritenuta obbligata necessariamente all'approvazione della graduatoria e alla successiva immissione in servizio del primo in graduatoria.

Il Tar, infatti, dice che l'amministrazione deve comunque emettere un suo provvedimento, ma il tipo di atto non è "vincolato alle richieste della parte". "Né allo stato", continua il Tar, "il giudicante intende sostituirsi al comune nell'adozione della delibera conclusiva della procedura concorsuale".

Si badi, il Tar dice "allo stato non intervengo in via sostitutiva", ma non è detto che successivamente, magari in relazione a nuova perdurante inerzia segnalata dal ricorrente, il Tar in ottemperanza alla sua precedente pronuncia non provveda in via sostitutiva, con la nomina eventuale di un commissario ad acta.

La conclusione della procedura concorsuale è oggetto di un preciso obbligo dell'amministrazione: questo perché, come si legge nella decisione, il concorso coinvolge interessi e aspettative non solo pubbliche: "Il bando e le successive domande di partecipazione, nonché il suo svolgimento, hanno creato una situazione procedimentale che va conclusa mediante l'adozione di un provvedimento espresso".

Il principio trova propria fonte nell'articolo 2 della legge 241/90.

Alla pubblica amministrazione è riservato, tuttavia, ogni potere decisorio circa l'approvazione della graduatoria e la nomina del vincitore.

Nel caso concreto il tribunale amministrativo ha ordinato al comune coinvolto di provvedere a emanare il dovuto atto deliberativo entro 30 giorni dalla sentenza.

La pronuncia va segnalata anche per un profilo processuale: gli altri candidati del concorso non devono necessariamente essere avvisati del ricorso avverso il silenzio della p.a.: nei giudizi sul comportamento inerte dell'amministrazione, censurato per violazione di legge, non assumono, infatti, la qualifica tecnica di controinteressati.