ITALIA OGGI – 11 OTTOBRE 2000 –

NORME E PROGETTI

Sentenze dei giudici di TAR

Risarcimento danni in caso di mancata aggiudicazione di un’opera pubblica

L’APPALTO SFUMA, LA P.A. PAGA

L’impresa ha diritto al 10% della base offerta

 

Pagina a cura DI UGO DI BENEDETTO

La mancata aggiudicazione dell'appalto pubblico, pur assumendo la consistenza di interesse legittimo, comporta l'obbligo di risarcimento danni da parte della pubblica amministrazione da quantificarsi nel 10% della base d'asta, come ribassata dall'offerta.

Si tratta del principio contenuto nella sentenza del Tar Catania del 12 agosto 2000, n. 1559 (per il testo integrale è possibile consultare il sito Internet www.diritto.it), che costituisce una particolare e interessante applicazione dei nuovi principi risarcitori degli interessi legittimi.

Le sezioni unite della Cassazione, con la nota sentenza n. 500/99, sulla base di una nuova lettura dell'articolo 2043 del codice civile, hanno infatti affermato la risarcibilità del danno ingiusto da ravvisarsi nel danno, inferto in difetto di una causa di giustificazione, che si risolve nella lesione di un interesse rilevante per l'ordinamento.

A detto rimedio, come precisato nella suddetta sentenza, è possibile accedere a prescindere dalla qualificazione formale della posizione giuridica soggettiva vantata dal soggetto, secondo un apprezzamento del giudice cui consta il compito di stabilire la meritevolezza nell'interesse, sulla base di un giudizio di comparazione degli interessi in conflitto condotto alla stregua del diritto positivo.

Ne consegue che anche la lesione di un interesse legittimo, allorché l'attività della pubblica amministrazione abbia vulnerato l'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo si correla, può essere fonte di responsabilità aquiliana, al ricorrere di certe condizioni di tipo soggettivo e anche oggettivo.

Nel caso concreto detto principio è stato applicato a seguito dell'annullamento da parte del giudice amministrativo di un'aggiudicazione di un appalto pubblico ad altra ditta controinteressata che aveva evidenziato una chiara lesione della sfera giuridico-patrimoniale della ditta ricorrente e una conseguente lesione della sfera patrimoniale.

La ricorrente era stata esclusa illegittimamente dalla gara e i giudici amministrativi hanno rilevato che detto comportamento colposo dell'amministrazione fosse da ravvisarsi nella violazione della regola costantemente applicata, secondo la quale le divergenze interne o la mancanza di chiarezza degli atti di gara non possono essere interpretate in danno ai partecipanti alle selezioni a evidenza pubblica ma richiedono una ponderazione degli stessi atti medesimi che comporti la "maggior partecipazione possibile" alla procedura selettiva.

Quanto alla quantificazione del risarcimento i giudici amministrativi del Tar di Catania hanno respinto la richiesta principale della ricorrente che sosteneva la necessità di quantificare il danno subito nelle spese generali d'azienda fondato sulla "forzata inattività dell'impresa".

Il collegio ha condiviso, infatti, in linea di principio, l'opinione prevalente, che ha un radicamento anche nel diritto positivo, oltre che nella giurisprudenza comunitaria, secondo cui l'utile economico va quantificato nel 10% della base d'asta, come ribassata dall'offerta.

Ha ritenuto, pertanto; tenuto anche conto delle esigenze di celerità e concentrazione del giudizio, di poter adottare con la sentenza, a norma dell'articolo 35, secondo comma, del decreto legislativo n. 80 del 1998, una pronuncia determinativa dei criteri in base ai quali la pubblica amministrazione deve "proporre a favore dell'avente diritto il pagamento di una somma entro un congruo ter'mine".

Ad avviso del collegio, in conclusione, il danno risarcibile a favore della ricorrente è stato quantificato tenendo conto del mancato guadagno, dell'utile economico che sarebbe derivato dall'esecuzione dell'appalto, in caso di aggiudicazione, non avvenuta per illegittimità dell'azione amministrativa, determinato nella misura media del 10% dell'ammontare della base d'asta, come ribassata dall'offerta presentata dalla ricorrente, attribuendo così valore referenziale in materia alla norma dell'articolo 345 della legge 20/3/1865, n. 2248, allegato F, dettata in tema di recesso unilaterale della pubblica amministrazione committente dal contratto di appalto per l'esecuzione di opere pubbliche, ma comunemente recepita come espressiva del criterio generale di quantificazione del margine di profitto nei contratti con l'amministrazione pubblica.

Non si applica la sanatoria degli abusi edilizi se l'importo pagato è sproporzionato.