Da Italia Oggi 22.3.00

TAR Puglia Bari, Sezione II - Sentenza 17 gennaio 2000, n. 169

Il risarcimento danni in caso di violazione di interessi legittimi per l'illegittimo diniego d'approvazione di un piano urbanistico

Il Tar Puglia, con la sentenza in commento accoglie un'interpretazione restrittiva del risarcimento danni in materia urbanistica. Il risarcimento non sarebbe dovuto nel caso di violazione di interessi legittimi relativi allo svolgimento di un'attività discrezionale della pubblica amministrazione. La sentenza infatti, afferma il principio per cui " l'effettività e consistenza del danno patrimoniale in materia di interessi legittimi pretensivi non può non misurarsi sullo spazio residuale di potere amministrativo conseguente all'annullamento dell'atto illegittimo, secondo che, a seguito dell'annullamento, l'accoglimento dell'istanza del privato si configurì essenzialmente come atto dovuto e vincolato, come accade, per solito, in tema di diniego di concessione edilizia, oppure permangano profili di riesame della situazione giuridica in funzione di un doveroso rinnovato apprezzamento e contemperamento dell'interesse del privato e di quelli pubblici, primario e secondario".

In tal modo la decisione si pone in contrasto con quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 179 del 1999 (per il testo integrale è possibile consultare il sito Internet http://users.iol.it/udibenedetto) che in una fattispecie di illegittima reiterazione di vincoli urbanistici aveva ammesso il risarcimento dei danni pur essendo un'attività di carattere discrezionale e non vincolata.

Il Tar Puglia ha, invece, rilevato che mentre per gli interessi legittimi oppositivi gli effetti pregiudizievoli ulteriori non eliminabili col semplice annullamento dei provvedimento amministrativo, sono chiaramente enucleabili e riferibili alla temporanea perdita della situazione giuridica soggettiva di vantaggio che riemerge, e sono agevolmente misurabili, ai fini della liquidazione del danno, nei consueti termini del danno emergente e del lucro cessante; nel caso di interessi pretensivi all'annullamento consegue un obbligo di conformazione dell'attività amministrativa che conserva, pur sempre, spazi e margini di discrezionalità, salva l'ipotesi già segnalata del diniego di concessione edilizia.

Poiché il danno non si identifica nella mera circostanza dell'adozione del provvedimento impugnato, che ne costituisce fatto causativo, e va rapportato all'interesse finale (o interesse al bene della vita, per riprendere la felice espressione della Suprema corte nella nota decisione delle sezioni unite. Civili 22.7.1999, n. 500), la sua sussistenza postula l'accertamento in ordine agli esiti dell'attività amministrativa rinnovatoria conseguente all'annullamento dell'atto, e può riconoscersi soltanto se essa potrà condurre in concreto e non già in astratto, in funzione dell'ambito di discrezionalità residua, all'emanazione del provvedimento ampliativo richiesto.

Soltanto in tale evenienza, sarà possibile enucleare, essenzialmente nella perdita di chance, un profilo di danno risarcibile. Ma quando, come nel caso di specie, residui una sfera di discrezionalità che non configuri l'emanazione dell'atto ampliativo come conseguenza ineluttabile dell'annullamento, non può darsi ingresso a una domanda risarcitoria che finirebbe per correlarsi alla mera lesione formale dell'interesse legittimo e non anche alla accertata lesione dell'interesse finale, che in ipotesi potrebbe anche non verificarsi ove l'amministrazione adottasse nuovo provvedimento legittimo, satisfattivo o meno, emendato dai vizi formali e/o sostanziali.

In altri e più.chiari termini, il diritto al risarcimento del danno in materia di interessi pretensivi deve senz'altro ammettersi qualora l'attività amministrativa rinnovatoria si connoti in termini tali da escludere ogni ulteriore apprezzamento discrezionale perché residui un potere essenzialmente vincolato (come si verificherebbe nel caso di specie ove l'amministrazione comunale dovesse arrestarsi alla constatazione dell'esistenza della condizione "minima" del miglioramento urbanistico), ancorché nei termini indicati dal contenuto conformativo della statuizione giurisdizionale di annullamento; mentre non può riconoscersi nell'ipotesi in cui residui un margine di apprezzamento discrezionale tale da configurare come mera evenienza l'emanazione dei provvedimento ampliativo. Secondo la sentenza in commento non appare invece condivisibile la prospettazione condivisa nei primi orientamenti giurisprudenziali (per numerosi precedenti è possibile consultare il sito Internet http://users.iol.it/udibenedetto) in ordine alla prova del danno, posto che essa, se riferita al rapporto causale tra emanazione dell'atto denegativo e lesione dell'interesse finale, è per dir così in re ipsa, non essendo revocabile in dubbio che sia proprio l'atto negativo il diaframma ostativo alla realizzazione (o conseguimento) del bene della vita; se invece rapportata alla misura del danno, postula semmai un onere di precisazione e allegazione del tipo di pregiudizio, anch'esso peraltro intuitivamente correlato alla situazione giuridica finale (maggiori oneri ricollegati alla mancata o ritardata emanazione del provvedimento ampliativo; perdita di chance di utilizzazione economica del bene della vita), non anche quello di una puntuale indicazione della sua entità patrimoniale, ai cui fini, secondo le disposizioni del decreto legislativo. n. 80/1998, sono esperibili i mezzi offerti dal codice processuale comune (consulenza tecnica d'ufficio). Nel caso di illegittimo diniego di approvazione di un piano urbanistico, pertanto, il Tar ha respinto la domanda risarcitoria.

a cura di Ugo di Benedetto