Italia Oggi – mercoledì 2 febbraio 2000, pg 33

Un parere dell'Avvocatura dello stato sul comportamento dei dipendenfi

E' danno morale per la p.a. se il reato finisce sui giornali

 

Di ROBERTO MILIACCA

Pubblica amministrazione, occhio ai giornali. Se il dipendente pubblico commette un reato e l'immagine dell'amministrazione viene lesa da questo comportamento per il semplice fatto che la stampa ne ha dato notizia, la p.a. può costituirsi parte civile nel processo penale contro l'impiegato per ottenere il risarcimento del danno morale subito.

Ma ha dei tempi stretti entro cui lo deve fare: i cinque anni di prescrizione dell'azione iniziano a decorrere da quando l'opinione pubblica ha avuto conoscenza del fatto. "La lesione del prestigio e dell'immagine dell'amministrazione, e quindi il relativo danno risarcibile, paiono aversi solamente quando la notizia dell'esistenza della (possibile) commissione del reato da parte di un dipendente (non occorre che questi sia individuato) ha avuto quel minimo di divulgazione, tale da ledere sia pur minimamente i considerati beni dell'immagine e del prestigio".

Lo sostiene l'avvocatura generale dello stato in un parere fornito su richiesta del ministero del lavoro (nota n. 124216 del 22 icembre '99) sul come l'amministrazione si debba comportare per richiedere i danni al dipendente che abbia compiuto un reato nei suoi confronti. Secondo gli avvocati dello stato, insomma, il tempo per chiedere il risarcimento del danno da lesione di immagine, si misura sulla base degli articoli pubblicati, a differenza di quanto si fa per i reati più propriamente catalogati nel codice penale come reati contro la pubblica amministrazione.

"Nel reato di peculato di una somma di denaro", per esempio, si legge nella nota, "il diritto al risarcimento per restituzione sorge nel momento in cui il dipendente si appropria delle somme"; per il diritto al risarcimento del danno per la lesione dell'immagine e del prestigio della p.a., invece, "parrebbe sorgere nel momento, generalmente successivo, in cui viene ad aver un minimo di divulgazione la notizia, anche come mera possibilità, che quel fatto di peculato sia stato posto in essere da un dipendente, ancorché non ancora individuato, della pubblica amministrazione". Per non sbagliare, comunque, i legali consigliano all'amministrazione di costituirsi nel giudizio di costituzione in mora del dipendente "come se il danno all'immagine si sia avuto nel momento della commissione del reato".

Gli avvocati, che hanno tutto l'interesse a che l'amministrazione vinca nei suoi giudizi, hanno chiesto anche che gli uffici non si siedano sugli allori e non attendano la conclusione del processo penale, ma che inizino subito la causa per risarcimento danno. "Non v'è affatto necessità di attendere l'esito del giudizio penale per procedere a costituzione in mora del debitore; anzi v’è un onere di procedere ben prima di siffatto esito, ben potendo il processo penale durare oltre il termine di prescrizione del diritto risarcitorio".

Naturalmente l'amministra zione non deve, secondo gli avvocati, passare tutto il tempo in mezzo a carte bollate. Non deve insomma, costituirsi parte civile in tutti i processi penali in cui siano coinvolti suoi dipendenti. Deve farlo solo nei casi in cui sussista un particolare interesse che vuol dire quando il danno provocato è "di elevato ammontare pecuniario", ma anche nel caso in cui il fatto "anche in ambito solamente locale, abbia cagionato rilevante allarme o indignazione sociale". In soccorso della p.a. che abbia incertezze sul da farsi, cioè se costituirsi meno, al di là del fatto che "il giudizio di opportunità va sempre condotto caso per caso", questa può avviare il giudizio davanti alla corte dei conti e, all'esito di questo, partire con la causa civile.