La semplificazione dell’azione amministrativa. La delegificazione.

dell’Avv. Massimiliano Spagnuolo

Segretario del Comune di Caldiero (VR)

Specialista in diritto amministrativo e scienza dell’amministrazione

1. Premessa. Origini del fenomeno.

L’esigenza di semplificare l’azione amministrativa è da tempo un elemento caratterizzante la produzione normativa del nostro legislatore .

Conformemente al dettato costituzionale, che impone l’adozione di schemi organizzativi improntati da un lato al buon andamento e dall’altro alla stretta osservanza del principio di legalità, si è tentato di elaborare strumenti procedurali rispondenti a tali principi.

Ne è derivata una tendenza a non considerare la fonte normativa primaria quale unica in grado di disciplinare i multiformi aspetti dell’apparato e dell’attività amministrativa, per rinviare alla potestà regolamentare il compito di normare in materia.

Il fenomeno ha assunto rilievo soprattutto in relazione alle cc.dd. leggi provvedimento, con cui ci si occupava di questioni che mal si attagliavano con i caratteri di generalità ed astrattezza propri della norma di legge .

Un primo vero tentativo di delegificazione è rinvenibile nella l. 23 agosto 1988, n. 400, di disciplina dell'attività di Governo e dell’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri , con la quale si è attuato un notevole potenziamento nell’utilizzo dello strumento regolamentare, nelle sue varie manifestazioni.

Il meccanismo previsto in tale normativa (art. 17, comma 2) richiede l’individuazione delle norme regolatrici della materia da parte della legge delegificante .

Inoltre, la stessa disposizione prevede che la legge di delegificazione determina l’abrogazione delle norme vigenti a far data dall’entrata in vigore del regolamento .

Al riguardo, sono stati sollevati dubbi circa la compatibilità di tale di tale previsione con il sistema delle fonti normative vigente nel nostro ordinamento.

In realtà, la forza delegificata attribuita al regolamento non "brilla di luce propria", ma deriva dalla legge delegificante, nella misura in cui la potestà regolamentare è esercitata nell’ambito dell’oggetto della delegificazione.

L’ampia applicazione dell’istituto derivante dall’applicazione di tale normativa ha avuto il merito di contribuire ad una progressiva accelerazione dell’azione amministrativa, non più cristallizzata entro gli inadatti schemi legislativi, difficilmente modificabili in tempi rapidi e, quindi, non in grado di far fronte alle mutevoli esigenze della collettività.

Quella parte della dottrina fautrice dell’introduzione nel nostro ordinamento di un utilizzo sempre più diffuso dello strumento regolamentare, ha salutato con favore questa evoluzione normativa, ma l’ha considerata solo l’inizio di un processo delegificativo che avrebbe dovuto assumere ben più ampie dimensioni.

Si è giunti persino a chiedere una modifica del dettato costituzionale in tal senso, volto cioè ad introdurre il principio della c.d. riserva di regolamento in relazione all’organizzazione ed allo svolgimento dell’attività amministrativa.

L’abbandono della riserva di legge era visto come un momento essenziale per una presa di posizione forte del nostro legislatore verso un problema, quello della semplificazione amministrativa, ritenuto sempre più attuale.

2. Evoluzione successiva dell’istituto. La legge 15 marzo 1997, n. 59 .

Il legislatore non ha seguito la strada indicata dalla dottrina appena citata.

Si è cercato, invece, di rimanere nel solco tracciato dai costituenti, cercando di orientare la produzione normativa verso un’incentivazione della normazione secondaria.

In tal senso, si colloca la l. 24 dicembre 1993, n. 537, con cui è stata realizzata una delegificazione di procedimenti amministrativi espressamente previsti ovvero legati a questi ultimi da un nesso di condizionalità o di necessità.

Trattasi, in questo caso, di una normativa contenente importanti disposizioni di principio , come già era avvenuto per la l. 400/88, ma non pienamente attuata.

Per dare nuova linfa ad un processo di delegificazione, trascinatosi per oltre un decennio con alterne vicende, si è dovuto attendere l’emanazione del c.d. pacchetto Bassanini.

In particolare, con la l. 15 marzo 1997, n. 59, che costituisce il cardine dell’intero processo di riforma, sono state poste le basi per un notevole potenziamento dello strumento regolamentare.

Ci si riferisce al disposto di cui all’art. 20 della stessa legge, con cui viene istituito un automatismo di delegificazione normativa relativa ai procedimenti amministrativi, da attuarsi annualmente mediante la presentazione di una proposta di legge d’iniziativa governativa, di cui fa parte integrante un allegato, ove sono indicati i procedimenti da semplificare .

Nell’individuare i criteri generali per l’esercizio della potestà regolamentare, si è fatto ampio riferimento a quanto già in precedenza era stato oggetto d’espressa previsione. E’ il caso della riduzione delle fasi procedimentali e dei termini relativi, principi già affermati con gli artt. 1 e 2, l. 241/90, e con la disciplina della conferenza dei servizi ivi contenuta, all’art. 14 .

La legge 59/97 ha introdotto anche nuovi criteri direttivi.

In ordine alla distribuzione delle competenze, è interessante rilevare come rispetto alle previsioni della l. 537/93 si sottolinea la necessità di riordinare le competenze degli uffici, accorpando le funzioni per settori omogenei, sopprimendo gli organi superflui e costituendo centri interservizi.

Delle esigenze di razionalizzazione della produzione normativa secondaria, poi, si è fatto carico l’art. 20, lett. d), l. 59/97, in cui si fa riferimento alla riduzione del numero ed all’accorpamento dei procedimenti relativi ad una stessa attività, mediante lo strumento della riunione nel regolamento di disposizioni provenienti da fonti anche di rango diverso.

In tal modo, si è affermato fortemente il nuovo ruolo assegnato alla fonte regolamentare, come destinata da un lato a raccogliere precetti di provenienza anche legislativa, nell’ottica di una delegificazione sempre più spinta, ma, dall’altro, volta a ridurre il numero eccessivo di regolamenti, attraverso la loro necessaria riunificazione.

Nello stesso senso è da leggersi la disposizione di recente introduzione, di cui all’art. 1, comma 17, l. 16 giugno 1998, n. 191, con cui, integrando il disposto dell’art. 20 mediante l’aggiunta di una lettera g-bis), si prevede la soppressione di procedimenti non più rispondenti alle finalità ed agli obiettivi fondamentali definiti dalla legislazione di settore o che risultano in contrasto con i principi generali dell’ordinamento giuridico nazionale o comunitario .

Di rilievo è, ancora, la previsione, contenuta sempre nell’art. 20, secondo cui la delegificazione può riferirsi a procedimenti coinvolgenti anche amministrazioni locali o autonome (comma 1). A tal fine, attraverso gli strumenti della Conferenza Stato-Regioni, della Conferenza Stato Città ed autonomie locali e della Conferenza unificata, il Governo individua i procedimenti che possono essere autonomamente disciplinati dalle regioni e dagli enti locali.

In via più ampia, il comma 7, art 20, dispone che le norme sulla semplificazione contenute nella legge costituiscono norme di principio per le regioni a statuto ordinario, mentre per quelle a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano, bisogna provvedere all’adeguamento dei rispettivi ordinamenti entro due anni dalla legge.

Con tali disposizioni, se da un lato si chiarisce che la delegificazione è un fenomeno che interessa tutti i soggetti dotati di autonomia normativa, dall’altro si indica che non è possibile legiferare a livello regionale su ciò che si delegifica a livello centrale .

Inoltre, sempre con riferimento all’autonomia normativa appena citata, è da sottolineare come la stessa si configura non più come relativa all’applicazione delle regole, ma come riferentesi alla produzione stessa delle regole.

Se da un lato ciò appare come pratica attuazione di quel tanto declamato "federalismo a costituzione invariata" che si sta cercando di attuare nel nostro ordinamento, dall’altro comporta non pochi problemi sia per la miriade di Comuni, spesso di dimensioni ridotte, non in grado di esercitare con la dovuta preparazione tali nuovi poteri, sia per gli utenti finali, i cittadini, che si trovano innanzi a normative estremamente variegate anche in territori sostanzialmente omogenei .

3. I problemi della delegificazione. Possibili soluzioni. La codificazione.

L’utilizzo dello strumento delegificativo, come delineatosi a seguito della normativa suaccennata, comporta anche la risoluzione d’alcuni problemi incontrati nella sua concreta applicazione.

Infatti, spesso in passato è accaduto che ad una semplificazione derivante dalla delegificazione di talune materie seguiva una modifica della normativa semplificata attraverso norme diverse, sovente contenute in fonti normative primarie.

A questo pericolo si è cercato di ovviare predisponendo schemi regolamentari contenenti disposizioni astratte e flessibili, tali da potersi adattare all’evoluzione della materia senza doverli sottoporre a continue modifiche.

Inoltre, in ordine al potere attribuito al Governo, a volte si è scisso nettamente il disegno strutturale e le funzioni svolte dalle fasi procedimentali, correndo il rischio di snellire l’iter pur lasciando inalterati i rapporti sostanziali (es. nel passaggio dal regime concessorio a quello autorizzatorio) .

La soluzione, in questo caso, può derivare da un’interpretazione ampia dei principi contenuti nelle lettere a) [semplificazione dei procedimenti amministrativi, e di quelli che agli stessi risultino strettamente connessi o strumentali … anche riordinando le competenze degli uffici] e d) [riduzione del numero di procedimenti amministrativi ed accorpamento dei procedimenti che si riferiscono alla medesima attività, anche riunendo in un’unica fonte regolamentare …] del comma 5, art. 20 cit.

Ancora, in relazione alla sovrapposizione dei regolamenti di semplificazione alle fonti già esistenti ed alla complicazione derivante dalla contestualità del processo di semplificazione rispetto al conferimento di funzioni statali agli enti locali, la soluzione è fornita dall’art. 20, comma 11, attraverso la compilazione di testi unici legislativi o regolamentari.

Si sottolineano, al riguardo, le recenti disposizioni contenute nella l. 8 marzo 1999, n. 50, in cui, nell’ambito di una programmazione governativa, si prevede un riordino delle norme legislative e regolamentari entro il 31.12.2001 mediante l’emanazione di Testi Unici riguardanti materie e settori omogenei , comprendenti in un unico contesto e con le opportune evidenziazioni, disposizioni legislative e regolamentari .

 

4. Conclusioni

In definitiva, può affermarsi che nel disegno complessivo di delegificazione quale emergente dal sistema delle leggi Bassanini, si rileva una tendenza volta ad affidare al potere esecutivo la disciplina d’intere materie, restituendo al Parlamento un ruolo di definizione di principi in cui tale potere può esprimersi .

Si vuole in pratica rivalutare il ruolo delle fonti secondarie, quali istituzionalmente competenti alla normazione di determinate materie, sottratte alla fonte legislativa.

In questo modo, l’obiettivo da raggiungere è il ripristino di un corretto rapporto istituzionale in ordine alla produzione normativa tra Governo e Parlamento, al quale ultimo dev’essere restituita la dignità di elaborare solo i principi generali dell’ordinamento giuridico.