Il Sole 24 Ore

 

Il processo di trasformazione e l’avvio di una nuova efficienza sempre più legati alla qualità della dirigenza e ai meccanismi di selezione dei capi – Restano ancora alcune rigidità da togliere

LA SVOLTA INCOMINCIA DALLE NOMINE DEI MANAGER

 

 

 

 

Di BRUNO DENTE

Il dibattito che si è aperto sul regime dell'alta dirigenza dello Stato sulle colonne del Sole 24 Ore, e che ha visto intervenire Sabino Cassese, Franco Bassanini e un gruppo di dirigenti pubblici è molto importante. Il management pubblico costituisce uno dei protagonisti necessari del processo di trasformazione delle pubbliche amministrazioni e quindi i meccanismi di nomina (il cosiddetto spoil system) e il trattamento economico costituiscono aspetti fondamentali per riuscire ad attirare, e conservare, le intelligenze e le professionalità di cui abbiamo bisogno. In verità è corretto usare il termine spoil system per descrivere il regime dei top manager (nei ministeri i capi dipartimento) che possono venire rimossi, e quindi "perdere il posto" ad ogni cambio di ministro. Meno corretto è usare lo stesso termine per tutti gli altri dirigenti, che non rischiano lo stipendio e per i quali l’unico principio differente dal passato è il fatto che tutti gli incarichi sono a termine.

Dico subito che mentre considero giusta la scelta per quanto riguarda i capi dipartimento, sulla temporaneità degli incarichi ho molti più dubbi.

Sul problema dello spoil system bisogna essere chiari: se si vuole affermare la distinzione di responsabilità tra politica e amministrazione, e riservare quasi tutte le decisioni puntuali ai funzionari di carriera, non c'è altra strada che introdurre, la natura fiduciaria del rapporto tra vertice politico e top management. Solo in questo modo il capo dipartimento (o il direttore generale in un comune) potrà, da un lato, garantire al ministro (o al sindaco) che l'amministrazione 'marcia' nella direzione, decisa dagli organi eletti e, dall'altro, garantire ai funzionari che i politici non si intromettano nelle scelte quotidiane, mortificando le loro professionalità. Nei Paesi nei quali non c'è lo spoil system non c'è nemmeno la distinzione che abbiamo voluto introdurre in Italia.

Tra l'altro, solo in questo modo sarà possibile, prima o poi, superare quella che è la vera anomalia e cioè gli incarichi a termine per i dirigenti 'di carriera". Quale azienda nomina il proprio direttore commerciale o del personale per tre anni rinnovabili? Se il dirigente ha demeritato esistono le procedure per rimuoverlo dall'incarico, se invece è valido non si capisce perché limitare il suo arco temporale artificialmente. L'incarico a termine si limita a rendere poco costoso politicamente l'avvicendamento dei capi degli uffici e a moltiplicare le occasioni di 'nomina' da parte dei politici. In realtà sarebbe più coerente non solo abolire la temporaneità degli incarichi dirigenziali ma addirittura riservare tale potere al top management come è stato fatto nella Regione Toscana.

Certo, perché i benefici della nomina fiduciaria dei capi dipartimento possano verificarsi, occorre che essi siano persone di alta e riconosciuta, professionalità. L'intero castello rischia di cadere se al vertice delle amministrazioni si venisse nominati per semplici meriti politici, indipendentemente dalla competenza professionale. Ad assicurarci contro questo rischio dovrebbe stare il fatto che la politica ha bisogno di 'far funzionare" l'amministrazione e quindi di persone preparate e capaci, pena la penalizzazione in sede elettorale. Tra l'altro il sistema esiste ormai da molti anni per quanto riguarda i dipartimenti della presidenza del Consiglio e non mi pare ne siano stati gravi scandali. Comunque se si ritenesse che questa garanzia non è sufficiente, si potrebbe immaginare una qualche procedura di conferma in sede parlamentare in modo da garantire un accertamento bi-partisan delle competenze professionali (ce n’è un timidissimo indizio nel decreto 80/98). Francamente credo che possiamo fare a meno di un'altra autorità indipendente, anche perché, dopo tutto, si tratta di vérificarè il curriculum di, 60/70 persone ogni quattro-cinque anni.

La seconda parte della querelle riguarda invece il trattamento economico dei direttori generali dei ministeri. Non entro nel merito del rapporto tra contratto collettivo e contratto individuale, ma su un punto specifico non si può tacere, perché è un problema tecnico. La recente direttiva di D'Alema, se ben capisco, afferma che un dirigente generale di carriera guadagna la non favolosa somma di 129 milioni annui e che tale trattamento può essere incrementato dalla cosiddetta indennità di posizione solo sulla base degli incarichi di direzione di strutture a esso attribuiti. In parole povere, solo un dirigente generale cui è affidato un ufficio può prendere più soldi, mentre colui che, come consigliere ministeriale, segue progetti, gruppi di lavoro, attività di studio e consulenza è "plafonato" allo stipendio base.

Se questa limitazione significa che la presidenza dei Consiglio ritiene che sia possibile valutare, "oggettivamente' come posizione organizzativa solo la predisposizione ad uffici, bisogna dire che questa posizione è tecnicamente sbagliata. E’ assolutamente possibile valutare in maniera analiticamente convincente l’importanza relativa dei progetti, degli studi, dei gruppi di lavoro. In ogni caso, il fatto che a un direttore generale che ha già la responsabilità di un ufficio, vengano attribuiti - come avviene con grande frequenza - anche compiti progettuali non deve significare che la sua indennità di posizione non possa riflettere (certo solo per il periodo del progetto) queste maggiori responsabilità. Altrimenti si creerebbe uno squilibrio inaccettabile con coloro che tali responsabilità non le hanno. E ho paura che quello che si verificherà è che l'indennità verrà commisurata alla mera possibilità che tali incarichi si verifichino, e non alla loro reale esistenza, con buona pace della trasparenza.

Se invece, come alcuni sostengono, la limitazione nasce dalla lettera delle norme di riferimento, credo che ci si dovrebbe affrettare a cambiarle. L'effetto perverso dell’interpretazione restrittiva, che si sta già verificando, è che si creeranno due uffici permanenti dove ne sarebbe necessario uno solo, dal momento che di quell'attività non si può fare a meno e che non sembra giusto penalizzare chi è chiamato a svolgerla.

La nuova disciplina dell’alta dirigenza è senz’altro positiva. Tuttavia per completare e attuare la riforma sono necessari dei correttivi e delle interpretazioni coerenti con il suo spirito:

In questo modo il management delle pubbliche amministrazioni avrà completato il processo di convergenza con il mondo dell'impresa e delle organizzazioni 'normali' che costituiva il vero scopo della riforma.