Italia Oggi - Venerdì 4 Agosto 2000

 

ENTI LOCALI

Il tribunale ordina a un’amministrazione la reimmissione in servizio dopo la rimozione unilaterale

Meglio tutelato il ruolo dei dirigenti

E’ un diritto il mantenimento dell'incarico conferito dalla p. a.

DI LUIGI OLIVERI

 

 

I dirigenti pubblici hanno un diritto soggettivo perfetto al mantenimento dell'incarico di direzione conferito loro dall'amministrazione. Lo ha stabilito il tribunale di Venezia, con ordinanza in 8 giugno 2000 (pubblicata dalla rivista Giust.it su www.giust.it), che ha respinto l'opposizione presentata da un'amministrazione pubblica avverso un provvedimento cautelare col quale il giudice del lavoro aveva ordinato la reimmissione di un dirigente nell'incarico dal quale era stato unilateralmente rimosso.

Partendo dal presupposto che ai sensi dell'art. 68 del dlgs 29/1993 al giudice ordinario sono devolute le controversie relative ai rapporti di lavoro, incluse quelle concernenti il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali, il giudice veneziano ha concluso che l'incarico (e la revoca) non è atto amministrativo unilaterale ma atto negoziale di diritto privato di gestione del rapporto di lavoro, sicché la posizione del dirigente oggetto del provvedimento (di incarico o revoca) non è di interesse legittimo ma di diritto soggettivo pieno, consistente nel diritto al mantenimento dell'incarico dirigenziale.

Ciò impedisce, di conseguenza, all'ente di appartenenza di operare una qualsiasi rimozione dall'incarico di tipo unilaterale. Infatti, poiché il conferimento dell'incarico ha natura contrattuale, la rimozione del dirigente, se operata non contrattualmente, è configurabile come inadempimento e pertanto sanzionabile anche con provvedimenti cautelari. Pertanto, il tribunale di Venezia, con estrema chiarezza, considera "destituita di fondamento" la tesi secondo cui i dirigenti hanno un diritto perfetto soltanto allo svolgimento di un incarico corrispondente alla fascia di appartenenza (o, nel caso della dirigenza locale che non è suddivisa in fasce, incarico effettivamente a contenuto dirigenziale).

Il giudice lagunare, inoltre, chiarisce che anche la valutazione delle posizioni dirigenziali è da considerare una sorta di proposta contrattuale, non esente da una contrattazione da parte del dirigente da incaricare. Infatti, il giudice veneziano sottolinea che l'art. 19, comma 2, del dlgs 29/1993 e successive modificazioni nel precisare le caratteristiche degli incarichi dirigenziali statuisce che l'oggetto, gli obiettivi, la durata e il trattamento economico sono definiti contrattualmente.

Pertanto i tratti essenziali dell'incarico dirigenziale sono disposti per via contrattuale, seguendo le norme del diritto comune. Nonostante, allora, il datore di lavoro si presenta come parte forte sicché la proposta o l'offerta difficilmente può essere ricontrattata con successo dal dipendente, ciò non significa che si rientra pur sempre nell'ambito di un rapporto consensuale di natura contrattuale privata tra dirigente e amministrazione che conferisce 1'incarico, che obbliga l'ente al rispetto delle disposizioni del contratto di lavoro.

Per questo, secondo il tribunale di Venezia, la modifica dell'incarico, intendendo come modifica anche l'assegnazione a incarichi diversi per contenuto e qualità, non può che avvenire per la medesima via consensuale. La potestà dell'amministrazione di modificare unilateralmente l'incarico dirigenziale è legata, semmai, al verificarsi dei presupposti previsti dalla legge e dai contratti collettivi che la legittimano in tal senso.

Il combinato disposto degli artt. 19, comma 7, e 21, commi 1 e 2, del dlgs 29/1993 chiarisce che la modifica unilaterale deriva dal conseguimento di risultati negativi della gestione, o dalla grave inosservanza delle direttive impartite dall'organo di governo, mentre i contratti collettivi introducono, anche ipotesi di revoca legate a oggettive necessità organizzative o produttive dell'ente, come prevede l'art. 13 del Ccnl della dirigenza del comparto enti locali. Ma in questo caso l'ente deve specificare e motivare le ragioni alla base della riorganizzazione che portano alla rimozione del dirigente dal suo incarico. Ulteriore conseguenza del rapporto contrattuale tra dirigente e amministrazione di appartenenza come ricostruito dal tribunale veneziano è l'affermazione che la rotazione dell'incarico, in quanto evento che muta il rapporto consensuale tra ente e dirigente, non può essere disposta né nel corso dello svolgimento dell'incarico già conferito né può determinare uno stravolgimento del tipo di prestazione lavorativa richiesta al dirigente giacché la rotazione presuppone l'identità degli uffici rispetto ai quali essa viene attuata.

Identità qualitativa e quantitativa, nel senso che si deve trattare di un incarico che tenga conto delle attitudini e delle capacità professionali, ma anche, evidentemente, del trattamento economico.

Insomma, pur non operando l'art. 2103 cc, se la rimozione dall'incarico o l’attuazione della rotazione comporti un pregiudizio al dirigente, tale da incidere sullo sviluppo della carriera, a meno che detta rimozione o variazione non sia consensuale o determinata da valutazioni negative, è illegittimo e fa scattare la rimessione del dirigente nel suo incarico originale, in attuazione del suo diritto soggettivo perfetto al mantenimento dell'incarico.