Tratto dal sito www.giust.it


Rassegna stampa - Riportiamo qui di seguito l'estratto dell'articolo del Prof. Sabino Cassese pubblicato su Il Sole 24Ore di lunedì 7 dicembre 1998.

IL SOLE 24ORE, Lunedì 7 Dicembre 1998 - Enti locali.


I dirigenti nelle mani della politica

Il centro-sinistra italiano è, quindi, in buona compagnia nel suo disegno di mettere le mani sul vertice dell’amministrazione pubblica, disegno che consta di più parti: "precarizzazione" dei dirigenti; ricambio di quelli più alti, al cambiare dei governi; appiattimento della dirigenza e, infine, conservazione del sistema dualistico gabinetto-dirigenza.

Le caratteristiche del disegno realizzato dal governo Prodi sono tre. In primo luogo, esso è partito dagli enti locali. Qui ha attecchito bene perché, nei Comuni e nelle Province, era stato conservato un sistema introdotto dal fascismo, con la nazionalizzazione dei segretari comunali e provinciali. Si trattava di un autentico "non senso", perché metteva alle dipendenze dello Stato il vertice amministrativo degli enti locali, riducendo, quindi, l’autonomia degli enti stessi. Aveva fatto comodo, in passato, perché conferiva una certa mobilità all’alta dirigenza locale. Ma avrebbe richiesto un intervento di tipo diverso, quello di rimettere il segretario comunale e provinciale nei ruoli dell’ente di appartenenza. Invece, questa anomalia è stata la causa dell’introduzione di un vertice burocratico di nomina politica e strettamente dipendente dalla politica, che viene ad aggiungersi al segretario.

La seconda caratteristica del disegno italiano di conquista politica dell’alta burocrazia è che esso è stato attuato nel silenzio degli interessati. Rendendo precario il rapporto dei dirigenti, si è venuto a toccare il bene maggiore che questi avevano, costituito dalla stabilità. Ciononostante, non vi è stata la levata di scudi che ci si poteva aspettare. Segno del degrado delle istituzioni e dello scarso peso dell’alta dirigenza.
Infine, in un Paese che è stato sempre attento ai rapporti tra amministrazione e politica, nel quale, fin dall’800, persone come Silvio Spaventa e Marco Minghetti hanno richiamato l’attenzione sulla necessità di tenere l’amministrazione fuori dalla politica, è singolare che il disegno del Governo sia stato approvato senza un autentico dibattito nell’opinione pubblica.

Tutto questo è indice di malessere nei rapporti tra politica ed amministrazione. Da parte della prima, c’è il sospetto che l’amministrazione sia partigiana, e sia schierata con i partiti di una volta. Da parte della seconda, c’è debolezza e noncuranza. La prima cerca di conquistare un vertice amministrativo a sé fedele. Ma non si rende conto che questo meccanismo comporterà anche che i futuri governanti vorranno, a loro volta, schiere di alti burocrati a loro fedeli. A quel punto, non ci dovremo solo lamentare di avere governi transeunti, ma anche di avere un’alta burocrazia instabile.

Tutta l’esperienza di questo secolo avrebbe consigliato di intraprendere un’altra strada. Di valorizzare il merito, la professionalità, la preparazione tecnica, non la fedeltà politica. Di togliere dalle mani della politica la scelta degli alti amministratori e di sottoporla ad organismi tecnici imparziali. Di chiedere agli amministratori di fare un po’ più l’interesse della collettività. Si è proceduto, invece, in senso opposto. Quando si lamenterà che le cento idee per lo sviluppo del Mezzogiorno non saranno riuscite a diventare cento progetti, ci si renderà conto che la causa di ciò è una sola: la mancanza di una "élite" amministrativa composta da bravi tecnici, scelti mediante concorso, non per la loro appartenenza all’uno o all’altro credo politico.


Sabino Cassese