Italia Oggi LAVORO E PREVIDENZA

Mercoledì 28 Giugno 2000

Una sentenza della Corte di cassazione chiarisce qual è il soggetto omologabile al datore di lavoro

Sicurezza, niente sconti per la p.a.

Il responsabile è il dirigente con poteri di gestione dell'ufficio

DI STEFANO CORBETTA

Niente sconti per i datori di lavoro pubblici in relazione al rispetto delle norme in materia di igiene e sicurezza sul lavoro. Intervenendo per la prima volta sulla delicata questione, la terza sezione della Corte di cassazione ha infatti chiarito chi sia, nel settore pubblico, il soggetto responsabile delle infrazioni alla normativa antinfortunistica (sent. n. 6176/2000).

Il caso riguardava il direttore di un ufficio Iva condannato in ordine al reato di cui all'art. 8 del dpr 19 marzo 1956, n. 303, per aver consentito - o comunque non impedito - che, senza la prescritta autorizzazione, i locali seminterrati venissero adibiti ad attività di archivio, con permanenza per circa sei ore al giorno di lavoratori archivisti. L'imputato si era difeso affermando che il soggetto responsabile delle violazioni contestate fosse il caporeparto, in quanto dotato di una propria autonomia funzionale. Una tesi che non ha convinto i giudici della Cassazione. La Corte è partita dall'analisi del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, il quale stabilisce i criteri per individuare i soggetti che, nei settori della pubblica amministrazione, possono essere ritenuti responsabili delle violazioni alla normativa in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene sul lavoro.

La Cassazione ha sottolineato che il citato dlgs "ha messo sullo stesso piano i datori di lavori del settore pubblico e quelli del settore privato, accomunandoli all'obbligo, in via generale indifferenziato, dell'attuazione degli obblighi di sicurezza e ha individuato la figura del datore di lavoro identificandola (art. 2 comma 1 lett.. b) con "il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, con il soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità dell'impresa stessa ovvero dell'unità produttiva, in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa".

Dopo aver richiamato la definizione di "datore di lavoro pubblico" (e cioè, ai sensi dell'art. 2 comma 1, "il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto a un ufficio avente autonomia gestionale"), la Corte ha osservato che, a differenza del settore privato, il datore di lavoro pubblico si caratterizza "non per poteri decisionali e di spesa", bensì "per un potere di gestione del settore o dell'ufficio cui è preposto, al quale si aggiunge il requisito della qualifica dirigenziale (ai sensi dell'art. 3 comma 2 dlgs 3 febbraio 1993, n. 29), ovvero nello svolgimento di mansioni direttive funzionalmente equivalenti.

La Cassazione ha quindi messo in risalto l’autonomia dei dirigenti nell’organizzazione del lavoro, materia in cui è meno pressante il vincolo gerarchico.

"I dirigenti, ai quali spettano i concreti poteri digestione in ordine all'attività e all'ufficio centrale o periferico cui sono preposti", ha affermato la Corte "non hanno, per quanto attiene all'adempimento degli obblighi di sicurezza e di salute sui luoghi di lavoro, vincoli di subordinazione gerarchica e funzionale, né devono sottostare alle decisioni dei soggetti preposti agli organi di governo e di vertice degli enti pubblici (titolari di funzioni di definizione dell'indirizzo politico programmatico e di legale rappresentanza), pur restando fermo il potere di controllo sul loro operato da parte degli organi di vertice di ciascuna amministrazione, che discende più in generale dal rapporto di servizio che li lega all'ente".

Nell'ambito degli uffici finanziari, la Corte ha richiamato il decreto del ministro delle finanze del 4 luglio 1996, n. 13413, il quale, in attuazione dell'art. 30 comma 1 del decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242, ha puntualmente individuato i dirigenti pubblici titolari dei poteri gestionali equiparati alla figura del datore di lavoro; il dm stabilisce che "per gli uffici periferici del Dipartimento delle entrate, il datore di lavoro è individuato nel dirigente generale o nel dirigente preposto a ciascuna Direzione regionale, nel dirigente preposto a ciascun centro di servizio e nel dirigente o funzionario rivestente qualifica non dirigenziale, preposto, secondo l'ordinamento vigente e fino alla data di attivazione degli uffici di cui al comma 2, a ciascun ufficio distrettuale delle imposte dirette, ufficio Iva, ufficio del registro, segreteria di commissione tributaria e sezione staccata delle direzioni regionali". L'art. 6 del d.m. chiarisce inoltre che i datori di lavoro, individuati dal d.m. stesso, "esercitano i compiti previsti dai decreti legislativi n. 626/1994 e n. 242/1996, in tema di sicurezza sul posto di lavoro, nei confronti di tutto il personale dell'Ufficio, anche quando questo sia distribuito su più edifici".

Alla luce di questi principi, la Corte ha perciò ritenuto irrilevante la circostanza che il servizio di archivio afferisse al "reparto segreteria" e al relativo capo-reparto; questi, infatti, non solo era sfornito di autonomia gestionale, ma non aveva alcuna competenza in materia di igiene e sicurezza del lavoro.