IL SOLE 24 ORE – 9.10.00

GIURISPRUDENZA: Sentenza della sezione centrale d’appello della Corte dei Conti

SINDACABILI LE SCELTE DISCREZIONALI SOLO SE "PALESEMENTE" IRRAZIONALI

 

La scelta degli amministratori di un Comune di ripianare , per la quota di propria competenza, i debiti di un consorzio per il compostaggio dei rifiuti solidi urbani al quale il Comune stesso partecipava anziché ritirare la propria partecipazione dal consorzio, costituisce una scelta discrezionale di merito, e come tale non è sindacabile da parte della Corte dei conti.

La conseguenza è che una tale decisione, pur comportando oneri finanziari per l'ente locale, non comporta alcuna responsabilità amministrativa di chi ha deliberato in tal senso.

Lo ha stabilito la Sezione II centrale d'appello della Corte dei conti cori la decisione n. 216 dell'8 giugno 2000.

Gli amministratori del Comune erano stati convenuti in giudizio dalla Procura regionale della Corte dei conti per la Regione Emilia Romagna, la quale aveva ritenuto che la somma occorrente per il ripiano delle perdite del Consorzio costituisse un ingiustificato danno patrimoniale per le finanze dello stesso Comune, il quale, piuttosto che ripianare le perdite, avrebbe dovuto - a parere della Procura regionale della Corte - molto più opportunamente uscire dal Consorzio:

La Sezione II centrale d'appello, nel giudicare definitivamente in merito alla controversa questione, ha riconosciuto che la decisione adottata dagli amministratori locali costituisse scelta discrezionale di merito e che, come tale, la stessa fosse insindacabile da parte del giudice contabile.

Al di là della fattispecie considerata, la sentenza assume particolare rilievo sul piano giurisprudenziale ed è sicuramente condivisibile in quanto, nel dare corretta applicazione alla norma di cui al comma 1 dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come sostituito dall'articolo 3 della legge 20 dicembre 1996, n. 639, la quale ha affermato il principio della insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali, tiene nella dovuta considerazione l'autonomia di cui gli amministratori pubblici devono godere nell'adozione delle loro scelte discrezionali.

In passato, prima che fosse stabilito sul piano legislativo il principio di cui sopra, la giurisprudenza della Corte dei conti, pur ammettendo la sindacabilità delle scelte discrezionali degli amministratori da parte del giudice contabile, aveva avuto modo di affermare che esse assumono rilievo ai fini della responsabilità amministrativa solo quando siano connotate da una palese irragionevolezza.

Ora, pur alla luce dell'affermazione, sul piano normativo, del suddetto principio, la giurisprudenza della Corte dei conti sembra essersi consolidata nel senso di ritenere sicuramente esistente il limite della insindacabilità, nel merito, delle scelte discrezionali degli amministratori locali, fermo restando il fatto che tale limite non sussiste, e non può, quindi, essere invocato dai presunti responsabili del danno, allorché le scelte discrezionali da cui sia derivato il danno per le finanze dell'ente sono connotate da palese irragionevolezza o sono palesemente contrarie alla legge (si veda, a esempio, Corte dei conti, sezione giurisdizionale regione Emilia Romagna, n. 747 del 1 ° ottobre 1999).

Alla luce del suddetto orientamento giurisprudenziale possono trarsi, per gli amministratori e i funzionari pubblici, le seguenti indicazioni:

  1. le scelte discrezionali degli amministratori o dei funzionari delle pubbliche amministrazioni sono insindacabili nel merito, essendo precluso al giudice contabile ogni apprezzamento che investa le valutazioni di convenienza e di opportunità compiute dall'autorità deliberante.
  2. è invece consentito da parte del giudice contabile il vaglio dell'attività discrezionale degli amministratori e dei funzionari pubblici con riferimento alla rispondenza della stessa ai criteri di razionalità e congruità cui deve sempre ispirarsi una corretta gestione delle pubbliche risorse.
  3. le scelte discrezionali allorché comportino un danno per le finanze dell'ente e siano connotate da palese irrazionalità o da palese illegittimità, non solo sono sindacabili da parte del giudice contabile ma comportano altresì la responsabilità di chi le ha operate.

Tommaso Miele