Sole 24 ore - 24.1.00, pg. 25

POLITICI ESCLUSI DALLA GESTIONE

 

E’ evidente - checché si voglia sostenere in linea teorica o politica - che il politico dell'ente locale mal sopporta quella netta distinzione tra indirizzo politico e gestione, quest'ultima affidata sin dall'articolo 51 della legge 142 del 1990, ai dirigenti o a quei responsabili di servizi aventi, di fatto analoghe funzioni. Tutta la copiosa legislazione intervenuta in questo decennio non lascia ombra di dubbio su tale distinzione-separazione.

La giurisprudenza, poi, è stata particolarmente rigida nell'applicare questo principio. Ma ciò nonostante si riscontra, di fatto, una copiosa promiscuità tra atti di indirizzo e atti di gestione che da luogo a una specie di "cogestione", equivalente nei fatti a una "gestione surrettizia" da parte degli amministratori.

E’ largamente diffuso ad ampi livelli il "rifiuto psicologico" all'innovazione e, oltretutto, non sono sufficienti né il Peg laddove obbligatorio e laddove comunque esiste né l'assegnazione di fondi ai funzionari da effettuarsi contestualmente al bilancio ai sensi del nono cornma dell'articolo 7 del decreto legislativo 77/1995, essendo fin troppo frequente il ricorso alle direttive di giunta del sindaco e anche di assessori che, con continui interventi, a stillicidio, vanno a interferire pesantemente, di fatto, nella gestione.

E’ evidente che la dirigenza, in generale, legata com'è, vuoi per la nomina, vuoi per la revoca, al

politico, non ha e non potrebbe avere la forza di eccepire alcunché a qualsivoglia forma di cogestione. La tendenza insistentemente manifestata dalla classe politica, di trasferire sulla classe dirigente, le responsabilità derivanti dalla gestione della cosa pubblica non riesce a trovare, invero, facile attuazione per l'ovvia considerazione che il politico tende comunque a mantenere tutto il potere, per cui il raggiungimento dello scopo che si è prefisso diventa molto arduo. D'altra parte va diffondendosi il convincimento, manifestato sin dall'inizio, che il politico non vuole più andare innanzi al giudice e tenta di mandarvi i dirigenti, comunque assunti, magari con contratto speciale.

Il governo, in esecuzione della delega, ha emanato il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n° 29 che, nel corso degli anni, ha subito diverse modificazioni, specie con il decreto legislativo 4 novembre 1997, n. 396, ed è stato quasi completamente riscritto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 tendente prevalentemente a rafforzare la distinzione tra il potere di indirizzo e di controllo affidato agli organi di governo dell'ente, da quello di gestione , affidato esclusivamente alla dirigenza.

Giova ricordare che, dopo anni di dibattiti si è finalmente chiarito che per "dirigenza" debbano intendersi non soltanto coloro che rivestono tale qualifica funzionale negli enti ove è prevista, ma tutti coloro che, a livello apicale, sono responsabili di determinati servizi.

Il rifiuto opposto al "29". Per la verità il "primo 29" non ha incontrato molta fortuna presso gli operatori e la sua applicazione è stata irta di molteplici difficoltà a causa di un generalizzato "rifiuto psicologico" e di una conseguente notevole "resistenza passiva". Ed ecco che ora il legislatore l'ha voluto rivitalizzare, rafforzandolo, nel nuovo testo. Pertanto non è più possibile disattenderlo e neppure procrastinarne l'applicazione.

Peraltro non va taciuto che si verifica anche il caso inverso del dirigente cioè che, per timore reverenziale, per il desiderio di compiacere o anche per tentare di fare assumere all'organo deliberante atti di gestione, tenta così di contenere la propria responsabilità.

Quindi non paga la furbizia di far deliberare dagli organi collegiali dell'ente gli atti di gestione, tanto più che questi non rispondono quando, in buona fede, abbiano approvato ovvero abbiano au~ torizzato o consentito l'esecuzione di atti di competenza della dirigenza (si veda articolo 1, comma l-ter, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 introdotto dall'articolo 3 del DI 23 ottobre 1996, n. 543, convertito in legge 20 dice bre 1996, n. 639).

CLAUDIO MAZZELLA