Il Sole 24 Ore – Luned’ 31 luglio 2000 –

Il fascicolo personale può essere visionato

Il lavoratore può accedere ai documenti assistito da un consulente

 

Lavoratori che chiedono di accedere ai propri fascicoli personali, che pretendono garanzie sui test attitudinali a cui vengono sottoposti, che reclamano riservatezza sulle buste paga. E dall'altra parte, datori di lavoro che intendono capire i confini della legge sulla privacy, sapere (per esempio) se anche i tempi di ingresso e uscita dall'ufficio registrati sui badge rientrano fra i dati personali, se il controllo del dipendente che naviga su Internet durante il lavoro è legittimo o meno.

Il carteggio "triangolare" tra dipendenti, datori di lavoro e Garante innescato dalle regole sulla privacy è ricco. È solo delle scorse settimane l'invito rivolto dall'Authority guidata da Stefano Rodotà a un datore di lavoro perché consentisse a un dipendente di accedere al proprio fascicolo personale. Non solo, il Garante ha anche precisato che nel momento in cui il lavoratore prende visione dei dati, ha diritto di farsi assistere da una persona di fiducia, che può consigliarlo sulle informazioni da selezionare.

Il datore di lavoro aveva, invece, rifiutato di ammettere l"accompagnatore" alla consultazione del fascicolo e per questo ha dovuto risarcire le spese inutilmente affrontate dal dipendente per prendere visione dei dati (il lavoratore vi aveva, infatti, rinunciato una volta vietato l'ingresso al consulente). Il Garante ha inoltre ricordato che il rifiuto dell'azienda a dare corso alle decisioni adottate dall'Autorità fa scattare sanzioni anche di carattere penale.

Ancora prima - siamo nel giugno ' 99 – l’Authority aveva chiarito che le cosiddette "note di qualifica" sono dati personali e se il lavoratore chiede di visionarle, devono essergli messe a disposizione, anche se questo diritto può essere esercitato una volta conclusa la procedura di valutazione e non in corso d'opera. In quell'occasione, il Garante aveva precisato che di alcuni dati (per esempio, il numero delle pratiche svolte, i giorni di assenza) il dipendente può chiedere, se ritiene ci siano errori, la correzione. Non così, invece, per i giudizi valutativi, di cui si può eventualmente chiedere la sola integrazione.

La violazione della privacy può nascondersi anche nel lembo della busta paga. I "cedolini" dello stipendio devono, infatti, essere "riservati", non mostrare a occhi indiscreti informazioni strettamente personali, come la sigla del sindacato a cui il lavoratore appartiene, le multe disciplinari, il motivo per cui si è ottenuto un sussidio. L'invito a una maggiore attenzione è stato rivolto, nel marzo '99, dal Garante a un Comune. L'Autorità ha però specificato che si tratta di accorgimenti da adottare anche in ambito privato.

Sono stati sempre i Comuni a offrire il destro per due interventi dell'Authority (uno di luglio e l'altro di novembre '98) sui questionari sottoposti dalle amministrazioni locali ai dipendenti. I moduli non prevedevano, infatti, garanzie a tutela della riservatezza di chi li compilava, perché non venivano adeguatamente informati circa lo scopo del sondaggio, non si specificava se il test fosse facoltativo o obbligatorio, si chiedeva di rispondere a quesiti in grado di rivelare l'appartenenza politico-sindacale. Il Garante ha così deciso di bloccare i sondaggi.

È di ottobre '99 un intervento dell'Autorità circa la necessità che il dipendente sia sempre informato sul destino dei propri dati personali e debba anche fornire il consenso al loro utilizzo. Il consenso di solito è fornito una sola volta per tutte le operazioni che il datore di lavoro può compiere con le informazioni del dipendente. Non è però esclusa, spiega il Garante, un'autorizzazione differenziata.

Informativa e consenso non devono mancare anche quando si ha a che fare con i curricula. Un adempimento che non deve, per esempio, essere dimenticato dalle società di collocamento o di selezione del personale. Il Garante, con un parere del dicembre '98, ha ricordato che possono essere utilizzati solo i dati personali necessari per l'offerta di lavoro e il candidato deve essere informato e deve esprimere il consenso (scritto, nel caso di dati sensibili) al loro utilizzo.

Non solo data di nascita, indirizzo, numero di telefono sono dati personali. Anche le rilevazioni, effettuate con i badge magnetici, degli ingressi e delle uscite dall'ufficio fanno parte della grande famiglia delle informazioni da tutelare e di cui il dipendente può chiedere la visione. Così ha stabilito l'Authority nel giugno '99.

Sempre nel '99, ma in ottobre, il Garante ha detto sì a un'azienda che intendeva effettuare riprese televisive, occasionali e per scopo pubblicitario, sul posto di lavoro.

Controllo a distanza può essere anche il monitoraggio che il datore di lavoro effettua sulla navigazione in rete del dipendente durante l'orario di lavoro, per scoprire se Internet viene utilizzato per compiti di ufficio o per divertimento. In questo senso, però, non esiste ancora un intervento del Garante. Al momento, l'unica iniziativa è un'indagine avviata nell'aprile scorso, attraverso la quale l'Autorità si ripromette di capire il tipo di software che permette al datore di lavoro di "spiare" il dipendente e quali aziende ne fanno uso.

ANTONELLO CHERCHI