LUIGI OLIVERI

Le nuove frontiere dello spoil system

(nota all'articolo 13 del d.l. 12 giugno 2001, n. 217)

Gli effetti del d.l. 217/2001 sull'impiego dei dipendenti pubblici presso gli uffici di diretta collaborazione dei ministri, oltre a ripristinare qualcosa d'antico rispetto al collocamento fuori-ruolo dei magistrati [1], possono davvero introdurre conseguenze inusitate, fin qui, nel reclutamento della dirigenza pubblica.

Appare opportuno, prima di proseguire nell'analisi, tornare un attimo indietro, e prendere in esame i tanti regolamenti di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione dei vari ministeri, fioriti in questo ultimo periodo, sui quali ci si è poco soffermati.

Detti uffici sono previsti dall'articolo 14, comma 2, del D.lgs 165/2001, nel quale è confluito l'eguale norma del D.lgs 29/1993. A mente della citata disposizione "Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 il Ministro si avvale di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l'amministrazione, istituiti e disciplinati con regolamento adottato ai sensi del comma 4-bis dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400. A tali uffici sono assegnati, nei limiti stabiliti dallo stesso regolamento: dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando; collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato; esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni, con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa. Per i dipendenti pubblici si applica la disposizione di cui all'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. Con lo stesso regolamento si provvede al riordino delle Segreterie particolari dei Sottosegretari di Stato. Con decreto adottato dall'autorità di governo competente, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, è determinato, in attuazione dell'articolo 12, comma 1, lettera n), della legge 15 marzo 1997, n. 59, senza aggravi di spesa e, per il personale disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina contrattuale, il trattamento economico accessorio, da corrispondere mensilmente, a fronte delle responsabilità, degli obblighi di reperibilità e di disponibilità ad orari disagevoli, ai dipendenti assegnati agli uffici dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato. Tale trattamento, consistente in un unico emolumento, è sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale. Con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al presente comma sono abrogate le norme del regio decreto-legge 10 luglio 1924, n. 1100, e successive modificazioni ed integrazioni, ed ogni altra norma riguardante la costituzione e la disciplina dei Gabinetti dei Ministri e delle Segreterie particolari dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato".

In attuazione e a specificazione della citata disposizione, il D.lgs 300/1999, all'articolo 7 ha stabilito quanto segue:

"1. La costituzione e la disciplina degli uffici di diretta collaborazione del ministro, per l'esercizio delle funzioni ad esso attribuite dagli articoli 3 e 14 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni, l'assegnazione di personale a tali uffici e il relativo trattamento economico, il riordino delle segreterie particolari dei sottosegretari di Stato, sono regolati dall'articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.

2. I regolamenti di cui al suddetto articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, si attengono, tra l'altro, ai seguenti principi e criteri direttivi:

a) attribuzione dei compiti di diretta collaborazione secondo criteri che consentano l'efficace e funzionale svolgimento dei compiti di definizione degli obiettivi, di elaborazione delle politiche pubbliche e di valutazione della relativa attuazione e delle connesse attività di comunicazione, nel rispetto del principio di distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione;

b) assolvimento dei compiti di supporto per l'assegnazione e la ripartizione delle risorse ai dirigenti preposti ai centri di responsabilità, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, anche in funzione della verifica della gestione effettuata dagli appositi uffici, nonché del compito di promozione e sviluppo dei sistemi informativi;

c) organizzazione degli uffici preposti al controllo interno di diretta collaborazione con il ministro, secondo le disposizioni del decreto legislativo di riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, in modo da assicurare il corretto ed efficace svolgimento dei compiti ad essi assegnati dalla legge, anche attraverso la provvista di adeguati mezzi finanziari, organizzativi e personali;

d) organizzazione del settore giuridico-legislativo in modo da assicurare: il raccordo permanente con l'attività normativa del Parlamento, l'elaborazione di testi normativi del Governo garantendo la valutazione dei costi della regolazione, la qualità del linguaggio normativo, l'applicabilità delle norme introdotte, lo snellimento e la semplificazione della normativa, la cura dei rapporti con gli altri organi costituzionali, con le autorità indipendenti e con il Consiglio di Stato;

e) attribuzione dell'incarico di Capo degli uffici di cui al comma 1 ad esperti, anche estranei all'amministrazione, dotati di elevata professionalità".

Come si nota, entrambe le disposizioni insistono sull'elevata professionalità dei soggetti da preporre a capo dei suddetti uffici di diretta collaborazione, dato il rilievo strategico e le responsabilità amministrativo-politiche che sono chiamati ad assumersi.

Ed infatti i regolamenti attuativi che sono, come detto sopra, proliferati negli ultimi mesi[2] hanno disposto, con formule standardizzate, che ai soggetti posti a capo di detti uffici di diretta collaborazione spetti, in generale, un trattamento economico equivalente a quello spettante ai dirigenti preposti ad uffici dirigenziali di livello generale, con un trattamento accessorio anch'esso equivalente, aumentabile fino al 30% per l'incarico di capo di gabinetto. Pertanto, i regolamenti attuativi delle disposizioni sopra citate hanno, nella sostanza, considerato gli incarichi di preposizione agli uffici di diretta collaborazione dei ministri equivalenti agli incarichi di direzione di uffici dirigenziali di livello generale. Fanno eccezione i capi delle segreterie dei ministri e di sottosegretari ed i componenti dei collegi di direzione dei servizi di controllo interno, ai quali si applica il trattamento economico dei dirigenti di seconda fascia, non titolari di funzioni dirigenziali di livello generale. Inoltre, ai capi degli uffici stampa si attribuisce un trattamento economico non superiore a quello previsto dal CCNL per i giornalisti, per la qualifica di redattore capo. In ogni caso, come si nota, a capo degli uffici in argomento sono preposti soggetti dotati di funzioni dirigenziali, generali o non generali.

E' bene ricordare che la generalità dei regolamenti attuativi ha individuato come uffici di diretta collaborazione:

a) la segreteria del Ministro;

b) l'ufficio di Gabinetto;

c) la segreteria tecnica del Ministro;

d) l'ufficio legislativo;

e) l'ufficio stampa;

f) il servizio di controllo interno ed i relativi uffici di supporto di cui all'articolo 4, comma 5;

g) le segreterie dei Sottosegretari di Stato

La necessità, pertanto, dell'elevata professionalità espressamente richiesta dall'articolo 7, comma 2, lettera e), del D.lgs 300/1999, è motivata dalle notevoli competenze e capacità che debbono caratterizzare i titolari degli uffici di diretta collaborazione dei ministri.

Non a caso, i regolamenti attuativi prevedono generalmente, ad esempio, che il capo di gabinetto venga nominato tra persone, anche estranee alla pubblica amministrazione, in possesso di capacità adeguate alle funzioni da svolgere, avuto riguardo ai titoli professionali, culturali e scientifici ed alle esperienze maturate. Per quanto riguarda il capo dell'ufficio legislativo, si prevede che sia nominato tra magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati dello Stato e consiglieri parlamentari, fra dirigenti delle pubbliche amministrazioni, nonché fra docenti universitari, avvocati ed altri operatori professionali del diritto[3], anche estranei alla pubblica amministrazione, in possesso di adeguata capacità ed esperienza nel campo della consulenza giuridica e legislativa e della progettazione e produzione normativa.

Inoltre, quanto al personale da adibire agli uffici di diretta collaborazione, la formula generalmente utilizzata dai vari regolamenti ministeriali prevede che "il contingente di personale degli uffici di diretta collaborazione, ad eccezione di quello di cui all'articolo 2, comma 2, lettere f) e g), è stabilito complessivamente in novantadue unità comprensive delle unità addette al funzionamento corrente degli uffici medesimi. Entro tale contingente complessivo possono essere assegnati ai predetti uffici dipendenti del Ministero ovvero altri dipendenti pubblici, anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo, comando o in altre analoghe posizioni previste dai rispettivi ordinamenti, nonchè, nel limite del venti per cento del predetto contingente complessivo, collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni, anche con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, nel rispetto del criterio dell'invarianza della spesa di cui all'articolo 14, comma 2, del decreto legislativo n. 29 del 1993[4]".

Si ribadisce, dunque, anche per i consulenti ed i collaboratori la necessità di una particolare professionalità e specializzazione, che per quanto riguarda gli altri dipendenti è garantita dal curriculum professionale in loro possesso.

Ora, rileggendo l'articolo 13 del d.l. 217/2001 si nota che "gli incarichi di diretta collaborazione del Presidente del Consiglio, del Ministro, del Vice Ministro o del Sottosegretario, possono essere attribuiti anche a dipendenti pubblici di qualsiasi ordine, grado e qualifica, appartenenti a qualsiasi amministrazione di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29".

La norma, così come scritta, con l'utilizzo della congiunzione "anche" (che, secondo i vocabolari, assume il significato di "inoltre", "pure", "per di più", "perfino") potrebbe essere interpretata nel senso che gli incarichi di preposizione agli uffici di diretta collaborazione possa riguardare, oltre che i soggetti indicati in generale dall'articolo 14, comma 2, del D.lgs 165/2001, dall'articolo 7 del D.lgs 300/1999 e dai regolamenti attuativi, appunto "anche" tutti questi altri soggetti, eventualmente prescindendo dal possesso dei requisiti di alta professionalità pur previsti dalle norme citate in precedenza. Si supererebbe, per questa strada e sia pure limitatamente alla fattispecie della preposizione agli uffici di diretta collaborazione, il principio d'eccellenza recentemente sottolineato dalla Corte dei conti, Sezione centrale del controllo di legittimità, con la deliberazione 23 maggio 2001 n. 22 (in www.giust.it). In sostanza, infatti, l'interpretazione meramente letterale del disposto dell'articolo 13 del d.l. 217/2001, sembrerebbe consentire di incaricare qualsiasi dipendente, qualunque sia la sua qualifica, sicchè ad assumere funzioni sostanzialmente coincidenti con quelle di un dirigente generale o di un dirigente di seconda fascia, dipendenti pubblici di qualifica anche molto diversa, non necessariamente laureati.

Il d.l. 217/2001, per la verità, pare contenga la formulazione che si commenta soprattutto al fine di superare appunto i limiti alla posizione di fuori-ruolo dei magistrati, al fine di attribuire agli uffici di diretta collaborazione personale particolarmente qualificato e di spiccatissima professionalità. Però, così come è scritta, l'applicazione letterale della norma può portare a risultati distorsivi anche rispetto alla disciplina degli incarichi dirigenziali di cui all'articolo 19, comma 6, del D.lgs 165/2001, con una liberalizzazione assoluta degli organi di governo, nella scelta dei dirigenti da preporre al vertice delle strutture amministrative.

Si può aprire, dunque, una nuova frontiera dello spoil system, consistente nella totale libertà (attualmente per il ministro, domani forse anche per gli altri organi di governo) di scelta dei soggetti, dipendenti da amministrazioni pubbliche, da incaricare delle funzioni dirigenziali, col risultato di una sempre più marcata contiguità politica tra organo di governo e dirigente, tale da mettere in seria discussione il rapporto di separazione delle funzioni politica e gestionale, se questa liberalizzazione vada oltre i confini degli uffici di diretta collaborazione dei ministri.

Per altro, per questi uffici, ed in particolare con riferimento ai capi delle segreterie dei ministri, dei loro vicari e dei sottosegretari, i regolamenti sull'ordinamento degli uffici di diretta collaborazione già prevedono una totale liberalizzazione, in quanto dispongono che detti soggetti siano scelti "fra persone anche estranee alla pubblica amministrazione, sulla base di un rapporto fiduciario di diretta collaborazione con il ministro", senza chiedere nessun'altra particolare qualificazione che non derivi, quindi, dal solo rapporto di particolare fiducia che lega il titolare dell'organo di governo con il soggetto cui attribuire, lo si ripete, un incarico di natura dirigenziale e come tale retribuito.

Ora, non v'è dubbio che gli uffici di diretta collaborazione dei ministri hanno il compito di supportare in particolare l'azione di governo, fornendo il servizio continuativo che assicura il presidio delle varie funzioni e competenze del ministro, anche quando questo sia impegnato in Parlamento o all'estero o, ancora, nelle funzioni propriamente di rappresentanza o politiche, sicchè sembra del tutto accettabile che lo staff di coloro che coadiuvano il ministro nell'esercizio delle funzioni di governo sia scelto in modo libero dal titolare dell'organo medesimo. Il quale deve potersi fidare assolutamente del suo staff, col quale deve necessariamente intercorrere una particolare sintonia e unità di intenti, che non possono essere negate.

Per questa strada lo spoil system appare giustificabile e forse necessario, anche se applicazioni distorte che portino a posizioni dirigenziale chi non abbia i titoli di professionalità richiesti dalle posizioni medesime appaiono non conformi alla necessità di un'azione di governo che sia improntata alla qualità e all'efficienza.

La liberalizzazione delle scelte degli organi di governo rispetto ai propri diretti collaboratori, anzi, appare forse il vero alveo nel quale propriamente lo spoil system possa operare.

Tuttavia, se questo modello si esporta alle persone da preporre alle funzioni non di governo, ma gestionali, il principio di separazione, ma soprattutto quanto prevede l'articolo 98, comma 1, della Costituzione, a mente del quale i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione, sarebbero certamente violati.

C'è da capire se gli sviluppi dello spoil system riguarderanno solo gli incarichi di supporto alle funzioni di governo, oppure se il d.l. 217/2001 sia il primo e deciso passo verso un nuovo sistema di reclutamento della dirigenza pubblica. Così come resta da capire se la formulazione dell'articolo 13 sarà interpretata letteralmente come deroga al sistema di assegnazione degli incarichi dirigenziali, o se, al contrario, sarà vista come in combinazione alle previsioni dell'articolo 7 del D.lgs 300/1999 e delle previsioni dei regolamenti attuativi che, con l'eccezione delle segreterie particolari, continuano a prevedere una professionalità piuttosto spiccata come presupposto per l'assegnazione degli incarichi di preposizione agli uffici di diretta collaborazione dei ministri.

Nell'attuale fase occorre, ovviamente, sospendere il giudizio, prendendo atto, comunque, del fatto che la liberalizzazione delle nomine attualmente riguarda gli uffici di diretta collaborazione e che lo sviluppo dello spoil system resta confinato in questo ambito. Occorrerà, allora, guardare con attenzione al ruolo che assumerà il capo di gabinetto, nei riguardi delle strutture amministrative regionali. Nel precedente sistema, l'articolo 5 del r.d.l. 1100/1924 stabiliva che i gabinetti e le segreterie particolari attendono alla corrispondenza privata, collaborano all'opera personale del ministro o del sottosegretario di Stato, ma non possono intralciare l'azione normale degli uffici amministrativi né sostituirsi agli stessi; v'era una chiara previsione normativa che impediva all'ufficio di gabinetto di esercitare funzioni di amministrazione.

Nel Dpr 455/2000, l'articolo 1, comma 6, dispone che "il capo di Gabinetto, salvo quanto previsto dai commi 3 e 4, coordina l'intera attività di supporto e gli uffici di diretta collaborazione, i quali, ai fini di cui al decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, costituiscono un unico centro di responsabilità, ed assicura il raccordo tra le funzioni di indirizzo del Ministro e le attività di gestione del Ministero, nel rispetto del principio di distinzione tra tali funzioni". Il divieto di esercitare anche funzioni amministrative dirette che vadano oltre le competenze dell'organo di governo appare più sfumato, ma il principio della separazione delle funzioni resta confermato, anche se occorrerà valutare nei fatti come nella concreta esperienza gestionale il principio sarà rispettato e come, quindi, lo spoil system continuerà la sua opera di "erosione" o meno dei principi organizzativi delle amministrazioni pubbliche.





[1] Si veda l'articolo di L. SPAGNOLETTI, C'è qualcosa di nuovo oggi nell'aria, anzi d'antico: l'art. 13 del d.l. 12 giugno 2001, n. 217 e la "liberalizzazione" dei fuori-ruolo dei magistrati, in www.giust.it n. 6-2001.

[2] Si veda, ad esempio il Dpr 451/2000, regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, o il Dpr 455/2001, regolamento recante disposizioni relative agli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

[3] Rispetto a questo inciso "operatori professionali del diritto", il Consiglio di stato, Sezione consultiva per gli atti normativi, col parere 137/2000 reso nell'adunanza del 12 febbraio 2001, ha ritenuto, in riferimento a regolamento di disciplina degli uffici di diretta collaborazione del Ministro del lavoro, che si tratti "di formulazione eccessivamente generica che non garantisce che la scelta alle elevate ed impegnative funzioni di capo dell'ufficio legislativo cada su persona fornita dell'occorrente qualificazione e professionalità".

[4] Così l'articolo 5, comma 1, del Dpr 455/2000.



V. in argomento:

Il testo del d.l. 12 giugno 2001, n. 217

L. SPAGNOLETTI, C'è qualcosa di nuovo oggi nell'aria, anzi d'antico: l'art. 13 del d.l. 12 giugno 2001, n. 217 e la "liberalizzazione" dei fuori-ruolo dei magistrati.