INDICE

 

Presentazione

Il Testo Unico

La guida

Che cosa cambia e perché

Gli approfondimenti

Le parole chiave

Vecchie e nuove certezze pubbliche

Le schede:

Il piano di azione per l’e-government e la decertificazione

Documento informatico e firma digitale

La Carta d’identità elettronica

Le norme sulla gestione informatica dei documenti

Strumenti:

Circolare alle Prefetture

Esempi di modulistica

 

Le attività del Progetto Semplifichiamo

 

 

 

 

 

 

Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa

 

 

GUIDA ALLE NOVITÀ

 

 

PRESENTAZIONE

di Filippo Patroni Griffi

Consigliere di Stato

Coordinatore del Nucleo per la semplificazione delle norme e delle procedure presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri

Platone, filosofo dell’antica Grecia, avvertiva che non vi è nulla di più difficile che dare una buona legislazione a uno Stato. E per fare ciò occorreva porsi con lo stesso stato d’animo con il quale si pone un vecchio nel dare lezioni a un fanciullo.

Isabella e Giuseppe –che sono semplicemente i miei figli, dodici e dieci anni- in procinto di partire con la scuola per la Francia, mi hanno chiesto: "Come mai due anni fa, all’altro viaggio, siamo dovuti venire con te al Comune per la fotografia, e questa volta no?".

Dal che si capiscono due cose:

    1. da Platone sono passati più di duemila anni, ma nei cittadini e negli operatori economici è viva un’esigenza di fondo: avere poche leggi, facili da trovare e semplici da comprendere;
    2. la semplificazione burocratica, che riguarda i certificati, è percepita immediatamente, direi istintivamente, dai cittadini, perché incide sulla loro vita quotidiana.

Non sempre è possibile avere poche leggi: la vita di una società complessa come quella attuale richiede regole e le regole, per essere rispettate da tutti, devono quasi sempre essere tradotte in leggi e regolamenti.

Però è lecito aspettarsi, in uno Stato ben ordinato, che le regole siano ridotte allo stretto necessario e siano ben scritte.

Partendo da questa idea, nell’ultimo decennio, in gran parte dei Paesi dell’Unione europea e in quelli che aderiscono all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), si è messo in moto un processo volto ad assicurare una migliore qualità delle norme che regolano la vita dei cittadini e delle imprese.

L’Italia non è rimasta fuori da questo processo; anzi, negli ultimi quattro anni, cioè a partire dalla legge n. 59 del 1997, il problema della semplificazione burocratica è andata di pari passo con il riordino del sistema normativo, perché le regole e le procedure burocratiche sono previste in leggi e regolamenti e quindi non si può "semplificare" senza pensare di riordinare le norme e migliorarle.

Tra gli strumenti di semplificazione normativa il testo unico è uno dei più efficaci. In che consiste? Si parte dal problema: in un certo periodo tempo, tante leggi e regolamenti si sono accavallati, in maniera spesso non coordinata, con la conseguenza che, a un certo punto, le regole che disciplinano una materia sono tante, è difficile capire quali esistano e quali siano state abrogate da leggi successive, si crea cioè quella che è stata efficacemente chiamata "giungla normativa". A questo punto, che fa il testo unico? Raccoglie tutte le norme che si sono succedute nel tempo in quella materia, le esamina, vede quali sono quelle ancora vigenti, valuta se queste norme sono ancora valide o se sono diventate antiquate, valuta anche se le regole possono essere semplificate o scritte meglio. Infine, tutte le norme che sono rimaste sono "messe" in un unico testo e tutte le leggi e i regolamenti preesistenti sono abrogati.

Questa è l’operazione che è stata fatta anche per il testo unico sulla documentazione amministrativa.

Negli ultimi tre anni, a partire dalla legge n. 15 del 1968 (ma il testo unico esamina anche norme precedenti), in materia di documentazione amministrativa si sono avute molte novità, dovute, da una parte, all’esigenza di ridurre il fardello di documenti e di formalità burocratiche richiesti ai cittadini, dall’altra, all’innovazione tecnologica, che ha consentito di modernizzare le amministrazioni pubbliche con l’introduzione degli strumenti informatici e telematici negli uffici pubblici.

Il rischio era che tutte queste novità, proprio perché succedutesi in poco tempo e contenute in leggi e regolamenti sparsi, fossero poco conosciute al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori; con la conseguenza che i cittadini, poco abituati a districarsi nelle leggi, anche in quelle di semplificazione, continuassero, complice una certa burocrazia refrattaria alle nuove regole, a vivere come se nulla fosse accaduto.

Con il testo unico si è fatta dunque una duplice operazione: si sono raccolte e sistemate in un unico testo, che ha valore "misto" di legge e di regolamento, tutte le norme che riguardano la materia della documentazione amministrativa (dai certificati alla firma digitale); si è fatta un’ulteriore opera di semplificazione, introducendo, in particolare, il divieto per le amministrazioni di chiedere certificati in tutti quei casi, cioè la quasi totalità, in cui sia ammessa l’autodichiarazione.

Il testo unico è frutto del lavoro del Nucleo per la semplificazione delle norme e delle procedure e del Progetto "semplifichiamo" del Dipartimento della funzione pubblica. Le attività del progetto sono illustrate alla fine di questa Guida.

Il Nucleo per la semplificazione è stato istituito dalla legge n. 50 del 1999, la prima legge annuale di semplificazione. Si tratta di un’unità di missione, cioè di un ufficio sorto per svolgere un compito ben preciso: semplificare le procedure amministrative e riordinare le norme esistenti in testi unici. A questo compito se ne affianca un altro, sempre finalizzato al miglioramento della qualità delle norme: introdurre nel nostro processo normativo l’analisi dell’impatto della regolazione.

L’attività del Nucleo –con tutte le difficoltà connesse ai primi quindici mesi di vita di una nuova entità, che ha lavorato al 60% dell’organico previsto per legge- ha consentito, oramai alla fine della legislatura, di tracciare un bilancio dello stato della semplificazione. Questi i numeri: su circa 184 procedimenti per i quali le leggi Bassanini prevedono la semplificazione ad opera del Governo, per 54 è stato accertato, dopo un’istruttoria, che la semplificazione era stata realizzata da altre leggi (per esempio, in materia di commercio), altri 91 procedimenti sono stati semplificati con regolamenti in vigore o almeno già esaminati dal Consiglio dei Ministri, altri diciassette saranno semplificati entro l’estate, mentre solo per 26 procedimenti deve ancora essere avviata l’istruttoria.

Alla semplificazione procedimentale si aggiunge il riordino delle norme per testi unici. Il testo unico sulla documentazione amministrativa è il primo ad entrare in vigore (ma andrebbe ricordato, in questa legislatura, anche quello sugli enti locali). Altri testi unici, però, sono pronti e stanno seguendo la procedura prevista per la loro emanazione: sull’università, sull’attività edilizia dei privati cittadini, sull’espropriazione per pubblica utilità, e poi ancora sulle pensioni e sulle spese per il funzionamento della giustizia.

Il testo unico sulla documentazione amministrativa ha l’importanza della primogenitura; nella stesura sono stati affrontati tutti i problemi: le tecniche per rendere facilmente comprensibile il testo, per raccogliere quanto più possibile tutte le norme della materia (definire il confine non è stato facile), per semplificare il linguaggio senza modificare il senso della norma; la semplificazione ulteriore di alcune procedure prima di inserirle nel testo unico; la combinazione delle procedure tradizionali con le nuove opportunità consentite dall’innovazione tecnologica.

Ora la normativa sui documenti e i certificati c’è ed è tutta reperibile in un solo testo: toccherà alle amministrazioni applicarla nella vita di tutti i giorni e ai cittadini servirsene.

 

 

 

 

 

Questa guida si propone di illustrare le novità del Testo Unico e che cosa bisogna fare per metterle in pratica. Contiene 12 paragrafi che corrispondono, ciascuno, ad un argomento. Ogni paragrafo è diviso in due parti. La prima, "che cosa cambia" spiega quali sono le novità e quali sono gli effetti pratici del Testo Unico. La seconda, "perché", spiega l’evoluzione delle norme e le ragioni che hanno portato alle nuove disposizioni.

Chi vuole saperne di più troverà, alla fine della guida, la risposta alle esigenze di approfondimento che possono nascere dalla lettura del Testo Unico.

 

  1. CHI PUO’ E CHI DEVE APPLICARE LE DISPOSIZIONI DEL TESTO UNICO (art. 2)

Cosa cambia

L’applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione viene estesa a tutti i soggetti privati che le vogliano accettare. Ciò significa che i privati, come ad esempio banche ed assicurazioni, hanno la possibilità di accettare l’autocertificazione, ma non sono obbligati a farlo, poiché si tratta di una facoltà e non di un obbligo.

Le disposizioni del testo unico sulla produzione di atti e documenti, quindi, si applicano:

    1. A tutte le amministrazioni pubbliche;
    2. Ai gestori di servizi pubblici nei rapporti con l’utenza
    3. I gestori di servizi pubblici sono tenuti ad applicarle nei rapporti con l’utenza, mentre nei rapporti con il personale, con le imprese che partecipano alle gare ecc. sono equiparati ai privati, e non sono quindi tenuti ad accettare l’autocertificazione, ma possono scegliere di farlo;

    4. Ai privati che lo consentono.

Perché

Le novità sopra descritte si sono rese necessarie perché la semplificazione prodotta dal ricorso all’autocertificazione nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di pubblici servizi è stata tale da renderne interessante l’utilizzo anche per alcuni soggetti privati come banche, assicurazioni, ecc. Anche per questi soggetti gli strumenti di semplificazione della documentazione amministrativa sono una risorsa capace di snellire la propria attività e di migliorare il proprio rapporto con l’utenza. Per questo, con la legge n. 340 del 2000, le cui disposizioni in materia sono ora raccolte nel Testo Unico, è stata riconosciuta anche ai privati la possibilità di accettare le autocertificazioni dai propri clienti, senza però limitare la loro sfera di autonomia privata e quindi senza imporre loro l’obbligo di accettare le dichiarazioni sostitutive.

Fate attenzione

 

  1. CHI PUO’ UTILIZZARE LE DISPOSIZIONI DEL TESTO UNICO (art. 3)

Cosa cambia

La possibilità di utilizzare le dichiarazioni sostitutive è estesa anche agli extracomunitari con regolare permesso di soggiorno limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili in Italia da soggetti pubblici. Inoltre le dichiarazioni sostitutive possono essere utilizzate anche nell’ambito di materie per cui esiste una convenzione fra l’Italia ed il Paese di provenienza del cittadino extracomunitario (ad es. convenzioni in materia tributaria). Restano comunque salvi i casi espressamente regolati dal "Testo Unico sull’immigrazione".

Le disposizioni in materia di produzione di atti o documenti possono quindi essere utilizzate da:

Perché

La limitazione della possibilità di utilizzare le autocertificazioni con le stesse modalità previste per i cittadini italiani ai soli cittadini extracomunitari residenti in Italia ha creato dei problemi operativi e degli aggravi di procedura in tutti i procedimenti in cui la situazione rilevante non è la residenza ma il possesso del regolare permesso di soggiorno. Per questo si è ritenuto di superare questa limitazione estendendo la possibilità di utilizzare direttamente le autocertificazioni anche ai cittadini non residenti ma con regolare permesso di soggiorno, dato che anche nei loro confronti è possibile operare una verifica di quanto dichiarato presso le amministrazioni pubbliche italiane.

 

  1. CASI DI IMPEDIMENTO (art. 4)

Cosa cambia

La dichiarazione nell’interesse di chi si trovi in una situazione di impedimento temporaneo per ragioni di salute, può essere sostituita dalla dichiarazione, resa dal coniuge o, in sua assenza, dai figli o, in mancanza di questi, da un altro parente in linea retta o collaterale fino al terzo grado. Tale dichiarazione deve contenere l’indicazione dell’esistenza di un impedimento temporaneo per ragioni di salute e va resa davanti al pubblico ufficiale, che deve accertare l’identità del dichiarante.

Per i casi di impedimento a firmare (e cioè analfabetismo o impedimento fisico) già previsti dal d.P.R. 403 del 1998, il Testo Unico elimina l’indicazione delle cause dell’impedimento mantenendo ferma l'identificazione della persona che rende la dichiarazione e l’attestazione da parte del pubblico ufficiale che la dichiarazione è stata a lui resa in presenza di un impedimento a sottoscrivere.

Fate attenzione:

Il grado di parentela si calcola:

Dalla parentela va distinta l’affinità, che è il rapporto che lega un coniuge ai parenti dell’altro coniuge. Le persone legate a chi si trova in uno stato di impedimento da un rapporto di affinità non possono rendere dichiarazioni per suo conto.

In sintesi possono effettuare la dichiarazione al posto di chi si trova in uno stato di impedimento:

Perché

L’art. 4 disciplina i casi di impedimento e introduce al comma 1 una nuova semplificazione per i casi di temporaneo impedimento per ragioni di salute che permetterà di affrontare numerose problematiche ripetutamente segnalate nel corso dell’applicazione del d.P.R. n.403 del 1998. Per ragioni di tutela della riservatezza dei dati personali è stata eliminata la menzione della causa dell’impedimento.

 

  1. AUTENTICA DI COPIE (art. 19)

Cosa cambia

Il Testo Unico amplia i casi in cui è ammessa la possibilità, già introdotta dal d.P.R. n. 403 del 1998 per le pubblicazioni, di sostituire l’autentica di copia di un documento con la dichiarazione di conformità all’originale, effettuata con dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà.

In particolare, è possibile attestare che è conforme all’originale:

L’utilizzo di questo strumento di semplificazione si aggiunge, senza prevederne però l’eliminazione, alle modalità più tradizionali di autentica delle copie già previste dalla legge n. 15 del 1968 e dal d.P.R. n. 403 del 1998:

Fate attenzione

Perché

Lo strumento introdotto dall’art. 2, comma 2 del d.P.R. n. 403 del 1998 si è dimostrato molto utile per ridurre le incombenze che l’autentica di copia pone a carico sia dell’amministrazione pubblica che dei cittadini. Per questo si è ritenuto opportuno ampliare l’utilizzo della dichiarazione di conformità anche a casi diversi da quelli in cui è richiesta l’autentica della copia di una pubblicazione, estendendola ad una più ampia casistica di documenti amministrativi.

 

  1. LEGALIZZAZIONE DI FOTOGRAFIE (art. 34)
  2. Cosa cambia

    L’art.55, comma 3 della legge n.342 del 2000, riportato all’art 34 del Testo Unico, ha definitivamente chiarito che la legalizzazione delle fotografie è esente da bollo. Rimane ferma la legalizzazione della fotografia, presentata dal diretto interessato, presso le amministrazioni competenti al rilascio di documenti personali o presso il Comune.

    Perché

    Anche in questo caso viene definitivamente chiarita una annosa problematica interpretativa relativa all’imposta di bollo.

     

  3. PRESENTAZIONE DI ISTANZE E DICHIARAZIONI SOSTITUTIVE DELL'ATTO NOTORIETA' (artt. 21 e 38)

Che cosa cambia

L’autenticità della firma delle istanze e di tutte le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà rivolte alle pubbliche amministrazioni o ai gestori di servizio pubblico viene sempre assicurata attraverso la firma di fronte al dipendente addetto oppure attraverso la presentazione o l’invio per fax allegando la fotocopia del documento d’identità della persona che l’ha firmata. La fotocopia va inserita nel fascicolo.

Rimane l’autenticazione con le modalità tradizionali davanti al notaio, segretario comunale, dipendente incaricato dal sindaco, cancelliere, dipendente addetto a ricevere la documentazione:

 

Fate attenzione

Le istanze e le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà:

Perché

L’eliminazione dell’obbligo di autentica della firma delle dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà contestuali o comunque collegate ad un’istanza rivolta alla pubblica amministrazione, e la sua sostituzione con la possibilità di firmarle in presenza del dipendente addetto o di presentarle allegando la fotocopia del documento di identità del dichiarante - come previsto dall’art. 2 della legge n. 191 del 1998 - si sono rivelate molto efficaci nel semplificare gli adempimenti connessi alla presentazione di documenti alla pubblica amministrazione. Di fatto, l’unico onere restava quello di verificare l’esistenza di una condizione di contestualità o di collegamento fra la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà e l’istanza, condizione che peraltro risulta essere presente nella gran parte dei casi pratici e rende quindi spesso superflua la distinzione. Per questo si è ritenuto di eliminare questa distinzione, prevedendo che tali modalità di sostituzione dell’autentica valgano in tutti i casi in cui sia necessario presentare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà alla pubblica amministrazione.

 

  1. "VIETATO" CHIEDERE CERTIFICATI AI CITTADINI (artt. 43 e 46)

Cosa cambia

In base all’art. 43 del Testo Unico, le amministrazioni e i gestori di pubblici servizi non possono chiedere ai cittadini

Invece di chiedere i certificati al cittadino, le amministrazioni e i gestori di servizio pubblico devono accettare l’autocertificazione o acquisire d’ufficio le informazioni necessarie, facendosi indicare dal cittadino interessato gli elementi indispensabili al loro reperimento (ad esempio per un diploma di maturità il cittadino deve indicare la scuola e l’anno in cui lo ha conseguito).

Le amministrazioni e i gestori di pubblici servizi non possono più chiedere i certificati relativi a:

    1. data e luogo di nascita;
    2. residenza;
    3. cittadinanza;
    4. godimento dei diritti civili e politici;
    5. stato di celibe, coniugato, vedovo o stato libero;
    6. stato di famiglia;
    7. esistenza in vita;
    8. nascita del figlio, morte del coniuge, del genitore, del figlio ecc.;
    9. iscrizione in albi o elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni (come ad esempio l’iscrizione alla Camera di Commercio);

    1. appartenenza a ordini professionali;
    2. titolo di studio, esami sostenuti;
    3. qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, abilitazione, formazione, aggiornamento e qualificazione tecnica;
    4. reddito, situazione economica;
    5. assolvimento di obblighi contributivi;
    6. possesso e numero di codice fiscale, di partita IVA e tutti i dati presenti nell’archivio dell’anagrafe tributaria;
    7. stato di disoccupazione;
    8. qualità di pensionato e categoria di pensione;
    9. qualità di studente;
    10. qualità di legale rappresentante di persone fisiche o giuridiche, di tutore, di curatore e simili;
    11. iscrizione presso associazioni o formazioni sociali di qualsiasi tipo;

    1. tutte le situazioni relative all'adempimento degli obblighi militari, comprese quelle attestate nel foglio matricolare dello stato di servizio;

  1. non aver riportato condanne penali e non essere destinatario di provvedimenti iscritti nel casellario giudiziale;
  2. non essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali;
  3. vivere a carico;
  4. tutti i dati contenuti nei registri di stato civile (ad esempio la maternità, la paternità, la separazione o comunione dei beni);
  5. non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento e non aver presentato domanda di concordato.

La richiesta di questi certificati costituisce violazione dei doveri d’ufficio.

 

Fate attenzione

 

Perché

Il divieto, che il d.P.R. n. 403 del 1998 aveva previsto soltanto per alcune amministrazioni (scuole, motorizzazione civile, comuni, università), di richiedere certificazioni per tutti gli stati, le qualità personali o i fatti attestabili con dichiarazione sostitutiva di certificazione, si è rivelato lo strumento più idoneo per dare effettiva e completa realizzazione dei principi, a lungo inapplicati, della legge n.15 del 1968 e dell’art.18 della legge n. 241 del 1990. Per questo si è ritenuto utile generalizzare a tutte le amministrazioni questo divieto, assicurando d’altra parte l’esigenza di certezza e di buon andamento dell’attività amministrativa attraverso disposizioni tese a rendere più agevoli le attività di acquisizione diretta e di controllo per via telematica, attraverso le quali si dovrebbe arrivare, a regime, alla completa eliminazione sia dei certificati che delle autocertificazioni attraverso lo scambio dei dati tra amministrazioni per via telematica.

 

  1. LE DICHIARAZIONI SOSTITUTIVE DI CERTIFICAZIONE (art. 46)

Cosa cambia

L’elenco degli stati, dei fatti e delle qualità personali attestabili con dichiarazione sostitutiva di certificazione viene integrato. Oltre ai casi già previsti dal d.P.R. n. 403 del 1998 si può attestare con dichiarazione sostitutiva di certificazione:

Le dichiarazioni sostitutive di certificazione possono essere presentate ai privati che vi consentono (vedi anche paragrafo 1).

Fate attenzione

La dichiarazione sostitutiva di certificazione:

Perché

Alcune certificazioni frequentemente richieste ai cittadini risultavano escluse dagli elenchi di cui all’art. 2 della legge n. 15 del 1968 ed all’art. 1, comma 1 del d.P.R. n. 403 del 1998, contenenti l’indicazione delle certificazioni per cui è ammessa la sostituzione tramite dichiarazione sostitutiva di certificazione. Tale lacuna produceva spesso la conseguenza di maggiori oneri nei confronti dei cittadini. Per questo, attraverso l’art. 46 del Testo Unico, si è provveduto ad ampliare l’elenco degli stati, qualità personali e fatti comprovabili con dichiarazione sostitutiva di certificazione.

  1. DOCUMENTI DI RICONOSCIMENTO E DI IDENTITA’ (art. 35)

Cosa cambia

All’art. 35 viene chiarito che in tutti i casi in cui nel Testo Unico viene richiesto un documento d’identità esso può essere sostituto da un documento di riconoscimento equipollente. Sono equipollenti alla carta d’identità:

Perché:

Queste disposizioni esplicitano le previsioni della normativa previgente in modo da evitare le problematiche interpretative che si sono registrate.

 

  1. LE DICHIARAZIONI SOSTITUTIVE DI ATTO DI NOTORIETÀ (artt. 38 e 47)

Cosa cambia

Tutte le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà rivolte alle amministrazioni ed ai gestori di servizi pubblici, anche quelle non collegate ad una domanda, sono sottoscritte davanti al dipendente addetto oppure presentate o inviate con la fotocopia del documento d’identità della persona che le ha firmate.

La firma delle dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà rivolte ai privati va autenticata con conseguente pagamento dell’imposta di bollo.

Con la dichiarazione sostituiva dell’atto di notorietà possono essere attestati quindi:

Inoltre l’art. 37 prevede che ai fini del rilascio dei duplicati di documenti è possibile attestarne lo smarrimento con dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà nei casi in cui la legge non preveda la denuncia all’autorità giudiziaria.

 

Fate attenzione

Le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà:

 

  1. CONTROLLI E ACQUISIZIONE DIRETTA (artt. 43, 71 e 72)

Cosa cambia

Per agevolare i controlli, anche a campione e nei casi di ragionevole dubbio, sulla veridicità delle dichiarazioni rese e l’acquisizione diretta di dati e documenti, che le amministrazioni sono tenute ad effettuare, il Testo Unico prevede che:

Per quanto riguarda le responsabilità delle amministrazioni il Testo Unico stabilisce che:

Inoltre il Testo Unico stabilisce le modalità per i controlli da parte dei soggetti privati ai quali è stata estesa la facoltà di accettare le autocertificazioni:

Infine se le dichiarazioni sostitutive presentano delle irregolarità o delle omissioni che non costituiscono falsità, il funzionario competente a ricevere la documentazione dà notizia all’interessato di tale irregolarità. In mancanza di regolarizzazione da parte dell’interessato, il procedimento per il quale è stata resa la dichiarazione non ha seguito.

Fate attenzione

 

Perché

La grande attenzione alle esigenze di semplificazione dell’attività amministrativa che ha contraddistinto la normativa di riforma degli ultimi anni non ha offuscato la consapevolezza dell’importanza della certezza pubblica, che si è cercato di garantire prevedendo e potenziando il sistema dei controlli sulle autocertificazioni. Le disposizioni contenute a tale riguardo nel d.P.R. n. 403 del 1998 si sono dimostrate in tal senso particolarmente significative. Prendendo spunto dalle esperienze di attuazione di queste disposizioni, il Testo Unico ha precisato meglio le misure organizzative da adottare per assicurare l’efficacia dei controlli, affermando in particolare dei precisi doveri e delle responsabilità per le amministrazioni certificanti, sia nel mettere a disposizione le proprie banche dati, sia nell’approntare e nel rendere noti gli adempimenti organizzativi necessari per dare risposta alle amministrazioni che richiedono la conferma dei dati autocertificati dai cittadini.

 

  1. DOVERI E RESPONSABILITÀ DEI DIPENDENTI PUBBLICI (artt. 72-74)

Cosa cambia

Il Testo Unico prevede espressamente che costituisca violazione dei doveri d’ufficio la richiesta di certificati o di atti di notorietà nei casi previsti dall’articolo 43 (vedi par. 7), in cui ci sia l’obbligo del dipendente di accettare la dichiarazione sostitutiva. Inoltre l’articolo 73 prevede che la mancata risposta entro 30 giorni dalla richiesta di controllo, costituisce violazione dei doveri d’ufficio per il funzionario che se ne rende responsabile. Queste previsioni esplicitate dal Testo Unico completano quelle già introdotte dalla legge n.127 del 1997 e dal d.P.R. n.403 del 1998.

In conclusione costituiscono violazione dei doveri d’ufficio:

 

Fate attenzione

I dipendenti pubblici, salvi i casi di dolo o colpa grave, sono esenti da ogni responsabilità per il contenuto delle dichiarazioni sostitutive e per l’emanazione di atti sulla base di false dichiarazioni o di documenti falsi o contenenti dati non più rispondenti a verità, prodotti dall’interessato o da terzi.

 

Perché

Il principale ostacolo alla semplificazione della documentazione amministrativa è sempre stata la "resistenza burocratica" alle norme che la prevedevano: è emblematica in tal senso, la prolungata disattenzione riservata alla legge n. 15 del 1968. L’esperienza delle norme più recenti in materia, dalla legge n. 127 del 1997 al d.P.R. n. 403 del 1998, ha dimostrato che queste resistenze possono essere superate, oltre che con l’evidenziazione dei vantaggi dell’uso degli strumenti di semplificazione anche per le amministrazioni e con le idonee iniziative tese alla responsabilizzazione e all’aggiornamento del personale, anche con la previsione di sanzioni nei confronti di chi rifiuta di accettare questi strumenti. Per questo nel Testo Unico è stata estesa la gamma delle ipotesi di violazione dei doveri d’ufficio, allo scopo di assicurare l’applicazione ed il pieno utilizzo del maggior numero possibile di strumenti di semplificazione.

GLI APPROFONDIMENTI

LE PAROLE CHIAVE

a cura di Marco Bombardelli

Ricercatore di Diritto Amministrativo presso l’Università di Trento

 

Che cosa si intende per "autocertificazione"?

Inteso nel suo significato più generale, il termine "autocertificazione" definisce un insieme di istituti introdotti e disciplinati in origine dalla legge n. 15 del 1968, i quali consentono al cittadino di sostituire un atto amministrativo di certezza con una propria dichiarazione. In senso lato, la legge n. 15 del 1968 prevedeva tre tipi di "autocertificazioni", ovvero le dichiarazioni sostitutive di certificazione, le dichiarazioni temporaneamente sostitutive di certificazione e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà. Il d.P.R. n. 403 del 1998 ha abrogato le dichiarazioni temporaneamente sostitutive di certificazione, delle quali dunque non c’è più traccia nemmeno nel Testo Unico. Per questo, il termine "autocertificazione" indica oggi, in senso stretto, le dichiarazioni sostitutive di certificazioni, disciplinate dall’art. 46 del Testo Unico, che consentono al cittadino interessato di sostituire a tutti gli effetti ed a titolo definitivo, attraverso una propria dichiarazione sottoscritta, certificazioni amministrative relative a stati, qualità personali e fatti. In un’accezione più ampia del termine, ad esse vanno aggiunte le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, di cui si dirà più avanti.

Che cos’è la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà?

L’art. 47 del Testo Unico prevede che l’atto di notorietà riguardante fatti, stati e qualità personali, a conoscenza dell’interessato, può essere sostituito da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà. Questa dichiarazione si differenzia da quella descritta nell’approfondimento precedente per il fatto che con il ricorso ad essa l’interessato non sostituisce una certificazione, ma un atto di notorietà, che appartiene alla categoria delle verbalizzazioni. In origine, la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà andava firmata davanti al funzionario competente a ricevere la documentazione o ad un notaio, cancelliere, segretario comunale o altro funzionario incaricato dal Sindaco o dal legale rappresentante dell’impresa esercente pubblici servizi, i quali procedevano all’autenticazione con le modalità di cui all’art. 20 delle legge n. 15 del 1968, ora riportate all’art. 21 del Testo Unico. Quest’ultimo ha mantenuto fermo l’obbligo di autentica soltanto nel caso in cui la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà sia diretta ad un privato. Nel caso di presentazione ad una pubblica amministrazione, invece, la dichiarazione sostituiva può essere presentata senza più autentica della sottoscrizione, semplicemente firmando in presenza del dipendente addetto oppure allegando la fotocopia di un documento di identità.

Che cos’è l’autentica di firma?

L’autentica della firma è un atto amministrativo, redatto in calce alla dichiarazione sostitutiva, con cui il pubblico ufficiale attesta che la sottoscrizione appartiene effettivamente al dichiarante ed è stata apposta da quest’ultimo in sua presenza, previo accertamento della relativa identità.

Che cosa è la "dichiarazione antimafia"?

La legislazione antimafia (legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modificazioni; d. lgs. 8 agosto 1994, n. 490) prevede una serie di cause di decadenza, divieto, sospensione per i privati che intendano instaurare certi tipi di rapporto giuridico - quali la stipulazione di contratti o la concessione di erogazioni - con la pubblica amministrazione, con gli enti pubblici, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato, con le società e le imprese controllate dallo Stato, con i concessionari di opere pubbliche. Viene previsto che l’assenza di tali cause di decadenza sia comprovata con idonea documentazione.

Per semplificare i procedimenti relativi al rilascio di tale documentazione è stato adottato il d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252. Tale regolamento prevede che in alcuni casi la documentazione non debba più essere presentata, né acquisita dai soggetti interessati. (art. 1, comma 2). Per altri casi viene disposto che la documentazione antimafia debba essere acquisita necessariamente attraverso informazioni scritte del Prefetto della Provincia in cui ha sede il soggetto che richiede la documentazione (art. 10). In tutti gli altri casi viene previsto che la comunicazione del Prefetto, originariamente prevista come la regola, diventi un’ipotesi residuale e possa essere sostituita da comunicazioni in via telematica (art. 4), da certificazioni o attestazioni delle Camere di commercio (art. 6) o da autocertificazioni (art. 5).

Tali autocertificazioni non sono state inserite nella disciplina del Testo Unico, essendo già disciplinate da una normativa apposita. Si tratta di dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, con cui l’interessato dichiara la non sussistenza nei suoi confronti delle cause di decadenza, di divieto o di sospensione previste dalla normativa antimafia. Come per le altre dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, per esse è prevista l’abolizione dell’obbligo di autentica, a condizione che vengano sottoscritte in presenza del dipendente addetto oppure inviate allegando la fotocopia del documento di identità.

Che cos’è l’autentica di copia?

L’autenticazione della copia consiste, ai sensi dell’art.18 del Testo Unico, nell'attestazione di conformità con l'originale scritta alla fine della copia dal pubblico ufficiale autorizzato. Nell’autentica questi deve indicare la data e il luogo del rilascio, il numero dei fogli impiegati, il proprio cognome e nome, la qualifica rivestita nonché apporre la propria firma per esteso ed il timbro dell'ufficio. La copia può essere ottenuta soltanto da un documento originale e pertanto non possono essere fatte copie autentiche da documenti diversi dagli originali. La copia autentica tiene luogo dell’originale a tutti gli effetti previsti dalla legge. La legge n. 15 del 1968 prevedeva l’autenticazione di copia come un procedimento tipico, di competenza dell’amministrazione e non sostituibile con una dichiarazione dell’interessato. Il Testo Unico prevede invece, all’art. 19, che l’interessato, pur non potendo autenticare da sé la copia di un documento, possa però dichiarare la conoscenza del fatto che la copia di un documento conservato o rilasciato da una pubblica amministrazione, di un titolo di studio o di una pubblicazione, è conforme all’originale formando così un atto che nei confronti delle pubbliche amministrazioni vale come una copia autentica.

 

Chi sono i gestori di pubblici servizi?

Nel nostro ordinamento si parla di servizio pubblico per indicare attività di oggettivo rilievo pubblico - ovvero svolte nell’interesse generale e regolate almeno in parte dal diritto pubblico - che però non sono di esclusiva pertinenza della pubblica amministrazione e possono essere esercitate da altri soggetti, anche privati. Gli esercenti di pubblici servizi possono quindi essere soggetti diversi dalla pubblica amministrazione, che assumono tale ruolo a seguito del rilascio di una concessione amministrativa o con altra modalità idonea (ad es. costituzione di una società per azioni a prevalente partecipazione pubblica). Questi soggetti, comunque configurati (concessionari di pubblici servizi, imprese di gestione di pubblici servizi, aziende che producono servizi di pubblica necessità e di pubblica utilità, istituzioni, ecc.), si caratterizzano dunque per lo svolgimento di un’attività di rilievo pubblico, che può andare dall’assistenza sanitaria, alla fornitura di un servizio di trasporto pubblico, alla fornitura di acqua, luce e gas, alla gestione di un sistema di parcheggi a pagamento e così via. Data la natura dell’attività svolta, il rapporto dei cittadini con questi soggetti equivale a quello con la pubblica amministrazione e ciò vale anche per quanto concerne la presentazione di documenti e di certificati.

Dai suddetti soggetti vanno invece distinti i soggetti privati che esercitano funzioni pubbliche (come ad es. i notai), nei confronti dei quali si applicano le regole previste in generale per i rapporti tra soggetti privati.

Che cos’è la violazione dei doveri di ufficio?

Il dipendente della pubblica amministrazione si trova con quest’ultima in un rapporto giuridico, in base al quale gli spetta il dovere di compiere una determinata attività e di tenere determinati comportamenti. Il mancato adempimento, in tutto o in parte, di questa attività determina una violazione dei doveri d’ufficio, così come specificati dalle leggi, dai contratti e dal codice di comportamento dei dipendenti pubblici. Dalla violazione dei doveri di ufficio possono derivare sanzioni disciplinari nei suoi confronti, che arrivano fino all’estinzione del rapporto.

In certi casi, il comportamento omissivo del pubblico dipendente può arrivare anche a configurare la fattispecie di rifiuto od omissione di atti d’ufficio prevista dall’art. 328 del codice penale, causando quindi l’applicazione di sanzioni penali nei suoi confronti.

In che cosa consiste la responsabilità dei dipendenti che accettano le dichiarazioni sostitutive?

Per quanto concerne la responsabilità a cui può essere soggetto il funzionario competente a ricevere la dichiarazione sostitutiva, è da ricordare che, ai sensi dell’art. 73 del Testo Unico, essa non si estende mai, salvi i casi di dolo o colpa grave, alla falsità delle dichiarazioni o dei documenti prodotti. Pertanto, il dipendente che accetta le dichiarazioni sostitutive non è responsabile per l’eventuale falsità di quanto in esse dichiarato. Inoltre, il suddetto funzionario non è più obbligato ad ammonire espressamente il dichiarante sull’esistenza della responsabilità penale per quanto dichiarato (l’ammonizione deve però essere contenuta nei moduli). L’obbligo del dipendente che riceve la dichiarazione sostitutiva rimane dunque soltanto quello di accettarla ed eventualmente, in quanto pubblico ufficiale, quello di denunciare all’autorità giudiziaria i reati commessi con la presentazione di dichiarazioni il cui contenuto sia risultato essere falso.

Quali sono le ipotesi di reato a cui rinvia l’art. 76 del Testo Unico?

L’art. 76, comma 1 del Testo Unico dispone che "Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente Testo Unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia". A questo particolare riguardo, il codice penale prevede a carico dei privati diverse ipotesi di reato e specificamente la falsità materiale, ovvero la formazione di un atto falso o l’alterazione di un atto vero (art. 482 c.p.); la falsità ideologica, ovvero la falsa attestazione di aver assistito al compimento di un fatto in realtà non avvenuto o di aver ricevuto una dichiarazione in realtà non resa (art. 483 c.p.); l’uso di atto falso (art. 489 c.p.); la falsa dichiarazione sull’identità, sullo stato o su altre qualità della propria o dell’altrui persona (artt. 495 e 496 c.p.); l’usurpazione di titoli (art. 498 c.p.). Tali reati sono puniti, a seconda delle diverse fattispecie, con la reclusione o con una multa.

 

Che cos’è la trasmissione attraverso strumenti telematici di una copia fotostatica?

Tale trasmissione consiste essenzialmente nell’invio a mezzo di terminale fac-simile (telefax) del documento o di una sua fotocopia, a seguito del quale si ottiene un duplicato del documento, avente consistenza di tipo cartaceo, paragonabile a quella della semplice fotocopia. Tale modalità di trasmissione non è però l’unica possibile, perché la legge n. 59 del 1997 ed ora il presente Testo Unico riconoscono pieno valore ai documenti redatti e fatti circolare a mezzo di supporti informatici.

 

Qual’è la validità giuridica del documento informatico?

La legge n. 59 del 1997, all’art. 15, comma 2 prevede che "gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge". In particolare, gli artt. 8, 9 e 10 del Testo Unico prevedono che il documento informatico, ovvero la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti, soddisfa il requisito legale della forma scritta ed ha efficacia di scrittura privata, purché abbia i requisiti previsti dallo stesso regolamento. Fra questi requisiti, in particolare, il più importante è quello della presenza della firma digitale, la quale non è la riproduzione su supporto informatico della normale firma autografa, ma una sorta di "codice" informatico, composto da una coppia di chiavi digitali asimmetriche, una pubblica e l’altra privata. Quest’ultima è nota soltanto al suo proprietario, il quale la utilizza per "codificare" i documenti che trasmette. La chiave pubblica è invece nota a tutti i potenziali destinatari del documento, i quali la utilizzano per la sua "decodificazione". Questa è possibile soltanto se il documento è stato effettivamente contrassegnato con la chiave privata corrispondente e con questo sistema, oltre che leggere il documento informatico, ci si può anche accertare della sua effettiva provenienza.

Che cosa prevede la legge sulla tutela dei dati personali?

La legge 31 dicembre 1996, n. 675 ha disciplinato le modalità di trattamento e di tutela dei dati personali, prevedendo che esso avvenga nel rispetto "dei diritti, delle libertà fondamentali, nonché della dignità delle persone fisiche, con particolare riferimento alla riservatezza e all’identità personale". Tale legge ha previsto un regime speciale per i trattamenti effettuati dai soggetti pubblici, stabilendo che il trattamento di dati personali ordinari (ad es. il nome o la residenza) possa avvenire solo "per lo svolgimento delle funzioni istituzionali, nei limiti stabiliti dalla legge e dai regolamenti" (art. 27, comma 1), mentre quello di dati personali sensibili (ad es. le opinioni politiche o le condizioni di salute) possa avvenire "solo se autorizzato da espressa disposizione di legge nella quale siano specificati i dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e le rilevanti finalità di interesse pubblico perseguite" (art. 22, comma 3 e comma 3 bis). In conseguenza di ciò, nell’utilizzo e nello scambio di certificati occorre fare attenzione a che essi non contengano dati diversi da quelli di cui è consentito il trattamento da parte dell’amministrazione che li richiede.

 

Che cosa accade agli estratti richiesti per le pubblicazioni di matrimonio?

Rimane ferma la possibilità di utilizzare le norme sull’autocertificazione anche per la presentazione dei documenti necessari per la pubblicazione del matrimonio. Il Testo Unico si applica dunque anche agli estratti richiesti per le pubblicazioni di matrimonio. Questi non possono più essere richiesti all’interessato ma devono essere acquisiti d’ufficio, con tutte le modalità consentite dalla legge, da parte dell’ufficiale di stato civile del Comune presso cui si avvia il procedimento relativo alla celebrazione del matrimonio.

 

 

VECCHIE E NUOVE CERTEZZE PUBBLICHE

di Gregorio Arena

Professore di Diritto Amministrativo presso l’Università di Trento

 

1. La doppia semplificazione

Quali sono le caratteristiche principali di questo Testo Unico? In primo luogo il fatto stesso di essere, appunto, un Testo Unico, cioè uno strumento di vera semplificazione normativa. Esistono testi coordinati, codici, etc., sia di fonte pubblica sia di fonte privata, che sono sicuramente utili per gli operatori in quanto riportano in maniera ordinata tutte le fonti normative inerenti un determinato settore, ma non costituiscono un vero strumento di semplificazione. Solo mediante un TU si può, come in questo caso è stato fatto, semplificare radicalmente le disposizioni vigenti in un settore, eliminando disposizioni ridondanti e armonizzando fra di loro tutte le altre.

Questo particolare TU, inoltre, presenta la peculiare caratteristica di essere in realtà un duplice strumento di semplificazione: da un lato di semplificazione normativa, in quanto appunto è un testo unico; dall'altro di semplificazione amministrativa, in quanto le disposizioni in esso contenute hanno come oggetto non un settore qualsiasi, ma proprio la semplificazione della documentazione amministrativa. In sintesi, si può dire che questo TU dovrebbe migliorare la vita dei cittadini e delle amministrazioni sia riducendo e armonizzando le norme vigenti in questo settore, sia (soprattutto) semplificando gli adempimenti che quelle medesime norme disciplinano.

 

2. Un ponte fra due sistemi

La seconda caratteristica significativa di questo TU riguarda la sua collocazione nel tempo e, quindi, la peculiare articolazione delle disposizioni in esso contenute.

Questo testo riordina e semplifica tutte le disposizioni vigenti in materia di documentazione amministrativa. Se fosse stato scritto trenta, venti o anche solo dieci anni fa, l'oggetto di tali disposizioni sarebbe stato sempre lo stesso: certificati, autocertificazioni, carte d'identità, registri e simili. Ma in pochissimi anni l'informatica ha prodotto cambiamenti radicali nel modo di operare delle organizzazioni, nelle norme in materia di certezze pubbliche e private, nel modo stesso di gestire le informazioni, cambiamenti di cui era indispensabile tener conto nel momento in cui si metteva mano alle disposizioni in materia.

Proprio per questo, per tener conto di questa rivoluzione il TU è redatto in modo da costituire una sorta di ponte fra il vecchio e il nuovo sistema delle certezze pubbliche: esso quindi disciplina e semplifica sia i tradizionali strumenti di certezza, come i certificati o le autocertificazioni, sia quelli che oggi sono strumenti nuovi, come la firma digitale o il documento informatico, ma che nei prossimi anni sono destinati a diventare di uso corrente per tutti.

L'ambizione di questo TU, che solo il tempo dirà se sia fondata o meno, è quella di riuscire a disciplinare efficacemente sia la fase attuale, in cui predominano ancora gli strumenti di certezza tradizionali, sia la fase di transizione dai documenti cartacei a quelli informatici, che in questi anni si sta avviando, sia il futuro nuovo regime delle certezze pubbliche, fondato in prevalenza su strumenti informatici e telematici.

Del resto l'articolazione stessa del testo rispecchia questa impostazione: a un Capo I riguardante definizioni e ambito di applicazione fanno seguito i due Capi che costituiscono il nucleo portante del TU, intitolati molto semplicemente "Documentazione amministrativa" e "Semplificazione della documentazione amministrativa"; la mancanza di distinzioni fra documentazione di tipo tradizionale e di tipo nuovo serve ad affermare anche attraverso le rubriche del TU l'unitarietà del suo oggetto, costituito al tempo stesso da documenti cartacei ed informatici.

Non sarà un passaggio facile quello dagli strumenti di certezza tradizionali ai nuovi strumenti informatici e telematici, in cui l'immaterialità dei bits trattati dagli elaboratori elettronici sembra contraddire l'idea stessa di certezza consolidatasi in secoli di procedure complesse e solenni, di pergamene, carte e timbri. Ma nell'attuale società dell'informazione è un passaggio inevitabile, che si spera possa essere facilitato dall'aver riunito e armonizzato in un unico testo normativo tutte le disposizioni riguardanti sia i vecchi sia i nuovi strumenti di certezza.

 

3. Il difficile equilibrio fra semplicità e certezza

Infine, la terza caratteristica di questo Testo Unico sta nel fatto che esso costituisce un esempio significativo della strategia di semplificazione realizzata nel decennio appena trascorso.

Semplificare vuol dire rendere semplice e chiaro ciò che si presenta invece come complesso, oscuro, difficile da dipanare e da comprendere: è una definizione che si può applicare sia alle norme, sia all'amministrazione, in quanto ci si può perdere sia nella "giungla legislativa" sia nella "giungla burocratica".

Per questo il primo intervento di semplificazione, come in questo caso, deve riguardare le norme, che si collocano a monte rispetto agli adempimenti delle amministrazioni: è difficile che queste ultime possano semplificare le proprie procedure se le regole che le disciplinano sono inutilmente complesse o difficili da interpretare. Semplificare norme e procedure vuol dire innanzitutto eliminare tutto ciò che è inutile o ridondante rispetto all'obiettivo che si vuol perseguire, sia sul piano normativo sia su quello amministrativo; è ciò che fa questo TU, abrogando diverse disposizioni ormai superate o ripetitive.

Il problema di questa modalità di semplificazione sta nel fatto che prima o poi essa incontra il limite rappresentato dall'esigenza di garantire comunque tutela a interessi pubblici e privati superiori all'interesse alla semplificazione. E infatti anche nel caso di questo TU si è dovuto operare un delicato bilanciamento fra l'interesse alla semplicità e rapidità dell'azione amministrativa (che spingeva ad adottare forme anche radicali di semplificazione) e l'interesse contrapposto alla certezza di quella medesima azione amministrativa che, in quanto finalizzata alla tutela dell'interesse generale, deve fondarsi su informazioni dotate della qualità giuridica della certezza.

L'esito di questo tipo di bilanciamento, in questo TU così come in altri interventi recenti di semplificazione, è consistito in genere nell'individuare forme di semplificazione basate non tanto sull'eliminazione di determinati documenti o passaggi procedurali, quanto sulla loro sostituzione con altri strumenti, altrettanto garantisti dal punto di vista dell'amministrazione e dei cittadini, ma assai più semplici da gestire. Un esempio concreto di questo approccio è rappresentato dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dall'acquisizione diretta di documenti fra amministrazioni: il primo caso riguarda una semplificazione mediante documenti tradizionali, il secondo una semplificazione mediante strumenti nuovi, ma la strategia è la medesima.

 

4. Autocertificazioni e oneri per le amministrazioni

Se le amministrazioni sapranno sfruttare le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie, il problema del bilanciamento fra semplicità e certezza sarà risolto radicalmente superando il dilemma stesso, ottenendo cioè il massimo della certezza con il massimo della semplicità. Gli strumenti tradizionali mediante i quali le amministrazioni acquisivano informazioni dotate della qualità giuridica della certezza, come per esempio i certificati, fornivano alle amministrazioni il massimo della certezza con il minimo sforzo da parte delle amministrazioni stesse, in quanto erano i cittadini a doversi procurare i certificati e poi portarli alle amministrazioni procedenti, che non facevano altro che acquisirli al procedimento. Insomma, le amministrazioni avevano al proprio servizio, gratuitamente, milioni di fattorini.

Quando le autocertificazioni finalmente furono estratte dal limbo in cui erano state confinate per decenni dall'ignavia burocratica e cominciarono ad essere usate normalmente, emerse il problema che gli economisti sintetizzano nell'espressione "non esistono pasti gratis": in altri termini, le autocertificazioni semplificano la vita ai cittadini ma la complicano alle amministrazioni, le quali se vogliono che le autocertificazioni mantengano un livello accettabile di credibilità devono fare controlli a campione su di esse. Questo comporta per le amministrazioni oneri funzionali ed organizzativi prima inesistenti, in quanto i certificati tradizionali non avevano bisogno di essere controllati: erano per così dire un "prodotto finito", mentre le autocertificazioni dal punto di vista della certezza sono un "semilavorato".

Con il sistema tradizionale fondato sui certificati erano i cittadini a farsi carico di garantire alle amministrazioni informazioni dotate della qualità giuridica della certezza; con il sistema fondato sulle autocertificazioni questo onere viene, com'è giusto, riportato in capo alle amministrazioni, le quali devono però organizzarsi per farvi fronte. Questa in effetti si potrebbe quasi definire una "legge" della semplificazione: se si riduce la complessità in una parte del sistema è inevitabile che quella complessità si riversi, totalmente o parzialmente, su un'altra parte del sistema stesso.

 

5. Il massimo di certezza con il massimo di semplicità

Ebbene, questo TU consente alle amministrazioni, se lo vorranno, di superare alla radice il dilemma semplicità-certezza ritornando alla situazione per loro ottimale del massimo di certezza con il minimo di oneri organizzativi; questa volta però facendo muovere da un'amministrazione all'altra non i cittadini (che non hanno nessuna intenzione di tornare a fare i fattorini) bensì le informazioni.

Grazie alle nuove tecnologie ed alle nuove norme in materia di documento informatico si possono eliminare gradualmente le autocertificazioni, consentendo alle amministrazioni che ne hanno bisogno di acquisire direttamente dalle banche dati di altre amministrazioni le informazioni dotate della qualità giuridica della certezza necessarie per i vari procedimenti. In un certo senso, applicando a questa vicenda l'ottica tradizionale, è come se l'amministrazione procedente si confezionasse il proprio certificato andando a prendere le informazioni necessarie direttamente dove esse sono conservate: una volta tali informazioni viaggiavano materialmente, portate da un ufficio all'altro dai cittadini mediante documenti chiamati certificati; oggi non c'è più bisogno di trasferirle dagli archivi sui certificati per poi trasferirle ad altri uffici, oggi possono viaggiare direttamente da un ufficio all'altro garantendo alle amministrazioni il massimo della certezza ed ai cittadini il massimo della semplicità.

Certo, per le amministrazioni anche questa modalità di semplificazione comporta pur sempre alcuni oneri, ma assai minori di quelli che comportano i controlli a campione sulle autocertificazioni, con in cambio il vantaggio di una garanzia assoluta per quanto riguarda la certezza delle informazioni così acquisite; inoltre l'onere organizzativo derivante dai collegamenti telematici fra le varie amministrazioni costituisce un investimento il cui costo viene più che bilanciato dai vantaggi in termini di rapidità, sicurezza e miglioramento dei rapporti con i cittadini, non più costretti ad esibire né certificati, né autocertificazioni.

In conclusione, anche da questo Testo Unico si ricava una lezione molto chiara: per semplificare, cioè per rendere semplice e facile ciò che è complesso e difficile, è necessario intervenire utilizzando un'ampia gamma di strumenti di vario genere, che vanno dalla pura e semplice eliminazione di adempimenti inutili alla sostituzione di un istituto giuridico con un altro, dall'utilizzo delle nuove tecnologie alla diffusione di informazioni, dalla partecipazione di cittadini singoli e associati alla formazione del personale, e così via. Come tutte le riforme amministrative, anche la semplificazione della nostra amministrazione è un processo difficile, complicato e che richiede un grande impegno da parte di tutti i soggetti coinvolti.

 

LE SCHEDE

IL PIANO DI AZIONE PER L’E-GOVERNMENT E LA DECERTIFICAZIONE

a cura di Marco Mena

Il Piano d’azione per l’e-government varato dal Governo il 22 giugno del 2000 contiene numerose misure finalizzate all’eliminazione dei flussi cartacei nei rapporti sia tra utenti e pubblica amministrazione, sia tra amministrazioni stesse. L’interconnessione tra gli enti viene vista come condizione essenziale per il miglioramento dei servizi a cittadini e imprese, e come fattore di sviluppo di nuovi servizi basati sulle moderne tecnologie.

Il Piano d’Azione ha infatti come suo fondamento la stretta interazione telematica tra back-office e front-office, e cioè la messa a disposizione dei dati da parte di tutte le amministrazioni che li detengono nei loro archivi informatici a quelle che erogano servizi all’utente finale, spesso basandosi proprio sui dati detenuti da altre amministrazioni.

E’ evidente pertanto l’impatto del Piano d’Azione sull’intera tematica della documentazione amministrativa, ed in particolare sull’autocertificazione e sull’acquisizione d’ufficio dei dati riguardanti il cittadino. Il Piano auspica infatti che l’acquisizione d’ufficio per via telematica diventi in prospettiva un normale e facile strumento di lavoro delle amministrazioni, arrivando così ad una totale "decertificazione" nei rapporti con gli utenti.

Questo concetto appare chiaro nella "vision" che caratterizza il Piano d’Azione, orientata alla semplificazione del rapporto amministrazione-cittadini. Tale "vision" prevede che:

Al raggiungimento di questi obiettivi sono orientate tutte le azioni del Piano di e_government, di cui si riportano qui quelle di maggiore interesse per il tema della documentazione amministrativa.

 

Il portale per i servizi di certificazione

Al fine di favorire i controlli sulle autocertificazioni previsti dalla legge, il Piano prevede un’azione specifica per rendere accessibili, per via telematica e solo ai funzionari abilitati delle amministrazioni procedenti, le informazioni maggiormente presenti nelle autocertificazioni e riguardanti i principali procedimenti che assegnano benefici economici, per i quali quindi il controllo è ritenuto in generale dagli enti prioritario.

L’obiettivo di questa azione è quello di coinvolgere in un progetto congiunto le amministrazioni e gli enti che detengono le banche dati più rilevanti ai fini del controllo delle autocertificazioni: Finanze, Giustizia, UnionCamere e INPS, che già hanno un elevato livello di informatizzazione.

Sono previste due fasi:

  1. nella prima fase verrà realizzato un Portale unificato delle amministrazioni partecipanti, con accesso riservato ai dipendenti autorizzati delle amministrazioni procedenti, che consenta loro sia di verificare immediatamente le informazioni di natura certificatoria necessarie alla erogazione di un servizio, sia di procedere a controlli successivi, anche a campione, sulle dichiarazioni di autocertificazione. Il portale avrà anche una sezione informativa e fornirà uno strumento operativo per la pubblicazione delle informazioni necessarie ai controlli.
  2. nella seconda fase del progetto il portale evolverà per offrire anche servizi accessibili direttamente alle procedure informatiche delle amministrazioni procedenti, in modo da rendere completamente automatico l'accesso alle amministrazioni certificanti.

E’ previsto che anche le Anagrafi Comunali siano incluse in questo progetto quando sarà completata l’integrazione delle Anagrafi, prevista da un’apposita azione del Piano, più avanti descritta.

La rete delle amministrazioni

Al fine di superare i limiti derivanti dal quadro attuale delle reti della Pubblica Amministrazione, che sono numerose (RUPA, G-NET, reti regionali, altre reti territoriali, reti di categoria – es. quella delle Province - reti di settore – Sanità, Pubblica Istruzione, Lavoro, ecc.), tra loro non interconnesse e sostanzialmente in competizione per il collegamento degli enti locali, sono previste due azioni:

Queste azioni sono essenziali soprattutto per permettere a tutti gli enti locali di accedere agli archivi delle amministrazioni centrali, dove sono residenti i principali dati che permettono di espletare le procedure amministrative.

L’integrazione delle Anagrafi Comunali

Al fine di superare la attuale frammentazione del sistema delle Anagrafi e dello Stato civile, fisicamente distribuito in oltre 8100 Comuni, il Piano prevede l’avvio di una serie di azioni mirate ad integrare tali informazioni. Il Piano stesso definisce questo obiettivo un "sfida di grande complessità".

In particolare sono previsti:

La carta d’identità elettronica

Il Piano prevede specifiche azioni per la realizzazione di questo progetto, ed in particolare una prima fase di sperimentazione del circuito di emissione con le prime 100.000 carte, ed una seconda fase con 1.000.000 di carte e la sperimentazione di servizi a carattere nazionale.

La carta d’identità elettronica viene considerata dal Piano d’Azione quale principale strumento di accesso ai servizi on-line della Pubblica Amministrazione, con particolare riguardo ai portali dei servizi previsti dal Piano stesso (portale per i servizi integrati al cittadino, per i servizi all’impiego, per i servizi alle imprese, per i servizi di certificazione).

La firma digitale

Una specifica azione è prevista per la promozione della firma digitale, necessaria per dare validità giuridica ai documenti elettronici. Tale promozione avverrà a partire dai dipendenti pubblici delle Amministrazioni Centrali con potere di firma (per i quali è stata conclusa una gara per le prime 10.000 firme), e proseguirà con un apposito fondo per dotare di firma digitale gli altri dipendenti pubblici, anche delle amministrazioni locali. La firma digitale, che è previsto venga integrata nella carta d’identità elettronica, sarà lo strumento privilegiato di validità giuridica delle transazioni e di interazione di cittadini e imprese con i portali di servizi previsti dal Piano.

La gestione elettronica dei flussi documentali

Il protocollo informatico è oggetto di azioni mirate per la sua promozione presso le Amministrazioni; in particolare sono previsti:

L’informatizzazione degli enti locali

Il Piano prevede iniziative per favorire ed accelerare non solo la completa informatizzazione di tutti gli enti locali, ma anche la loro connessione in rete e, soprattutto e contestualmente, la esposizione in rete dei servizi standard, che verranno definiti per ogni tipologia di ente

Come già affermato in precedenza, particolare rilevanza, per quanto riguarda i comuni, ha l’esposizione sulla rete dei servizi anagrafici e di stato civile, sia in relazione alla esigenza generale di integrazione delle anagrafi a livello nazionale, sia in relazione alla esigenza di supportare il Portale per i servizi di certificazione.

La formazione

Infine, un’intensa opera di formazione dei dipendenti pubblici all’utilizzo delle tecnologie è prevista dal Piano d’Azione. La formazione sarà sia di base, rivolta a tutti i dipendenti pubblici (inizialmente 400.000), sia specialistica, rivolta all’aggiornamento di quelle figure più direttamente coinvolte nella gestione delle tecnologie informatiche e telematiche all’interno delle amministrazioni, quali i gestori di rete, gli operatori di protocollo, gli operatori degli URP.

 

DOCUMENTO INFORMATICO E FIRMA DIGITALE

a cura di Marco Bombardelli

Ricercatore di Diritto Amministrativo presso l’Università di Trento

Il Testo Unico delle norme in materia di documentazione amministrativa definisce come documento informatico la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti. In quanto "rappresentazione informatica", questo tipo di documento non va confuso con i documenti cartacei prodotti attraverso sistemi informatici, mediante procedimenti di stampa su carta. Esso assume infatti validità giuridica nella sua specifica forma digitale, e quindi nella sua consistenza virtuale, senza bisogno che questa venga "tradotta" nelle più tradizionali forme del documento cartaceo. Quando il documento informatico fornisce la rappresentazione "del contenuto di atti, anche interni, delle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell’attività amministrativa", esso costituisce un documento amministrativo informatico.

Date queste caratteristiche, il principale problema giuridico nella redazione e nell’utilizzo del documento informatico sta nell’individuazione di uno strumento volto a garantirne:

Nel documento cartaceo queste caratteristiche vengono usualmente assicurate attraverso la firma autografa, in virtù dei suoi caratteri di esclusività (in quanto legata ad un solo individuo) e di univocità (non ci può essere più di una firma a contraddistinguere un individuo).

Nel documento informatico la riproduzione delle caratteristiche della firma autografa non è immediata e sicuramente non può essere ottenuta con la semplice riproduzione (via scanner o altro mezzo idoneo) della firma autografa del soggetto che ha formato il documento. Per questo il Testo Unico prevede che il documento informatico venga corredato della firma digitale, che viene definita come "risultato della procedura informatica (validazione) basata su un sistema di chiavi asimmetriche a coppia, una pubblica e una privata, che consente al sottoscrittore mediante la chiave privata ed al destinatario mediante la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici" (art. 1, comma 1, lett. n).

Dunque, l’apposizione della firma digitale su di un documento informatico non si traduce semplicemente nell’aggiungere qualcosa in calce al documento stesso (come ad esempio potrebbe accadere con l’immagine della firma autografa), ma significa sottoporre il documento ad una trasformazione che ha come risultato quello di dare tutte le garanzie abitualmente assicurate con la firma apposta in calce ai documenti cartacei.

La firma digitale è la coppia di codici informatici che consente questa trasformazione e per poter venire validamente utilizzata essa deve preventivamente essere certificata da una apposita autorità di certificazione. Questa, in particolare, mette a disposizione dell’utente il software per generare la coppia di chiavi in cui consiste la firma digitale, effettua la certificazione, rilascia il certificato ed estrapola la chiave pubblica, dandone idonea pubblicità ed inserendoli in un apposito registro.

L’apposizione della firma digitale consiste nella "segnatura" del documento informatico da parte del suo autore con la chiave privata – a lui solo disponibile e da lui soltanto utilizzabile – e nella successiva trasmissione al destinatario del documento così contrassegnato, generalmente assieme al certificato da cui è ricavabile la chiave pubblica. Se il certificato non viene trasmesso, la chiave pubblica può comunque essere richiesta dal destinatario all’autorità di certificazione.

All’atto del ricevimento del documento informatico, il destinatario dovrà applicare ad esso il codice costituito dalla chiave pubblica e verificare se questa operazione fa reagire correttamente la "segnatura" apposta dall‘autore del documento con la chiave privata. Se tale reazione avviene significa che la chiave privata con cui il documento è stata contrassegnata con la chiave privata ad essa corrispondente, che è una ed una sola, e ciò si traduce nella garanzia dell’autenticità e dell’integrità del documento.

LA CARTA D’IDENTITÀ ELETTRONICA

a cura di Marco Mena

La carta d’identità elettronica (CIE) è destinata a sostituire progressivamente la tradizionale carta d’identità su supporto cartaceo. Essa viene rilasciata anche ai cittadini minori di 15 anni, ed in questo caso viene definita "documento d’identità", contiene la fotografia solo nel caso di validità per l’espatrio ed a regime verrà rilasciata alla nascita.

La carta d’identità elettronica è una tessera di plastica (delle dimensioni di una carta di credito), contenente una banda ottica in grado di memorizzare una grande quantità di dati e con un elevato livello di sicurezza (rendendo la nuova carta d’identità molto meno falsificabile di quella attuale) ed un microprocessore per l’utilizzo come "carta servizi". La carta contiene i dati identificativi del cittadino, e cioè gli stessi presenti sull’attuale carta d’identità, più il codice fiscale; la CIE sostituirà quindi anche il tesserino fiscale, che pertanto non sarà più emesso. I dati sono stampati sul supporto plastico e saranno visibili in chiaro anche sulla banda ottica, oltre ad essere memorizzati in forma elettronica sia nella banda ottica stessa sia nel microprocessore.

Al fine di garantire le adeguate misure di sicurezza nell’emissione della CIE, il Ministero dell’Interno ha predisposto appositamente un complesso Sistema di Sicurezza del Circuito di Emissione (SSCE), a cui tutti i Comuni devono collegarsi nel momento di rilascio della carta. Verrà attivato anche un call center a cui i cittadini potranno rivolgersi per segnalare il furto o lo smarrimento della CIE, affinché essa possa essere bloccata e non utilizzata in modo improprio da altri. Il meccanismo è simile a quello che viene utilizzato per il Bancomat o per le carte di credito. Il cittadino dovrà poi effettuare la denuncia di furto o smarrimento e successivamente potrà ottenere una nuova carta d’identità.

I Comuni possono emettere in proprio la CIE, dotandosi di tutte le apparecchiature necessarie, oppure scegliere una gestione associata; quest’ultima soluzione è stata prevista per i piccoli Comuni, che possono così sfruttare economie di scala e ridurre i costi della dotazione tecnologica per ciascuno.

La CIE è stata pensata anche come "chiave di accesso" del cittadino ai servizi telematici della pubblica amministrazione, attraverso il microprocessore di cui è dotata. Il principale vantaggio è dato dalla possibilità di identificare il cittadino in maniera certa e di effettuare transazioni sicure, grazie ai meccanismi di sicurezza e crittografici contenuti nel microprocessore.

Oltre ai dati identificativi della persona, la carta potrà contenere il gruppo sanguigno (su richiesta del cittadino), i dati sanitari di carattere amministrativo, la firma digitale e potrà essere utilizzata come tessera elettorale e carta di pagamento. I Comuni, inoltre, avranno la possibilità di inserirvi tutti i dati utili a semplificare il rapporto tra amministrazione e cittadini.

Solo per fare qualche esempio, la carta potrà essere utilizzata per accedere a informazioni e servizi, avviare e svolgere in rete tutte quelle pratiche che oggi richiedono la firma autografa su documenti cartacei, prenotare e pagare le prestazioni sanitarie, iscrivere un figlio a scuola, pagare multe, tributi, parcheggi, musei etc., dal PC di casa o recandosi allo sportello pubblico più vicino.

Per l’utilizzo della CIE da parte del cittadino è prevista, per motivi di sicurezza, la digitazione di un PIN, cioè un codice personale come per il Bancomat, che gli verrà consegnato al momento dell’emissione della carta.

La tabella successiva sintetizza i servizi presenti nei progetti di sperimentazione inviati dai Comuni al Ministero dell’Interno.

I servizi della carta d’identità elettronica previsti dai Comuni

Tipologia del servizio

Esempi di servizi presenti

 

Accesso a informazioni standard

Informazioni generali sui servizi comunali e di altre amministrazioni, informazioni sulle modalità di accesso, modulistica varia

 

Accesso abilitato a informazioni standard

Accesso alla cartografia digitale da parte dei professionisti, interrogazione dei dati anagrafici da parte di categorie abilitate (es. polizia urbana)

 

Accesso a informazioni personalizzate

Estratto conto tributario, estratto conto servizi a domanda individuale, interrogazione sullo stato di avanzamento delle pratiche (ad es. sportello unico, concessioni edilizie, ecc.), visualizzazione dello stato dei pagamenti

 

Identificazione per l’accesso ad aree riservate

Parcheggi, accesso controllato ad aree cittadine (zone a traffico limitato), accesso controllato ad edifici, badge dei dipendenti

 

Inoltro istanze per via telematica

Inoltro di tutte le istanze, iscrizioni scolastiche, comunicazione di inizio e fine lavori edilizi, domande di licenze, concessioni e asseverazioni, istanze allo sportello unico

 

Prenotazioni

Prenotazione di servizi comunali, prenotazioni sanitarie, prestiti bibliotecari, prenotazione di spettacoli ed eventi culturali, servizi sportivi

 

Pagamenti

Pagamento servizi comunali, tributi, multe, rette scolastiche, abbonamenti trasporti, borsellino elettronico

 

Servizi elettorali

Identificazione per il diritto al voto, tessera elettorale

 

Firma digitale

Firma digitale dei cittadini, dei professionisti e delle aziende, dei dipendenti comunali

 

I servizi vengono predisposti dalle amministrazioni, sia centrali che locali, e possono sia sfruttare i dati presenti per identificare l’utente ed erogare servizi in rete (che vengono definiti "servizi standard"), sia prevedere la memorizzazione di dati aggiuntivi nel microprocessore (in tal caso sono definiti "servizi qualificati").

I Comuni predispongono in piena autonomia i servizi locali, che possono essere rivolti anche ai cittadini non residenti, riconoscendo in tal modo anche le carte emesse dagli altri Comuni, nell’ottica dell’interoperabilità della CIE su tutto il territorio nazionale.

Anche le amministrazioni centrali possono erogare servizi tramite la CIE, ad esempio il Ministero della Sanità ha firmato un protocollo di intesa con il Dipartimento della Funzione Pubblica per riservare alcuni spazi di memoria ai dati sanitari, che le ASL, in accordo con i Comuni, potranno utilizzare per memorizzarvi i dati amministrativi del Servizio Sanitario Nazionale ed i dati di emergenza

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La sperimentazione

Si sta avviando la fase di sperimentazione, che vede coinvolti 83 Comuni, selezionati tra gli oltre 150 progetti inviati al Ministero dell’Interno. Si tratta delle prime domande in ordine temporale, con i requisiti richiesti dalle regole tecniche emanate a fine luglio del 2000. La sperimentazione riguarda un totale di 100.000 carte, prodotte dal Poligrafico dello Stato, assegnate ai Comuni in funzione del numero di residenti. In questa prima fase le apparecchiature per l’emissione sono state acquisite centralmente ed installate presso i Comuni.

Entro la fine del 2001 è previsto l’avvio della seconda fase della sperimentazione, che coinvolgerà un numero molto più alto di Comuni e per la quale è previsto un totale di 1 milione di carte.

Al termine della sperimentazione, verrà fissata con un apposito decreto del Ministero dell’Interno la data a partire dalla quale i Comuni saranno obbligati a rilasciare la carta d’identità solamente in formato elettronico.

Per maggiori informazioni, è possibile consultare il sito www.cartaidentita.it, appositamente predisposto da Ministero dell’Interno, Dipartimento della Funzione Pubblica, AIPA e ANCI.

LE NORME SULLA GESTIONE INFORMATICA DEI DOCUMENTI

a cura di Mariella Guercio

 

Premessa. Il ruolo del sistema documentario pubblico nella società dell’informazione

La diffusione di risorse tecnologiche per il trattamento dei documenti costituisce una rilevante occasione di razionalizzazione e miglioramento del sistema informativo pubblico e, più in generale, del complessivo lavoro amministrativo.

E', naturalmente, indispensabile che siano innanzi tutto definite regole e disposizioni comuni che rendano possibile l'interoperabilità dei sistemi informatici e garantiscano condizioni di trasparenza e una corretta e adeguata documentazione dell'azione amministrativa. A questo fine è orientato il complesso di norme recentemente approvate in materia di gestione documentale e riunificate nel Testo Unico sulla documentazione amministrativa.

All’origine dei provvedimenti ora ricordati, c'è, in primo luogo, la finalità di trasformare il sistema documentario in un sistema informativo specializzato e altamente qualificato, affidato alla tecnologia informatica e telematica mediante:

Finalità della normativa sulla gestione informatica dei documenti

Le disposizioni sulla tenuta degli archivi correnti e di deposito delle pubbliche amministrazioni, oggi regolamentate dal testo unico definiscono sul piano nazionale criteri e regole per la formazione, gestione, accesso e conservazione dei documenti, non solo con l'obiettivo di garantire il mantenimento della memoria documentaria, ma anche quello - reso esplicito soprattutto nella nuova normativa - di promuovere il miglioramento dell’azione amministrativa e favorire l'accesso e la trasparenza alla documentazione pubblica. A questo fine si stabilisce, ai sensi dell'articolo 50, che la gestione dei documenti debba essere effettuata mediante sistemi informativi automatizzati.

Finalità generale delle norme descritte è, infatti, quello di trasformare il sistema documentario in un sistema informativo allo stesso tempo specializzato e ispirato a criteri uniformi, altamente qualificato e affidato alla tecnologia informatica e telematica mediante:

Il decreto ha l'obiettivo di aggiornare la normativa esistente facendo salvi i principi generali e cogliendo le opportunità che vengono offerte dalle nuove tecnologie (documento elettronico, sistemi di information retrieval e database relazionali, reti e programmi di workflow). Fa propria esplicitamente l'esigenza di eliminare la frammentazione dei sistemi documentali mediante "l'abolizione dei registri cartacei, la diminuzione degli uffici di protocollo e la razionalizzazione dei flussi documentali", ma anche quella di "migliorare la trasparenza dell'azione amministrativa attraverso strumenti che consentano un effettivo esercizio del diritto di accesso allo stato dei procedimenti e ai relativi documenti da parte dei soggetti interessati (cittadini e imprese)".

In particolare, il provvedimento si limita a fissare poche regole di limitato contenuto "tecnologico", ma di forte impatto organizzativo, poiché definisce obiettivi ambiziosi sul piano del miglioramento dell'azione pubblica, ma lascia alle amministrazioni la responsabilità nella scelta del modello da adottare e del livello di informatizzazione da seguire.

L'autonomia di ciascuna amministrazione si esercita in primo luogo nella individuazione dei settori amministrativi che sono da considerare in termini unitari ai fini della gestione unica o coordinata dei documenti, ovvero degli ambiti dei nuovi sistemi di gestione informatica che saranno governati da una specifica struttura, il Servizio per la tenuta informatica dei documenti e degli archivi. Il decreto si limita a stabilire il criterio di base di tale determinazione: la definizione di grandi aree organizzative omogenee coerenti con l'adozione di criteri uniformi e condivisi in materia di classificazione e di organizzazione archivistica e comunicazione interna tra le aree stesse (articolo 51).

I contenuti innovativi della normativa

Gli obiettivi funzionali dell'intervento normativo riguardano:

Le attività definite con maggior dettaglio riguardano le garanzie di certezza giuridica nell’acquisizione e trasmissione di documenti. Il provvedimento stabilisce (all'articolo 53):

Requisiti minimi obbligatori dell’intervento di informatizzazione sono:

Gli aspetti più innovativi rispetto al passato sono costituite dalle disposizioni che istituiscono il Servizio per la tenuta del sistema di gestione informatica dei documenti e degli archivi e ne definiscono le competenze (la sezione II e la sezione III del Capo IV). Il servizio, cioè una struttura dedicata e responsabile, diretta da personale tecnico, è istituito da ogni amministrazione in ciascuna grande area organizzativa omogenea (articolo 50 e articolo 61). E’ affidato a un dirigente/funzionario "comunque in possesso di idonei requisiti professionali o di professionalità tecnico-archivistica acquisita a seguito di processi di formazione definiti secondo le procedure prescritte dalla disciplina vigente". Al servizio sono attribuiti compiti molto impegnativi sia in materia di gestione dei flussi documentali che per la tenuta degli archivi correnti e di deposito (articoli 61-63 e 67-69).

Gli adempimenti delle amministrazioni

Le pubbliche amministrazioni sono chiamate:

 

Qualche osservazione conclusiva

L’attuazione della normativa si basa su due condizioni essenziali che sono esplicitate dal legislatore: la individuazione di strutture responsabili e qualificate con compiti di regolamentazione e coordinamento e l’utilizzo di risorse umane professionalmente preparate a un lavoro impegnativo sia dal punto di vista dell'organizzazione che da quello tecnologico.

Nel nuovo ambiente digitale, il servizio documentario non si caratterizza più come un'unità a bassa centralità organizzativa che svolge attività marginali e di routine e un ruolo di "controllo burocratico", ma diviene una struttura ad alta centralità, regolamentata e ad elevato tasso di automazione burocratico cui si affidano funzioni di servizio per il rapido reperimento e la condivisione delle risorse documentali dell'amministrazione.

L’introduzione sistematica di nuove tecniche di archiviazione non ha, quindi, solo un effetto di riduzione di tempi di risposta, ma incide in modo pervasivo sull’organizzazione stessa del lavoro, innovando lo stesso modello tradizionale e gerarchico delle pubbliche amministrazioni, introducendo inoltre fattori di razionalizzazione, risparmio di tempo e mezzi a condizione che non ignorino o sottovalutino la complessità degli interventi, la loro natura organizzativa più che tecnologica, il bisogno di risorse umane qualificate, la necessità di prevedere investimenti duraturi.

Non si tratta, infatti, di rispondere a bisogni immediati, ma ai bisogni informativi documentari anche di lungo periodo delle amministrazioni secondo una duplice esigenza di continuità e di sostegno al cambiamento.

 

 

  1. LE ATTIVITÀ DEL PROGETTO "SEMPLIFICHIAMO"
  2.  

    Semplifichiamo è un progetto finalizzato del Dipartimento della Funzione Pubblica nato per sostenere l’attuazione delle misure di semplificazione previste dalla legge n.127 del 1997: l’autocertificazione, la carta d’identità elettronica e il nuovo ordinamento di stato civile.

    Il progetto Semplifichiamo si rivolge al personale delle amministrazioni e alle associazioni dei cittadini e delle imprese con l’obiettivo di sostenere e collaborare alla realizzazione di quei cambiamenti nella cultura, nell’organizzazione e nell’uso delle tecnologie necessari alla riforma.

    Il progetto offre servizi mirati di consulenza; realizza attività di monitoraggio dei risultati raggiunti per misurare gli effetti delle nuove norme ed individuare le criticità ed i fattori di successo; raccoglie, valorizza e diffonde le esperienze di attuazione più significative.

    Sulla base delle attività di monitoraggio quantitativo (riduzione delle certificazioni) e qualitativo (criticità e segnalazioni) il progetto ha contribuito all’elaborazione dell’ulteriore innovazione normativa, ed in particolare del Testo Unico sulla documentazione amministrativa.

    L’attività del progetto viene realizzata da un’unità centrale con sede presso il Dipartimento della Funzione Pubblica e si avvale della collaborazione di osservatori pilota costituiti con alcune amministrazioni a livello locale.

  3. COSA OFFRE AL PERSONALE DELLE AMMINISTRAZIONI

Semplificazione della documentazione amministrativa

Carta di identità elettronica

Ordinamento di stato civile

I servizi del progetto Semplifichiamo sono disponibili su Internet all’indirizzo www.funzionepubblica.it/semplifichiamo e attraverso lo sportello di consulenza dal lunedì al venerdì ore 9-17.

E-mail semplifichiamo@funzionepubblica.it

Telefono 06/6899.7406-7-8

Fax 06/6899.7099

Via del Sudario, 49

00186 Roma