ITALIA OGGI Venerdì 2 Febbraio 2001 SERVIZI PUBBLICI LOCA LI

Il Tar azzera l’applicazione della disciplina delle acque. Nel mirino il ruolo dell'Amga di Genova

Salta la prima gara della legge Galli

Toscana, annullato l’affidamento del servizio idrico integrato

DI LUCA RIGHI

Salta la prima gara attuativa della legge Galli.

Il Tar Toscana, con la sentenza n. 24/2001-1 sezione, depositata lo scorso 15 gennaio, ha annullato gli atti con i quali l’Aato n. 4 Alto Valdarno e gli enti locali a esso aderenti, avevano posto in essere, tra il 1998 e il 1999, primi a livello nazionale, le procedure previste dalla legge n. 36/1994 e dalle leggi regionali attuative per l'affidamento della gestione del cd. "servizio idrico integrato".

Trattandosi del primo caso di applicazione della nuova disciplina, l'esperienza valdarnese era stata oggetto di particolare attenzione da parte degli operatori e delle altre amministrazioni pubbliche del settore, assumendo il ruolo di modello di riferimento per altre similari procedure che stavano per essere avviate.

Come noto, la legge 36/94 ha previsto la riorganizzazione dei servizi attinenti alla gestione del ciclo delle acque, riuniti nel cd. "servizio idrico integrato", sulla base di "Ambiti territoriali ottimali" (Ato), delimitati dalle regioni.

Nel caso della Toscana, la legge regionale n. 81/1995 ha disposto la costituzione, per ciascun Ato, di un'apposita autorità, in forma di consorzio obbligatorio tra gli enti locali interessati, con funzioni di programmazione, organizzazione e controllo sull'attività di gestione, quest'ultima da svolgersi, secondo l'art. 9 della legge Galli, utilizzando le forme per la gestione dei servizi pubblici locali previste dalla legge 142/90.

Nel caso di specie, l'Aato aveva prescelto la forma della spa a prevalente capitale pubblico locale.

La relativa gara per la scelta del socio privato di minoranza, che si era conclusa con l'aggiudicazione a un raggruppamento facente capo alla francese Suez Lyonnaise des Eaux e comprendente, tra gli altri, l'Amga di Genova è stato oggi annullato dalla sentenza in esame.

Questa, accogliendo sia pur solo parzialmente il ricorso presentato da un'altra società concorrente.

Tra i molteplici profili trattati dalla pronuncia del Tar Toscana riveste particolare interesse, in un'ottica più generale, quello relativo alla legittimità dell'ammissione alla gara del raggruppamento vincitore, in quanto composto, tra gli altri, dall'Amga spa, originata dalla trasformazione dell'ex azienda speciale del comune di Genova.

Il Tar, affermando un principio che potrebbe avere effetto "dirompente" per l'evoluzione del settore dei servizi pubblici locali, ha in proposito ritenuto che l'Amga non avesse legittimazione a partecipare, sia pur in Ati con altri soggetti, alla gara in questione, con la conseguente illegittimità della selezione compiuta a favore del raggruppamento che ne aveva deciso la cooptazione.

Tale conclusione è supportata da un'ampia ricostruzione del ruolo e dei limiti di operatività delle società a partecipazione pubblica per la gestione dei servizi pubblici locali, la cui "strumentalità" rispetto all'ente locale partecipante è da intendersi, secondo il Tar, come "identificazione dello scopo sociale nella cura degli interessi delle comunità locali perseguibili attraverso l'attività di gestione funzionalmente svolta dalla società nei settori dei servizi pubblici per i quali la stessa è stata costituita".

In tal senso, lo stesso art. 17, comma 58, della legge n. 127/1997, da ultimo trasfuso nell'art. 113 del Tuel n. 267/2000, ha previsto che la scelta del comune del modulo gestionale societario si giustifichi sulla base dell'opportunità della partecipazione di più soggetti pubblici o privati "in relazione alla natura o all'ambito territoriale del servizio".

Lo specifico riferimento a tali elementi evidenzierebbe dunque l'intento della norma "di imprimere un vincolo funzionale alla nascita e all'operatività gestionale della società stessa, che rende incompatibile l'assunzione di altre attività gestionali extraterritoriali".

Questa si tradurrebbe infatti "nella sottrazione quanto meno di parte dell'organizzazione societaria alle esigenze della comunità locale per la sua utilizzazione in scopi estranei a quelli per cui la società stessa è stata costituita".

La sentenza ha dunque esteso anche alle società in questione il principio, riaffermato anche recentemente dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. stato, sez. V, n. 1520/2000 e 475/2000; Tar Milano, sez. IIl, 5808/2000), relativo ai limiti di operatività delle aziende speciali, secondo cui queste non possono assumere servizi al di fuori del territorio dell'ente locale che le ha costituite, salva la sussistenza di un "collegamento funzionale tra il servizio eccedente l'ambito locale e le necessità della collettività stanziata sul territorio dell'ente che ha costituito l'azienda medesima".

Nel caso delle società partecipate, infatti, la forma privatistica dalle stesse assunta non è tale da escludere la loro sostanziale natura "pubblicistica", trattandosi comunque di una mera "articolazione organizzativa" dell'ente di riferimento (cfr. da ultimo Cons. stato, sez. V, n. 1885/2000) che, conseguentemente non può considerarsi equiparabile a un qualunque altro soggetto privato che operi sul mercato in termini concorrenziali.

Tale rilievo appare a maggior ragione perspicuo, ove si pensi che proprio il carattere "non concorrenziale" dell'attività delle società in questione, connesso alla loro costituzione per il perseguimento di fini di interesse generale strettamente legati all'ente locale di riferimento, deve considerarsi, ad avviso di chi scrive, presupposto ineludibile al fine di giustificare, per altro verso, l'affidamento diretto del servizio da parte del secondo e la deroga ai principi di concorrenza sanciti dalla normativa comunitaria in materia di appalti.

Presupposto che, pertanto, verrebbe meno qualora i soggetti in questione dovessero invece operare sul mercato in modo analogo a qualunque altro imprenditore del settore.

Se l'orientamento esaminato dovesse ricevere conferma, dunque, potrebbe essere destinato a scomparire il fenomeno di società partecipate da enti locali che concorrono con altri operatori del settore per l'affidamento di servizi da parte di enti locali diversi da quello di riferimento.

E ciò anche indipendentemente dall'approvazione del ddl di riordino dei servizi locali, in dirittura d'arrivo in parlamento, ove la possibilità dell'assunzione di gestioni extraterritoriali è appunto limitata alle sole società a partecipazione pubblica che non godano di affidamenti diretti di servizi da parte dell'ente di riferimento.

Pagina a cura DELLO STUDIO ASSOCIATO NATALONI