Italia Oggi, 22.2.01

Il tribunale di Vicenza contesta le sanzioni applicate dal sindaco di Sovizzo

Ordinanze contro le lucciole con il rischio di illegittimità

DI LUIGI OLIVERI

A rischio di illegittimità le ordinanze comunali contro la prostituzione.

Il tribunale di Vicenza, con sentenza della sezione II civile n. 176/2001 dell'1/2/2001, ha infatti annullato l’ordinanza 63 del 21/8/1999, del sindaco del comune di Sovizzo che aveva comminato la sanzione di lire 333.500 per violazione del divieto di fermare gli autoveicoli sul ciglio delle strade alfine di contrattare prestazioni sessuali, creando intralcio alla circolazione.

Si tratta di una delle tantissime ordinanze di analogo contenuto emanate dal '98 in poi, attraverso le quali i sindaci hanno tentato di porre un freno al fenomeno della prostituzione per strada.

La sentenza mette in rilievo diversi profili di illegittimità.

In primo luogo, l’ordinanza appare illegittima perché è motivata da ragioni di tutela della sicurezza stradale, ma non punisce l’eventuale violazione al codice della strada con le sanzioni previste dal codice medesimo, bensì con le sanzioni previste dall'art. 106 del rd 383/34 (oggi abrogato dal dlgs 267/20Q0).

Non vi è più, quindi, la corrispondenza tra la norma che pone il precetto, ovvero il codice della strada, e la sanzione per violazione del precetto, tratta invece dal citato art_ 106 iI che, secondo la sentenza, crea una vera e propria nullità appunto per omesso coordinamento tra precetto e sanzione.

Né, in secondo luogo, appare legittimo il meccanismo giuridico escogitato dalle ordinanze per consentire di emanare le ordinanze per ragioni di ordine pubblico, come atto contingibile ed urgente.

La sentenza sottolinea che non è possibile individuare la fonte normativa che consente ai primi cittadini di provvedere in merito alla lotta contro la prostituzione attraverso le ordinanze contingibili e urgenti.

L'ordinanza del comune di Sovizzo, per giustificare la sanzione, si richiama alle esigenze di tutela della sicurezza stradale: ma la sentenza evidenzia che è il codice della strada ad attribuire ai sindaci il potere di emanare ordinanze volte alla regolamentazione della circolazione.

Sicchè, se l’ordinanza fosse emessa in attuazione degli art. 5, 6 e 7 del codice, che disciplinano la circolazione nei centri abitati, allora la sanzione non potrebbe essere che quella prevista dal codice della strada stesso.

Le ordinanze emanati dai sindaci, invece, hanno tratto come fonte della sanzione il già citato art. 106 del testo unico delle leggi comunali e provinciali 383/1934.

Ma l'art. 106, c. 2, consentiva di sanzionare solo le ordinanze emanate dal sindaco "in conformità alle leggi ed ai regolamenti".

Le ordinanze sulla prostituzione mancano, invece, di un supporto normativo che consenta ai sindaci di provvedere in merito.

Pertanto, le ordinanze contingibili ed urgenti emanate per contrastare la prostituzione sono illegittime, secondo la sentenza, perché in pratica i sindaci hanno utilizzato uno strumento straordinario, che dovrebbe regolamentare una situazione imprevista di durata limitata nel tempo, per disciplinare invece una situazione che non è imprevista o imprevedibile, peraltro con effetti permanenti.

In sostanza, lo strumento dell'ordinanza è stato utilizzato al di fuori dei casi consentiti dalla legge, consistenti appunto nell'imprevedibilità, nell'urgenza e nella breve e determinata durata degli effetti del provvedimento.

La sentenza, pertanto, rimette in gioco (intero sistemi sanzionatorio costruito dalle amministra zioni comunali.

E dà anche un segnale importante: gli enti locali non possono introdurre precetti e sanzioni, attraverso le ordinanze, che non siano previsti dalla legge.

Il che indirettamente dovrebbe portare ad escludere la possibilità di rimediare all'abrogazione del l'art. 106 del rd 383/34 mediante disposizioni statutarie o regolamentari.