ITALIA OGGI, 18.4.00

 

Per il CdS non si tratta di servizi anche se si svolgono prestazioni accessorie

COMUNI E’ APPALTO DI OPERE LA MANUTENZIONE DELLE CASE

 

E’ da considerarsi appalto di opere pubbliche e non di servizi la manutenzione di immobili comunali, anche se l'affidamento contempli ulteriori attività, quali un censimento informatizzato dei beni e la formazione un programma operativo pluriennale.

Sulla delicata questione della linea distintiva tra appalto di opere pubbliche ed appalto di servizi, quando i contratti da stipulare siano misti, è intervenuto il Consiglio di stato, con la sentenza 630 dell’11 giugno 1999, attraverso la quale il massimo consesso giurisdizionale amministrativo ha cercato di mettere in evidenza i tratti che differenziano l'appalto di opere da quello di servizi.

Il Consiglio di stato ha fatto ferimento a un criterio di carattere qualitativo: ha ritenuto, ovvero, che gli interventi di manutenzione, oggetto dell'appalto distinti in lavori d'urgenza per rendere locabili abitazioni vuote, lavori di manutenzione ordinaria per garantire il buono stato locativo degli immobili, l'esecuzione cadenzata di lavori di manutenzione straordinaria nonché l'eliminazione delle barriere architettoniche, fossero prevalenti rispetto alle altre prestazioni, considerate come strumentali rispetto alla prestazione principale, in quanto preordinate all'esecuzione di questa.

In particolare, la banca dati informatizzata e il censimento degli immobili, finalizzati alla programmazione degli interventi, sono prestazioni rese necessarie dall'indeterminatezza della prestazione principale e dalla configurazione del rapporto come contratto di durata.

Ma, osserva il Cds, oggetto specifico del contratto è il mantenimento in buono stato locativo per tre anni dell'intero patrimonio residenziale. I lavori, dunque, prevalgono sulle altre prestazioni.

Occorre tenere presente che la controversia di cui si è interessato il Consiglio di stato risale al '96, prima, dunque, della riforma operata dalla legge 415/98 all'articolo 2, comma 1, della legge 109/94 che ha previsto un criterio non qualitativo, ma quantitativo, per stabilire l'applicabilità della disciplina dei lavori pubblici o dei servizi in presenza di contratti misti. Il citato articolo, difatti, prevede che nei contratti misti di lavori, forniture e servizi e nei contratti di forniture o di servizi quando comprendano lavori accessori, si applicano le norme della legge 109/94 qualora i lavori assumano rilievo economico superiore al 50%.

La norma, pur nella sua chiarezza, tuttavia non è di per sé decisiva. Infatti la prevalenza deve essere di rilievo economico e non finanziario. Il che significa che nel valutare la prevalenza dei lavori rispetto ai servizi o alle forniture non basta verificare che la somma dei costi delle voci relative ai lavori siano superiori quelle dei servizi o delle forniture: è noto che per i lavori sono essenziali anche forniture (come bitume, cemento) o noleggi.

Occorre, quindi, considerare la destinazione economica delle spese: se queste sono finalizzate alla trasformazione della materia, sicché il lavoro sia lo scopo de rapporto contrattuale, allora si è in presenza dì appalto.

Se, invece, le spese sono destinate all'acquisizione di un bene finito da utilizzare cosi com'è (previa un'eventuale installazione collegamento a reti d'energia), nell'effettuazione di prestazioni lavorative non destinate alla realizzazione di un'opera, si è in presenza di forniture o servizi.

La sentenza del Consiglio di stato, pertanto, è comunque utile a comprendere che se l'oggetto principale del contratto sono lavori, nella specie manutenzioni, la destinazione economica di eventuali prestazioni accessorie mirate alla stessa esecuzione delle manutenzioni, fa sì che la normativa da applicare all'appalto sia quella stabilita dalla legge 109/94.