IL SOLE-24 ORE DEL LUNEDÌ 8.1.2001

ENTI LOCALI

GIURISPRUDENZA • Sentenza della Cassazione sull'inerzia degli amministratori

La manutenzione straordinaria non obbliga a interventi urgenti

 

Il sindaco non commette il reato di rifiuto di atti di ufficio se non provvede all'effettuazione di interventi urgenti di manutenzione dei locali della scuola elementare.

A tali conclusioni è giunta la Corte di Cassazione con la sentenza della quinta sezione penale n. 8615/2000, di annullamento della precedente sentenza della Corte di Appello di Roma, la quale, conformemente a quanto ritenuto in primo grado dal Tribunale di Cassino, aveva, invece, ritenuto la responsabilità penale del sindaco.

La vicenda nasce dalla richiesta rivolta al sindaco da una direttrice didattica, che lamentava carenze nelle condizioni igienico-manutentìve dell'edificio scolastico. Successivamente, una volta accertato da parte degli organi di vigilanza il mancato intervento del Comune e il persistente stato insoddisfacente dei locali, era stato avviato a carico del sindaco il procedimento penale per il reato di rifiuto di atti di ufficio, previsto, dall'articolo 328 del Codice penale.

Risponde di tale reato, punito con la reclusione da sei mesi a due anni il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che per ragioni, tra l' altro, di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo.

La Cassazione con questa sentenza esclude la responsabilità dell'imputato, sulla base di tre distinte argomentazioni che travalicano il caso concreto e possono ritenersi di portata generale, e, pertanto, appaiono sicuramente utili per far chiarezza in relazione a una fattispecie di reato tanto discussa.

In primo luogo, il sindaco aveva confidato nella completezza della relazione che il tecnico comunale aveva predisposto, in cui si evidenziava soltanto la necessità di un programma di manutenzione ordinario, effettivamente eseguito, senza far cenno all'esigenza di porre in essere ulteriori interventi.

In secondo luogo, considerato che le funzioni relative alla scuola erano state delegate dal sindaco a un assessore, le eventuali inadempienze dell'assessore non si traducono automaticamente in responsabilità penale del sindaco, nonostante che a quest'ultimo competa la sorveglianza sul corretto ardamento dell'amministrazione e, quindi anche sull'attività svolta dagli assessori.

Infine, le attività manutentive di competenza dei Comune sono molteplici (edifici scolastici, immobili comunali, strade, giardini, complessi sportivi comunali) e si può ipotizzare che non sussistano adeguati strumenti finanziari per assolvere a tutti questi compiti in maniera adeguata.

Rientra, pertanto, nella discrezionalità dell'amministrazione individuare un ordine di priorità degli interventi richiesti in relazione alle risorse finanziarie disponibili.

Di conseguenza non è sufficiente constatare il rifiuto rispetto alla richiesta di intervento per ritenere sussistente il reato contestato, giacché occorre acquisire elementi specifici di univoco significato per considerare "indebito" il comportamento adottato, come ad esempio l'aver privilegiato altri interventi meno urgenti e meno importanti.

Gli argomenti riportati, diretti a escludere la responsabilità del sindaco, sono evidentemente ispirati in modo corretto a fondamentali principi introdotti con le più recenti riforme di settore, costituiti, da un lato, dalla separazione delle competenze degli amministratori e dei funzionari, per il compimento rispettivo degli atti di indirizzo e di gestione.

Dall'altro lato, il riferimento è all'esigenza di evitare che l’attività del giudice penale si sostanzi nel sindacare le scelte discrezionali compiute, senza tener conto delle ragioni delle scelte.

II risultato finale è sicuramente apprezzabile, in quanto una condanna per un reato come quello in esame non potrà essere fondata soltanto sulla considerazione che era necessario comunque intervenire, giacché occorrerà, in ogni caso, verificare se il mancato compimento dell’atto o dell'attività può ritenersi davvero arbitrario, nel contesto effettivo in cui si è in concreto avvenuto.

Gaetano VICICONTE