LA NAZIONE – 10.4.01

 

Candidati automi, l’autogol della politica

Di Antonio Martino

 

La selezione dei candidati per le prossime elezioni ha spinto il Presidente del Senato a parlare di "calciomercato", ma l’immagine è eccessivamente benevola.

In tutti gli schieramenti ed in tutti i partiti, le scelte sono state fatte in base a criteri inaccettabili, con incomprensibili esclusioni di parlamentari di valore e scandalose inclusioni di personaggi assai poco esaltanti.

Il fenomeno è stato talmente clamoroso da indurre persino alcuni responsabili di queste scelte a denunziarne l'illogicità, attribuendone la responsabilità al sistema elettorale.

Al riguardo converrà ricordare che anzitutto non si dovrebbero attribuire al maggioritario le colpe di chi lo usa e che, in secondo luogo, il sistema proporzionale non era affatto immune da problemi di questo tipo, come 50 anni di scandali ampiamente dimostrano.

Quali sono allora le cause del fenomeno? Fra tanti fattori che hanno contribuito a questo scempio, due mi sembrano meritevoli di essere segnalati.

Il primo è il cambiamento della natura del Parlamento che non è più la sede in cui i liberi rappresentanti del popolo sovrano mettono a confronto le loro opinioni per individuare soluzioni ai grandi problemi del Paese.

Perlopiù il Parlamento si limita a ratificare col voto decisioni prese da altri.

Il "pastone", l'articolo in cui si dava conto del dibattito parlamentare, è scomparso da tempo per l'ovvia ragione che in Parlamento non si dibatte, si vota.

Ora, è ovvio che per schiacciare un bottone non è necessario essere un genio; quello che conta è essere disposti ad ottemperare alle direttive del gruppo.

Stando così le cose, il Parlamento ideale per il nostro tempo dovrebbe essere composto almeno per I'80% da automi.

Non è quindi nell'interesse dei partiti reclutare gli ingegni migliori.

Il secondo fattore è rappresentato dal fatto che le candidature, sia pure con meccanismi diversi, in tutti gli schieramenti sono scelte dai vertici in base a criteri di spartizione tra le varie componenti la coalizione e ad altre esigenze di carattere generale.

Il risultato è che il nostro Parlamento è composto da persone che sono nominate più che elette, scelte dai vertici dei movimenti più che dagli elettori.

Questi ultimi si trovano a dovere scegliere nei collegi uninominali fra due candidati, uno di centro-destra ed uno di centro-sinistra, e finiscono per votare in base alle loro preferenze politiche per persone che al limite non conoscono nemmeno.

Tutto ciò costituisce un tradimento non solo del sistema maggioritario, che dovrebbe privilegiare il rapporto fiduciario fra elettori e candidato, ma delle regole di base della democrazia.

La soluzione al primo problema, auspicata da tutti ma lungi dall'essere affrontata, consiste nella delegificazione: se il Parlamento si occupasse di pochi importanti problemi, tornerebbe ad essere un luogo di dibattito e di confronto di idee, ed il singolo parlamentare tornerebbe ad essere importante.

In quel caso, sarebbe nell'interesse dei partiti scegliere candidati di valore che, se eletti, potessero fare valere le proprie idee nel confronto con quelle degli altri.

La soluzione al secondo problema. anch'essa auspicata a parole da molti, è quella di coinvolgere gli elettori nella scelta dei candidati.

Le "primarie" in una qualche possibile variante.

In assenza di queste importanti riforme, non stupiamoci , se molta gente è disgustata dalla politica: lo spettacolo che questa ha offerto negli ultimi giorni non può essere definito che disgustoso.