(Tratto da D&L Rivista Critica di Diritto del Lavoro - edizione on line - a cura degli Avv. Mario Fezzi e Stefano Chiusolo)

 

DIRIGENTI

A. Mansioni e qualifica

  1. Non può qualificarsi come dirigente il dipendente che, pur avendo il potere di firma, gestisca un settore di dimensioni modeste, tali che le sue mansioni consistano nel garantire la corretta esecuzione del lavoro minuto e non di determinare le direttive di ordine generale proprie della funzione dirigenziale (nella fattispecie, è stato altresì escluso che il dipendente potesse essere qualificato come dirigente per il fatto che per sei mesi avesse coperto l'interregno tra vecchio e nuovo dirigente, poiché le sue mansioni non erano equivalenti a quelle in seguito svolte dal nuovo dirigente) (Cass. 28/7/94 n. 7039, pres. Alvaro, est. Sciarelli, in D&L 1995, 367, nota MUGGIA)
  2. In ipotesi di dequalificazione a mansioni impiegatizie il dirigente ha diritto, ai sensi dell'art. 2103 c.c., di essere reimmesso in mansioni dirigenziali, nell'ambito di quelle ultimamente svolte (Pret. Milano 16/9/94, est. De Angelis, in D&L 1995, 143)

B. Questioni retributive

  1. Ove al dirigente distaccato all’estero sia stata erogata, per il periodo di permanenza presso la sede straniera, una speciale indennità, deve ritenersi che tale emolumento sia stato corrisposto per una metà in funzione ristoratrice delle maggiori spese, e, per l’altra metà, in funzione compensativa delle particolari modalità della prestazione, sì da avere, limitatamente al 50%, natura retributiva, con conseguente computabilità, ai fini del calcolo del Tfr e dell’indennità sostitutiva del preavviso (Trib. Milano 19/4/97, pres. Mannacio, est. Accardo, in D&L 1997, 813)
  2. Non compete l’indennità per ferie non godute al dirigente che abbia il potere di autodisciplinare le proprie ferie, senza ingerenza da parte del datore di lavoro, in quanto, se il diritto alle ferie è irrinunciabile, il mancato godimento imputabile esclusivamente al dirigente esclude il diritto all’indennità sostitutiva, salva la ricorrenza di eccezionali e obbiettive esigenze aziendali ostative a quel godimento (Cass. 7/3/96 n.1793, pres. Micali, est. Picone, in D&L 1997, 353)
  1. Le somme corrisposte, in base a pattuizione diretta fra le parti, dalla società capogruppo estera al dirigente della società italiana, in aggiunta alla retribuzione corrisposta dalla società effettiva datrice di lavoro, debbono considerarsi parte integrante della retribuzione dovuta dal datore di lavoro, utile ai fini del computo delle c.d. retribuzioni indirette, ove sia accertato che tali somme ulteriori costituivano corrispettivo della stessa prestazione resa nell’ambito dell’unico rapporto di lavoro dirigenziale in essere (Cass. 7/3/96 n.1793, pres. Micali, est. Picone, in D&L 1997, 353)
  1. L'indennità una tantum prevista dall'art. 14 CCNL dirigenti di aziende industriali, avendo funzione di compensazione forfettaria per i disagi economici connessi al trasferimento, non costituisce un riconoscimento economico comunque dovuto, ma richiede, quale presupposto, la prova dell'effettivo mutamento della residenza e dell'organizzazione domestica del dirigente (Pret. Milano 1/3/95, est,. Cecconi, in D&L 1995, 664)

C. Cessazione del rapporto

  1. Al licenziamento intimato al dirigente, giusto il disposto di cui all'art. 10 L. 604/66, non può trovare applicazione il termine di decadenza di cui all'art. 6 della medesima legge, mentre si applica la procedura ex art. 7 S.L. (Pret. Monza 11/3/96, est. Padalino, in D&L 1996, 792)
  2. In tema di licenziamento disciplinare del dirigente, l'inosservanza del procedimento di cui all'art. 7 c. 2 e 3 SL impedisce di considerare l'atto come giustificato e determina il sorgere di tutti gli obblighi risarcitori previsti dalla contrattazione collettiva per il licenziamento ingiustificato, in quanto la non corretta enunciazione delle ragioni poste a fondamento del recesso non consente di ritenere integrata la giusta causa o il giustificato motivo invocato dal datore di lavoro (Pret. Monza 19/2/96, est. Padalino, in D&L 1997, 170)
  3. Nel licenziamento disciplinare del dirigente, il mancato rispetto da parte del datore di lavoro della procedura prevista dall’art. 7 SL non comporta di per sé l’obbligo alla corresponsione dell’indennità supplementare, che è invece dovuta, secondo il contratto collettivo, esclusivamente in ipotesi particolari, quali il recesso irrogato senza l’indicazione dell’addebito o del tutto privo di requisito causale (Trib. Milano 23/5/98, pres. ed est. Mannacio, in D&L 1998, 1058, nota Capurro, Violazione delle regole procedurali e conseguenze sanzionatorie nel licenziamento disciplinare del dirigente)
  4. Il requisito della giustificatezza del licenziamento richiesto dalla contrattazione collettiva fornisce ai dirigenti – non dotati di stabilità né reale né obbligatoria – la minor tutela consistente nel penalizzare il recesso che non risponda a condizioni minime di ragionevolezza e cioè che da un lato non sia coerente con la motivazione addotta e dall’altro rappresenti l’esercizio arbitrario e non conforme a buona fede e correttezza della facoltà di recesso (Trib. Milano 12/1/99, pres. ed est. Mannacio, in D&L 1999, 385)
  5. Non può ritenersi giustificato il licenziamento del dirigente che non sia sorretto da motivi di una certa consistenza e ragionevolezza, tenendo conto delle posizioni e dei contrapposti interessi delle parti: in particolare, non può ritenersi contestabile il modo in cui il dirigente perviene a un risultato utile all’azienda, a meno che non gli si imputi di avere agito scorrettamente o in modo illecito; nemmeno è censurabile l’avere posto all’azienda l’alternativa fra le proprie dimissioni e la risoluzione del rapporto con un consulente, perché il dirigente può disporre del proprio rapporto di lavoro e può e deve esprimere i propri giudizi e convinzioni nelle questioni sulle quali è chiamato a operare e rispondere (Trib. Milano 10/9/97, pres. ed est. Ruiz, in D&L 1998, 190)
  6. Il comportamento del dirigente, che, in nome e per conto della società datrice, abbia sottoscritto una modifica di patti contrattuali, rivelatasi poi eccessivamente onerosa per l’azienda, integra gli estremi del giustificato motivo di licenziamento, ma non quelli della giusta causa, trattandosi di atto rientrante nei poteri di rappresentanza del dirigente, e dall’antieconomicità non immediatamente percepibile, sì da potersi escludere il dolo e la colpa grave, in relazione ai primari doveri di diligenza e fedeltà (Trib. Milano 19/4/97, pres. Mannacio, est. Accardo, in D&L 1997, 813)
  7. Il licenziamento del dirigente per soppressione di posto in conseguenza della ristrutturazione di ufficio è giustificato, le cause di giustificatezza di diritto comune sono assorbite nel principio di giustificato motivo oggettivo di licenziamento ex art. 3, L. 15/7/66 n. 604 (Pret. Nola, sez. Pomigliano d’Arco, 2/12/97, est. Perrino, in D&L 1998, 454, n. PANDURI, Soppressione del posto di lavoro per riorganizzazione dell’organigramma aziendale; giustificato motivo e giustificatezza del licenziamento del dirigente; giustificatezza e cause tipiche di risoluzione del contratto; criteri e principi che sottendono alla giustificatezza del licenziamento e principio della buona fede)
  8. In presenza di una chiara e inequivoca manifestazione di volontà di voler adire l'autorità giudiziaria, il ricorso al Collegio arbitrale previsto dal contratto collettivo dirigenti di azienda del terziario 1/3/88 per la determinazione dell'indennità supplementare, proposto per meri fini tuzioristici dal dirigente licenziato, non impedisce il contestuale ricorso al pretore del lavoro per la proposizione della medesima domanda, relativa alla spettanza e alla misura dell'indennità suppletiva, nonché per la diversa domanda relativa alla nullità del licenziamento (Pret. Milano 31/1/95, est. Peragallo, in D&L 1995, 749)
  9. Nel vigore del DPR 22/12/86 n. 917, che assoggetta a tassazione i proventi conseguiti a titolo di risarcimento del danno cagionato dalla perdita di redditi, deve escludersi la tassabilità dell’indennità supplementare per ingiustificato licenziamento del dirigente, che costituisce risarcimento del danno alla professionalità e al prestigio del prestatore d’opera, e non risarcimento del danno da perdita di redditi (Comm. Trib. Reg. Milano 25/1/97, pres. Bozzi, est. Colavolpe, in D&L 1997, 825 n. Tagliagambe, Profili di incostituzionalità del decreto Dini in materia di tassazione di sentenze e transazioni di lavoro)
  10. Compete il risarcimento dei danni al dirigente che abbia perduto il diritto alla copertura assicurativa prevista dall'art. 12 c. 4 CCNL 16/5/85 Dirigenti aziende industriali, a cagione della colpevole inerzia della società datrice nei confronti della compagnia assicuratrice, ove risulti accertato che il rapporto di lavoro si è effettivamente risolto a causa dell'invalidità del dirigente, tale da non consentire la prosecuzione del rapporto (Trib. Sondrio 19/12/94, pres. Guadagnino, est. Covino, in D&L 1996, 183)
  11. L’attribuzione da parte del datore di lavoro della qualifica dirigenziale a un proprio dipendente può essere contestata da quest’ultimo ove le mansioni effettivamente svolte non corrispondano a quelle previste e/o manchino i caratteri distintivi propri della qualifica dirigenziale: in tal caso, trattandosi in realtà di pseudo dirigente, il rapporto di lavoro soggiace all’ordinaria disciplina legale limitativa dei licenziamenti (Pret. Napoli 10/6/97, est. Vitiello, in D&L 1998, 109, n. MANNA, Il controllo del giudice sull'attribuzione convenzionale della qualifica di dirigente)
  12. Deve ritenersi illegittimo il licenziamento disposto nei confronti di un dirigente dell’Ente Poste italiane per il raggiungimento dei 65 anni di età, come previsto dalla normativa successiva alla privatizzazione dell’Ente, qualora il dirigente avesse precedentemente esercitato l’opzione ai sensi degli artt. 3, L. 23/10/92 n. 421 e 16, D. Lgs. 30/12/92 n. 503 per la prosecuzione del rapporto per i due anni successivi al compimento dei 65 anni, stante il mantenimento ai sensi dell’art. 6, 1° comma, L. 29/1/94 n. 71 dei diritti acquisiti prima della privatizzazione, con conseguente obbligo da parte dell’Ente Poste di corrispondergli tutte le retribuzioni dal licenziamento fino alla data in cui il dirigente avrebbe avuto diritto alla continuazione del rapporto, con esclusione invece dell’indennità supplementare (Trib. Milano 9/5/98, pres. Gargiulo, est. Ruiz, in D&L 1998, 1037)