Mobbing e segretari comunali: necessità di una corretta interpretazione delle funzioni e del ruolo del Segretario comunale a seguito delle leggi di riforma della categoria

Una prima impressione che potrebbe ricavarsi dalla lettura del testo che ha il compito di introdurre il mio intervento: "Mobbing e segretari comunali: necessità di una corretta interpretazione delle funzioni e del ruolo del Segretario comunale a seguito delle leggi di riforma della categoria", non mi meraviglierei se fosse di stupore.

Come è possibile ipotizzare un rapporto tra un fenomeno, qual è il "mobbing", che rappresenta una anomalia, una disfunzione del nostro sistema di relazioni sociali, con suoi evidenti e consequenziali riflessi giuridici, e una legge di riforma di una categoria di operatori giuridici che, in quanto atto normativo, dovrebbe essere fisiologica a tale sistema definendo essa status, ruoli, e funzioni degli stessi !

Per comprendere, dunque, la ratio che mi ha indotto alla definizione testuale del mio intervento nella predetta formulazione, è necessaria una considerazione preliminare.

Il Segretario comunale e provinciale, per tradizione, ha rappresentato e ancora oggi, si può serenamente affermare, rappresenta, un organo fondamentale per la gestione ed il corretto funzionamento degli enti locali.

Tuttavia, se questa "centralità" del Segretario in seno alle amministrazioni locali ha avuto come effetto la sua necessaria presenza nell’organizzazione degli enti in qualunque momento storico e in vigenza di regimi legislativi spesso radicalmente diversi tra loro, la peculiarità del suo ruolo ha determinato, di converso, una sorta di attrazione su tale professionista di tutti i costanti cambiamenti a cui è sottoposta l’amministrazione pubblica.

Si pensi alle modifiche del ruolo del Segretario nell’ultimo decennio.

Con la formulazione della legge n. 142/1990, il legislatore, ancora timidamente, accennò ad un rafforzamento dei principi di autonomia e di decentramento delle amministrazioni locali, ma è innegabile che in quel tempo vigeva ancora un sistema giuridico amministrativo in cui forte era la presenza dei controlli che diversi organi, direttamente o indirettamente espressione di uno Stato centrale, esercitavano sull’azione delle autonomie locali.

In quel contesto il Segretario comunale, tra le diverse funzioni di cui era titolare, esprimeva il c.d. parere preventivo di legittimità sul cui significato mi soffermerò successivamente.

Indirizzandosi, poi, sempre più l’attività legislativa verso formulazioni normative dirette a rafforzare e garantire una maggiore autonomia delle amministrazioni locali, si è assistito con l’entrata in vigore della legge n. 81/1993 – legge, come è noto, che ha disciplinato l’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti delle province – ad un ulteriore riconoscimento dei citati principi costituzionali di autonomia e decentramento, che, con le c.d. leggi "Bassanini", dal 1997 in poi, unitamente ad altre importanti direttive legislative, hanno successivamente ricevuto la loro definitiva consacrazione.

Tale "stravolgimento" del sistema amministrativo ha investito, dunque, e non poteva essere diversamente, il Segretario comunale e provinciale, in considerazione della richiamata "centralità" di tale operatore che deve adeguare, nuovamente, la sua professionalità ad un contesto intorno a lui radicalmente modificato.

Limitiamo la nostra attenzione a due aspetti fondamentali che rappresentano il "leit motiv" della riforma.

In primo luogo si è assistito ad un pressoché totale ridimensionamento dei controlli, interni ed esterni all’ente locale, quanto meno nell’accezione che il controllo ha avuto in passato, a garanzia sia di una maggiore semplificazione dell’azione amministrativa e sia, allo stesso tempo, per garantire una minore ingerenza da parte di organi esterni sull’attività degli enti locali e sulle scelte da loro adottate.

Di poi, si è consolidato il più volte auspicato principio di separazione – anche se oggi si avverte l’opportunità ad un concetto meno assolutistico di "distinzione" – tra attività riferibile agli organi di direzione politica e attività amministrativa di competenza degli organi di gestione.

I riflessi immediati di tali trasformazioni sulla figura del Segretario sono stati i seguenti:

eliminazione dal sistema del citato parere preventivo di legittimità espresso dal Segretario che, al di là del valore sostanziale che l’espressione di tale parere poteva esplicitare, aveva un suo preciso significato, in quanto garantiva l’obbligatorietà dell’intervento del Segretario, ancorché in relazione al singolo atto sul quale doveva esprimersi e la cui mancanza rendeva l’atto stesso illegittimo per assenza di un suo presupposto richiesto ex lege;

trasformazione del suo rapporto di impiego statale in un rapporto di impiego con una agenzia autonoma con personalità giuridica di diritto pubblico;

rapporto di dipendenza funzionale tra il Segretario e il Sindaco e titolarità da parte del Sindaco di potere di nomina e di revoca del Segretario;

nei piccoli enti – ove sovente sono assenti professionalità adeguate allo svolgimento di compiti gestionali in forza del citato principio di separazione tra attività di indirizzo politico e di controllo e attività di gestione – attribuzione, direi – mi si consenta la metafora – "a cascata", di tutte le funzioni non afferenti alla sfera politica al Segretario.

Orbene, eccoci giunti alla conclusione della premessa e al "cuore" del tema: l’ ipotizzato rapporto tra il "mobbing" e l’ attuale configurazione giuridica del ruolo del Segretario.

Il mobbing, come è stato autorevolmente affermato, rappresenta sostanzialmente una relazione conflittuale sul posto di lavoro che si manifesta nel suo svolgersi attraverso tante e diverse tipologie comportamentali che sono, pur nella loro diversità, in ogni caso dirette, a far valere un predominio di una "persona" su un’altra, in modo da emarginare la più debole, o "resa debole", dal contesto in cui opera e/o comunque, in casi estremi, da indurla all’abbandono della sua collocazione lavorativa a meno che non accetti incondizionatamente la volontà altrui.

Perché, allora, il Segretario, allo stato dell’arte, può definirsi un soggetto particolarmente esposto sia all’eventualità di un conflitto e sia alla possibilità che questo conflitto determini un atteggiamento da parte dei suoi interlocutori che può sostanziarsi in condotte vessatorie dirette ad una sua "mobizzazione"?

Le motivazioni le ricaviamo dalla breve premessa che ho intenzionalmente riferito.

L’eliminazione dell’espressione di un parere preventivo di legittimità, al di là, ripeto, del valore che concretamente esso manifestava – molti colleghi, forse in un’ottica lungimirante delle loro funzioni, non hanno rilevato in situazioni non conflittuali sul posto di lavoro, tale modifica legislativa – ha avuto, tuttavia un rilevante riflesso: che oggi tutte le funzioni indefettibili del Segretario sono, normalmente, in una situazione fisiologica, "su impulso di parte", sia essa rappresentata da organi di direzione politica che da organi di gestione.

L’espressione di un parere, ancorché limitato ai singoli atti, rappresentava, pertanto,in quest’ottica, una garanzia: la garanzia della necessità di un preliminare intervento indispensabile alla formazione di una volontà amministrativa che, in assenza di tale atto preventivo, risultava viziata.

Dunque, ecco il primo aspetto di rilievo: funzioni "indefettibili" del Segretario, che ancorché continua ed essere ritenuto da legislatore "organo necessario dell’ente", sono esercitate, normalmente, "su impulso di parte".

In secondo luogo il Segretario è collegato al Sindaco – da cui dipende funzionalmente – da un vincolo "fiduciario".

Tuttavia il Segretario ha il dovere di svolgere le sue funzioni istituzionali di collaborazione e assistenza giuridico – amministrativa, non nei confronti del Sindaco, ma di tutti gli organi dell’ente e, dunque, anche del consiglio, che è espressione non solo della maggioranza di governo locale.

E ancora si è detto del principio di separazione o, meglio, di distinzione, tra attività di indirizzo politico e attività gestionale.

Tale principio, improponibile nella sua assolutezza, tant’è che lo stesso legislatore ne ha in parte preso atto nella legge finanziaria (1), nei piccoli enti, significa, se il Segretario non ha l’accortezza e la capacità di adeguare le struttura organizzativa in cui opera ai nuovi dettati legislativi, automatica sua competenza per tutte le attività gestionali riferibili all’ente.

Ma il Segretario, oltre alla citata capacità organizzativa di adeguamento della struttura comunale ai nuovi dettati legislativi, dovrà, altresì, avere l’ ulteriore fortuna di interloquire con soggetti, amministratori o responsabili dei servizi, che comprendano l’oggettiva impossibilità, oggi più che in passato, di poter essere lui il referente di ogni attività di gestione dell’ente.

Ove, dunque, ciò non accada, non è improbabile che un ulteriore motivo di conflitto non tarderà ad apparire.

Ecco, allora, i motivi fondamentali per cui il Segretario può essere esposto più di altri ad eventuali conflitti sul luogo di lavoro che potrebbero facilmente sfociare in condotte vessatorie concretizzanti attività di "mobbing".

Se una amministrazione funziona, nulla quaestio.

Ma se tale equilibrio viene meno non è arduo ipotizzare situazioni lavorative di difficile gestione.

A tal punto potrebbe obiettarsi che ciò può accadere a tutti coloro che operano in seno ad una amministrazione locale, non solo al Segretario dell’ente.

Pur nella verità di tale assunto vi è, oltre a quanto già esposto, un ulteriore dato a conferma di tale paventata distorsione del rapporto di impiego del Segretario oggi.

Oltre alla difficoltà oggettiva per un Segretario di operare senza un impulso di parte, almeno se allo stato normativo attuale non si interpretano correttamente le sue funzioni, e al di là del vincolo fiduciario che rapporta il Segretario al Sindaco e la precarietà insita in qualsiasi vincolo basato sulla fiducia – con l’aggravante che se esso si attenua nel tempo l’unico modo per risolvere il rapporto di lavoro è un atto di revoca che, in forza della privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, equivale ad un licenziamento – non da ultimo è da considerare la particolare funzione di raccordo che il Segretario espleta tra organi di direzione politica e organi di gestione per cui sovente confusioni politico – amministrative, generate da oggettive difficoltà di operare, sono addebitate a tale organo pur in assenza di una qualunque sua colpa.

Limitare, però, tale analisi ad una speranza che in un ente viga sempre una sorta di idillio tra tutti gli operatori, oltre che impossibile, sarebbe anche riduttivo.

Sin ora con questo intervento si è riferito il perché un Segretario può essere facilmente esposto al fenomeno "mobbing" e come è facile che un terreno fertile per il proliferare di tale fenomeno trovi il suo seme in una distorta interpretazione delle funzioni e del ruolo di tale operatore giuridico..

Resta ora da chiedersi se vi sia un modo per arginare tali eventuali conflitti e i conseguenti abusi che da essi possono discendere.

Ritengo che affermare in modo assolutistico e unitario l’esistenza di un rimedio al fenomeno mobbing sia fuorviante ed errato.

Il fenomeno in esame, così come non si manifesta in uno, ma in mille e più condotte, allo stesso tempo non può risolversi attraverso una unica strategia.

Ogni ipotesi conflittuale ha delle sue peculiarità, delle sue motivazioni e, soprattutto, si indirizza "democraticamente" verso tante tipologie di lavoratori.

In particolare, per i segretari un modo per ostacolare conflitti con i propri interlocutori sul posto di lavoro è la consapevolezza da parte loro di quelle che rappresentano le proprie funzioni indefettibili, quel minus di funzioni che gli stessi hanno il diritto- dovere di esercitare.

La legge dispone che il Segretario è un organo necessario dell’ente e sulla base di questo presupposto inconfutabile attribuisce a tale organo delle funzioni non in via ipotetica, ma in modo imperativo.

La legge non dice il Segretario "può" svolgere compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico – amministrativa nei confronti degli organi dell’ente; non dispone che il Segretario "può" sovrintendere e coordinare i dirigenti o i responsabili dei servizi; né tanto meno è in via ipotetica la sua partecipazione – molto più incisiva della precedente "assistenza" notarile di cui alla legge n. 142/1990 – con funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni degli organi collegiali, ove la verbalizzazione rappresenta solo la formalizzazione, il momento ultimo di una attività ulteriore del Segretario.

Queste funzioni sono "indefettibili" e nessuna situazione conflittuale tra Segretario e suoi interlocutori, amministratori o dirigenti, può esonerare tale organo necessario dall’esercitarle (2).

L’espletamento di tali funzioni rappresenta, oltre che un dovere istituzionale, altresì un diritto che nessuna attività vessatoria diretta all’emarginazione di una figura che, talvolta per il complesso ruolo che riveste, può risultare scomoda, può comprimere.

E ciò non solo per una tutela di uno status lavorativo acquisito, ma anche perché, come autorevolmente affermato dall’attuale Presidente della corte dei Conti, F. Staderini, in un suo intervento proprio in relazione alla neo figura del Segretario, la responsabilità amministrativa non è solo di colui che è deputato all’adozione finale di un atto, ma di tutti coloro che a qualunque titolo hanno partecipato alla sua formazione permettendo così l’adozione di un atto, ancorché in qualità di organi consultivi.3

E’ innegabile che l ’amministrazione pubblica è oggi radicalmente modificata.

Il passaggio da un rapporto tra operatori fondato su rigidi vincoli gerarchici è allo stato attuale sostituito da modelli organizzarivi basati sulla funzionalità e sulla valorizzazione di ciascuno, indipendentemente da un originario inquadramento.

E’ vero che ai dirigenti o ai responsabili dei servizi, in assenza di una classe dirigente, è riconosciuta una rilevante autonomia gestionale e organizzativa.

Ma questi operatori non devono considerarsi delle meteore che, ognuna per proprio conto, si muovono nello spazio della autonomia a loro riconosciuta.

Pur nell’ambito di un loro spazio autonomo essi vanno coordinati e sovrintesi affinché la loro attività sia indirizzata verso un unico fine individuato a monte negli atti di programma di competenza degli organi di direzione politica.

Ecco perché, tra le funzioni indefettibili del Segretario, vi è il "coordinamento" dei dirigenti che, nell’esercizio delle loro funzioni, sono sovrintesi.

E tale è una ulteriore funzione indefettibile la cui eventualità non risiede nella richiesta di una sua attivazione da parte dei dirigenti o dei responsabili verso il Segretario, ma nella possibilità di attribuire tale funzione, connotandola ancor di più nella sua modalità di esercizio, ad un direttore generale, ove non si opti per un Segretario – direttore.

Con questo intervento, dunque, non si vuol né pessimisticamente demolire il Segretario comunale, né tanto meno prospettare una superfetazione del suo ruolo.

Si intende più semplicemente individuare le sue nuove competenze per evitare che approssimate interpretazioni del suo ruolo legittimino comportamenti vessatori da parte di chi, per i più differenti motivi, può entrare in conflitto con lui.

Né con tali affermazioni si vuole in alcun modo vantare una pretesa gerarchica o di dominio nei confronti di chiunque possa essere un ipotetico suo interlocutore.

Si intende, o meglio, si cerca soltanto di chiarire e di valorizzare un diverso ruolo del Segretario, ancora una volta specchio che riflette tanti cambiamenti giuridico – istituzionali.

Da questa consapevolezza dei diversi ruoli, da interpretarsi non in un ottica conflittuale tra le parti, ma di collaborazione, di interscambio tra esse, insomma, di "gioco di squadra", non potrà che discendere una valorizzazione di tutti gli attori del processo di riforma della amministrazione.

Del Segretario per i motivi predetti.

Dei dirigenti o dei responsabili dei servizi, che, come detto, non sono centri di competenza assolutamente autonomi, ma operatori che la legge impone di coordinare e sovrintendere non perché con ciò si vantano pretese gerarchiche nei loro confronti, ma perché solo attraverso una gestione congiunta si può perseguire un obiettivo comune, il cui raggiungimento è garantito dal conseguimento di singoli obiettivi: l’autonomia gestionale di ognuno va ricondotta ad unità nei fini stabiliti negli atti di programma!

Degli amministratori, in quanto è nel loro interesse usufruire delle competenze di ognuno e, dunque, di una "squadra" che funziona: è innegabile che dal conseguimento di obiettivi e risultati non può che discendere un ulteriore consenso politico!

Ma soprattutto, perché solo la consapevolezza di questo nuovo rapporto tra tutti gli operatori – che discende dalla ulteriore consapevolezza dei propri ruoli – potrà avere come risultato il mantenimento di un equilibrio, o almeno un suo tentativo, che eviterà il proliferare di comportamenti vessatori e mobizzanti diretti all’emarginazione e/o al conflitto tra soggetti, che non porterebbe a nulla, se non ad una mortificazione, non del solo Segretario, ma di chiunque può essere coinvolto in questo perfido gioco delle parti che umilia, si il lavoratore, ma prima di tutto ciò che tutti noi rappresentiamo in un contesto sociale, delle persone.

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(1) Il comma 23 dell’art. 53 della legge n. 23 dicembre 2000, n. 388, dispone, infatti, che gli enti locali con popolazione inferiore ai tremila abitanti, salva l’ipotesi di ricorso alla figura del Segretario comunale, che riscontrino e dimostrino la mancanza non rimediabile di figure professionali idonee nell’ambito dei dipendenti – anche al fine di operare un contenimento della spesa – possono adottare disposizioni regolamentari organizzative, anche in deroga a quanto disposto dal D.L.vo n. 29/1993, art. 3, commi 2 e 3, e 107 del D.Lvo n. 267/2000, attribuendo ai componenti dell’organo esecutivo la responsabilità degli uffici e dei servizi ed il potere di adottare atti anche di natura tecnica gestionale. Il contenimento della spesa deve essere documentato ogni anno, con apposita deliberazione, in sede di approvazione del bilancio.

(2) Pertanto, non può condividersi la necessità di una specifica previsione statutaria o regolamentare che disponga il coinvolgimento nelle varie procedure del Segretario. Le funzioni di collaborazione e di assistenza discendono direttamente dalla legge e gli atti di normazione secondaria potranno disciplinare le modalità, i tempi e i procedimenti attraverso cui tale attività potrà esplicarsi. Se, viceversa, le funzioni del Segretario non sono volontariamente attivate, perché vi è un preciso disegno per emarginarlo dalla vita amministrativa dell’ente, allora sarà necessario, e lo stesso Segretario dovrebbe esserne il promotore, specificare, attraverso normative di dettaglio, il concreto suo coinvolgimento nelle procedure. Così come anche in relazione alle funzioni di coordinamento e sovrintendenza dei dirigenti e/o dei responsabili degli uffici e dei servizi di un ente, la legge affida testualmente questa funzione al Segretario. L’eventualità dell’esercizio di tale compito non è nella richiesta o no di essere sovraintesi o coordinati da parte dei dirigenti, ma solo ed esclusivamente nella facoltà concessa al Sindaco di attribuire al direttore generale questa funzione esclusivamente gestionale.

(3) In tale senso, cfr. F. Staderini, Nuove attribuzioni e responsabilità dei Segretari comunali e provinciali, in Nuova Rassegna, n. 10 del 16 Maggio 2000, p. 1075.