Italia Oggi, 8 marzo 2001

Risoluzione sull'applicazione della legge 488/99

La mobilita’ non e’ diritto del travet

DI LUIGI OLIVERI

La presentazione di una domanda di mobilità volontaria non dà diritto al dipendente di un ente locale di essere assunto dal comune al quale ha rivolto l’istanza.

Lo chiarisce il ministero dell'interno, con la risoluzione n. prot. 15700/5A/219, della direzione generale dell'amministrazione civile, direzione centrale dei segretari comunali e provinciali.

La questione su cui si è pronunciato il ministero è stata posta da un comune che, dopo aver stabilito nella programmazione triennale delle assunzioni di coprire un posto di categoria D attraverso procedura selettiva, si è visto giungere una richiesta di mobilità volontaria per il medesimo posto.

Il comune ha chiesto, quindi, se la richiesta di mobilità potesse inficiare in qualche modo le procedure selettive avviate in esecuzione della programmazione triennale.

La risoluzione ha messo correttamente in luce che l'istituto della mobilità volontaria è condizionato dalla reciproca intesa dell'ente di provenienza, quello con il quale il richiedente ha il rapporto di lavoro, e l'ente di destinazione, al quale è rivolta la domanda di mobilità volontaria.

La fattispecie è disciplinata dall'articolo 33, comma 1, del dlgs 29/1993, come modificato dall'articolo 20 della legge 488/1999, a mente del quale "le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica i servizio preso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento.

Il trasferimento è disposto previo consenso dell'amministrazione di appartenenza".

I presupposti, quindi, della mobilità volontaria sono da un lato l’esercizio da parte dell'ente di destinazione di avvalersi della possibilità di assumere il dipendente in mobilità, e dall'altro dal consenso espresso dell'amministrazione di provenienza.

Il comma 3 dell'articolo 33 citato ha rimesso ai contratti collettivi la facoltà di definire procedure e criteri per attuare la mobilita, ma come è noto i contratti non hanno disciplinato la materia.

In ogni caso, i contratti avrebbero potuto solo dettare regole procedurali e non sostanziali.

La risoluzione ministeriale, partendo dal testo normativo, ha ritenuto che la mobilità volontaria sia condizionata dall'intesa delle due amministrazioni, tanto che "non pare poter condurre a configurare un diritto soggettivo del dipendente alla mobilita".

La mobilità, pertanto, secondo il ministero, resta subordinata alle autonome determinazioni dell'ente, chiamato a pronunciarsi sulla richiesta.

L'ente, quindi, resta libero di scegliere se procedere o meno alla mobilità, restando l'intera procedura attratta nella sfera pubblicistica, nella quale l’ente agisce in posizione di supremazia speciale e non in posizione di parità col richiedente, in capo al quale resta solo l’interesse legittimo che l’ente valuti la sua istanza e motivi la decisione.